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La Tav non può aspettare. Chi vuole il referendum faccia in fretta

infrastrutture

La nuova grande manifestazione popolare di sabato scorso a Torino a favore della Tav è stata una nuova dimostrazione di forza di un movimento che non è più solo cittadino o regionale, ma si estende ormai all’intera Italia del Nord, suscitando attenzione anche in altre aree del Paese interessate a velocizzare i loro collegamenti con i grandi corridoi europei.

Chi scrive è rimasto colpito dall’intervista con cui il governatore leghista del Veneto Luca Zaia ha motivato la sua adesione alla mobilitazione nel capoluogo piemontese, perché se non fosse realizzata più l’intera opera il danno non colpirebbe soltanto (e pesantemente) le regioni italiane confinanti con il Piemonte (Val d’Aosta, Lombardia e Liguria), ma anche la sua regione fortemente interessata per ragioni economiche a restare agganciata al corridoio transeuropeo Lisbona-Kiev che deve entrare in Italia con la linea Lione-Torino, estendersi lungo l’asse ferroviario padano velocizzando i collegamenti da Torino e Venezia, e risalire poi nell’Europa centrale per giungere alla meta finale.

Se non fosse completata la Tav – già in costruzione, come è bene ricordare – sarebbe tutta l’Italia settentrionale ad essere tagliata fuori dal corridoio esteso dal Portogallo all’Ucraina che, a questo punto, passerebbe a Nord delle Alpi con danni devastanti per l’apparato di produzione delle regioni settentrionali ove si localizza una delle aree più produttive dell’intera Unione Europea: aree, è opportuno sottolinearlo, che se si sommasse al loro Pil quello dei territori immediatamente a Nord della corona alpina, dalla Francia orientale all’Austria, produrrebbero una ricchezza superiore a quella della stessa Germania, come ha rilevato nei mesi scorsi il prof. Marco Fortis in un interessante articolo pubblicato sul Sole 24 Ore.

Il completamento della Tav, dunque, non è un ostinato capriccio di madamine e dei presidenti Chiamparino e Toti, ma è una necessità nazionale, favorendo il rafforzamento di un assetto infrastrutturale che è al servizio di vaste zone immediatamente a Sud e a Nord delle Alpi fra le più forti dell’intera Europa sotto il profilo economico. Il ministro Salvini pertanto deve comprendere che il problema non si risolve con piccole furbizie come quella di andare in piazza, o traccheggiando e dichiarandosi a favore di un referendum. Su questa ipotesi non sono mancate le voci critiche da parte di coloro i quali affermano giustamente che la questione si analizza in tutti i suoi aspetti in parlamento, ove ci si dovrebbe esprimere con un voto, al di là di logiche di schieramento. Comunque se un referendum si vuole, lo si faccia in tempi rapidi perché la prosecuzione dei cantieri non deve pagare l’incertezza di settori del mondo politico italiano.

Inoltre, dopo aver ricordato che i costi della Tav già sono stati ridotti, se si volesse ulteriormente ritoccarli, sarebbe sempre possibile farlo, senza però snaturare le caratteristiche salienti dell’opera e in ogni caso in tempi compatibili con quanto deciso con la Francia. Anche il ministro Delrio aveva messo al lavoro gli esperti della sua struttura tecnica di missione che, analizzando attentamente alcune sezioni dell’opera, ne aveva ridotto i costi. Ed anche il Movimento Cinque Stelle, a nostro avviso, dovrebbe realisticamente prendere atto che il completamento della Tav è una necessità strategica per il Paese, al di là di una discutibile e molto discussa analisi costi-benefici. Il presidente Conte e il ministro Di Maio hanno già dimostrato saggio realismo – bisogna dargliene atto – in occasione della definitiva vendita dell’Ilva ad Arcelor Mittal e con la decisione sul gasdotto della Tap, sfidando l’impopolarità fra i pentastellati a Taranto e nel Salento. Ma solo affrontando e risolvendo con realismo i complessi problemi sul tappeto si diventa vera classe dirigente.

Infine il vertice del Movimento pentastellato, o almeno la sua parte maggioritaria, contribuendo con una scelta di profonda saggezza al completamento di una grande opera strategica per tutta l’Italia, romperebbe il suo isolamento politico che ormai è pienamente percepito dall’opinione pubblica.

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