Sarà una seconda settimana di passione, ma sulla carta controllata, quella del premier greco, Alexis Tsipras. Ieri, per le strade di Atene, circa 60mila persone hanno marciato per le strade della capitale, creando alcuni momenti di tensione con le forze dell’ordine.
La motivazione è sempre l’accordo firmato con la Macedonia per il cambio del nome dell’ex stato jugoslavo in Repubblica di Macedonia del Nord. Un cambiamento che dà diritto a Skopje di iniziare i negoziati per l’ingresso nella Nato e nell’Unione Europea. Il premier macedone, Zoran Zaev, è già riuscito a ottenere la maggioranza dei due terzi per fare cambiare la costituzione. L’accordo adesso deve essere ratificato anche dal parlamento di Atene, che voterà in settimana. Tsipras ha infatti anticipato la sessione sull’onda del successo di settimana scorsa, quando il suo governo è riuscito a confermare la maggioranza in assemblea, nonostante le dimissioni di Panos Kammenos, il ministro della Difesa che se ne è andato sbattendo la porta, proprio a causa dell’accordo con Skopje.
Il premier greco sta portando avanti una battaglia in nome dell’Europa di domani praticamente da solo. Se le istanze sovraniste, quelle che hanno radunato i 60mila in piazza, sono contrarie all’accordo per motivi ideologici, c’è chi sta usando l’intesa con Skopje a fini elettorali. In prima fila c’è l’ex premier Antonis Samaras, esponente di Nea Dimokratia, a cui Tsipras ha portato via il potere da sotto la sedia nel 2015 e che sulla questione macedone ha costruito la sua carriera politica fin dagli Anni ’90. Ma anche lo stesso Nea Dimokratia ne ha approfittato per criticare il premier sulla questione sicurezza e richiesto le dimissioni dei ministri che la delega alle forze di sicurezza.
Il voto del Parlamento è previsto per venerdì e il premier dovrebbe riuscire a spuntarla per il rotto della cuffia anche questa volta. Ci saranno i 145 parlamentari di Syriza, più sei di Anel, il Partito conservatore del Greci Indipendenti, che voteranno con il premier andando contro al loro segretario Kammenos che, ancora in queste ore, si è scagliato contro l’accordo. Fra i gli avversari del premier, e in Grecia non è un particolare di poco conto, c’è anche una fazione della Chiesa Ortodossa, irritata anche dalla votazione che si terrà nelle prossime settimane e che prevede la separazione fra Stato e Chiesa.
Fra tanti dubbi, una certezza: la Grecia è già entrata in una campagna elettorale che potrebbe durare fino al prossimo ottobre, quando sono previste le elezioni politiche, salvo diverse scadenze. Intanto, per il premier Tsipras, saranno mesi di test su test. Le votazioni in parlamento e il big day del 26 maggio, quando i greci si recheranno a votare per il rinnovo del parlamento europeo.
Con tutti i difetti che gli si possono trovare, e ne ha parecchi, Tsipras in questo momento è l’unico che ha sulle sue spalle un barlume di sogno europeo e lo sta portando avanti. Pro domo sua e per ottenere maggiori margini da Bruxelles, questo è poco ma sicuro. Però è anche l’unica azione concreta di un leader contro il sovranismo che sta inquinando tutta l’Europa e che rischia di incendiare un territorio già ad alto rischio come i Balcani.