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Così Trump striglia gli alleati della Nato, tra missili e spese per la difesa

“Staremo nella Nato al 100%, ma come ho già ripetuto, dovete spendere di più”. È il messaggio, tra rassicurazione e sollecitazione, che Donald Trump ha rivolto ieri al Vecchio continente. Rassicurazione: perché è arrivato dopo le indiscrezioni del New York Times secondo cui il tycoon sarebbe rimasto affezionato all’idea di ritirare gli Usa dall’Alleanza Atlantica. Sollecitazione: perché il nuovo invito sul budget per la Difesa è giunto nel corso della presentazione della nuova Missile defense review degli Stati Uniti. Nel documento, rilasciato a otto anni dall’ultima edizione, il Pentagono ha rivisto la postura missilistica della nazione, promuovendo un complessivo potenziamento dell’arsenale americano.

LE PAROLE DI TRUMP

“Non possiamo apparire ingenui agli occhi degli altri”, ha detto Trump riferendosi al capitolo della della spesa nell’ambito della Nato. “I Paesi molto ricchi che noi stiamo proteggendo sono tutti sotto accusa”, ha chiarito il presidente, specificando poco dopo il suo principale riferimento: “È ingiusto che la Germania paghi l’1% del Pil (per la Difesa, ndr) quando noi siamo al 4,3%”. Tra l’altro, l’attuale obiettivo del 2% entro il 2024 “dovrebbe essere ancora più alto”, ha aggiunto ribadendo una proposta già lanciata summit dello scorso luglio (che difficilmente troverà consenso tra gli alleati). Poi, il tycoon ha lasciato spazio a parole più rassicuranti, ricordando gli aumenti che ci sono stati negli ultimi anni (di cui si è attribuito il merito) e affermando l’intenzione di restare “al 100%” nell’Alleanza.

LE INDISCREZIONI DEL NEW YORK TIMES

Parole rilevanti per la Nato, soprattutto dopo le indiscrezioni di alti funzionari della Casa Bianca, riportate nei giorni scorsi dal New York Times. Secondo il quotidiano americano, nel corso del summit di luglio a Bruxelles, Trump sarebbe stato a un piccolissimo passo dall’annunciare il ritiro degli Usa, idea a cui continuerebbe a rimanere affezionato rispolverandola a più riprese durante i meeting riservati. Uno scenario che ha generato dubbi nel Vecchio continente, anche rispetto all’esito del vertice estivo. Allora, infatti, i timori per una fuoriuscita degli Stati Uniti dall’Alleanza si erano dissolti sulla scia delle parole di impegno pronunciate dal presidente.

LE INSODDISFAZIONI DI TRUMP

La ragione dell’insoddisfazione americana è sempre la stessa, ovvero la lontananza degli alleati nei confronti degli obiettivi di spesa sanciti nel 2014 in Galles: dedicare il 2% del Pil alla Difesa e il 20% di questo a nuovi equipaggiamenti, il tutto entro il 2024. Un’insoddisfazione che gli Stati Uniti conservano da tempo, con la richiesta di un più equo burden sharing che aveva caratterizzato anche l’amministrazione Obama. Con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca le cose sono però sembrate da subito più complesse. Oltre alla nota predilezione per i rapporti bilaterali rispetto ai consessi multilaterali, il tycoon si presentava con il termine “obsoleta” con cui, prima dell’insediamento, aveva descritto la Nato. La successive correzioni del tiro avevano poi tranquillizzato l’alleanza.

IL SUMMIT DI LUGLIO

La tensione è tornata a salire lo scorso luglio, durante il summit dei capi di Stato e di governo a Bruxelles, aperti con le nuove strigliate ai Paesi europei (in particolare alla Germania) sul fronte della spesa. Come rivela il New York Times, Trump sarebbe stato proprio sull’orlo di uno storico annuncio sull’intenzione di ritirare il Paese dall’Alleanza. Sarebbero stati il segretario alla Difesa James Mattis e il consigliere per la sicurezza nazionale John R. Bolton a placare le ire del presidente, convincendolo a ribadire l’assoluta fedeltà Usa all’Alleanza Atlantica. Gli esiti operativi del vertice non lasciavano dubbi: la Nato aveva deciso di rafforzarsi su tutti i fronti, da est a sud, e in tutti i domini, compreso quello cyber. L’impressione è che questo non cambierà. Le divergenze politiche hanno sempre influito poco sulla collaborazione militare e operativa, sulle esercitazioni e sui dialoghi strategici.

L’EFFETTO MATTIS

Comunque, sull’atteggiamento dell’amministrazione Usa potrebbero influire le ultime novità della Difesa americana. Dal 1 gennaio di quest’anno, Mattis ha lasciato il Pentagono, con un ritiro sollecitato e anticipato da Trump per le note divergenze relative al piano per il ridimensionamento della presenza in Medio Oriente, a cui il generale dei Marines è sempre stato contrario. Convinto sostenitore della Nato, Mattis era intervenuto puntualmente negli ultimi due anni per ricucire gli strappi provocati dal tycoon, soprattutto sul fronte transatlantico e dei rapporti con i Paesi europei. Non paiono un caso, in tal senso, le preoccupazioni per il suo allontanamento già trapelate dalla Germania, prima destinataria delle invettive di Trump sulla spesa per la Difesa.

IL MESSAGGIO ALL’EUROPA

A prescindere dalla credibilità di un ritiro Usa dalla Nato e considerando l’imprevedibilità a cui il presidente ci ha ormai abituato, gli esperti del Vecchio continente concordano su un punto: l’Europa deve assumersi maggiori responsabilità nel contesto internazionale. Pur nell’alta improbabilità di una fuoriuscita dall’Alleanza, gli Stati Uniti dimostrano da tempo (già con Obama) l’intenzione di ridimensionare la loro presenza in giro per il globo. Il dibattito recente sulla Siria (tra ritiro e non) è da considerarsi un altro segnale in questa direzione. Se a ciò si aggiunge il continuo aggiornamento della lista delle minacce alla sicurezza, tra cyber e terrorismo, ecco emergere con chiarezza la necessità che l’Europa faccia la sua parte con maggior convinzione.

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