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Prove di dialogo tra Erdogan e Trump. Mosca e Teheran permettendo

Turchia

Turchia e Stati Uniti provano a ricucire in extremis. Dopo gli scambi via Twitter delle ultime ore, in cui il presidente Usa, Donald Trump, minacciava la Turchia di Recep Erdogan di ritorsioni economiche nel caso di attacco ai curdi nel nord della Siria e relativa risposta da parte della Mezzaluna, i due capi di Stato si sono parlati al telefono. A farlo sapere è stato Trump in persona, con il consueto tweet, in cui compie una virata a 180 gradi rispetto al messaggio di ieri. “Abbiamo parlato di sviluppi economici, c’è un grande potenziale da espandere”, ha scritto il numero uno della Casa Bianca, con l’immancabile punto esclamativo.

I due capi di Stato però hanno anche parlato di lotta al terrorismo e della creazione di una safe zone nel nord della Siria, che la Turchia chiede (e chiede di poter gestire) dall’inizio della crisi siriana. Stando a notizie trapelate dai corridoi di Ankara, i due leader si sarebbero trovati d’accordo sul fatto che intorno alla zona di Manbji, in mano alle milizie dello Ypg, non ci dovrebbero essere vuoti di autorità una volta che le truppe americane si saranno completamente ritirate.

Sembrerebbe quindi attenuarsi la polemica fra i due alleati, che negli ultimi anni hanno avuto parecchi alti e bassi nelle loro relazioni. Ieri, in risposta al tweet di Trump, il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu e il portavoce di Erdogan, Ibrahim Kalin, avevano reagito molto duramente accusando, nemmeno troppo velatamente, gli Usa di equiparare le organizzazioni terroristiche del Ypg e del Pkk alla popolazione civile turca. Rimane adesso da vedere come Trump potrà gestire gli eventi nell’immediato futuro. Sono due gli elementi principali da tenere presenti. Il primo è rappresentato dai piani della Turchia, che ha più volte manifestato l’intenzione di intervenire nel nord della Siria.

Il secondo è tenere conto delle posizioni di Mosca e Teheran, per i quali i territori lasciati liberi dalle truppe americane devono necessariamente tornare nelle mani della popolazione siriana. Quindi, tutto farebbe pensare, che secondo la Russia e l’Iran i curdi dovrebbero continuare ad avere un ruolo in un corridoio che il Cremlino ha tutto l’interesse che quel territorio non finisca sotto il controllo turco. Il generale dei Marines Joseph Dunford, attuale capo dello stato maggiore congiunto, oggi incontrerà la controparte turca, Yasa Guler. È ancora troppo presto per dire se Washington faccia sul serio o stia solo prendendo tempo.

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