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Perché non ci sono rischi per la democrazia nella riforma Fraccaro. Parla Dadone (M5S)

Fraccaro

“Al di là del voto, vorrei che uscisse dal Parlamento il testo di una buon riforma, figlia della collaborazione di tutti”. Se ne parla da giorni, anzi da settimane, la riforma costituzionale del ministro Riccardo Fraccaro è oggetto di discussione perché, come è stato osservato da costituzionalisti e addetti ai lavori, tocca un tema estremamente delicato: le prerogative del Parlamento in ambito legislativo, prevedendo tempi di discussione fissi (18 mesi) per le proposte di legge popolari che, se modificate dal Parlamento, sarebbero soggette a referendum. I nodi principali riguardano il quorum zero, modificato al 25%, il tetto massimo di proposte calendarizzabili per evitare l’intasamento dell’Aula e la possibilità di proporre leggi che incidano sul bilancio. Formiche.net ne ha parlato con Fabiana Dadone, deputata del Movimento 5 Stelle e relatrice del provvedimento. “In commissione – spiega Dadone – c’è stato un dialogo aperto e vero e anche se su alcuni temi i toni si sono accentuati, è stato sempre nel rispetto reciproco”.

Partiamo dallo scopo principale di questa riforma.

Lo scopo principale è riuscire a creare una sorta di collaborazione tra i comitati promotori, i cittadini che propongono tramite i comitati promotori e il Parlamento. Mentre attualmente la Costituzione garantisce questo strumento con l’articolo 71 ma non dà un termine al Parlamento entro il quale deve esaminare le proposte di legge di iniziativa popolare, questa proposta di iniziativa rafforzata obbligherebbe il Parlamento ad approvare una norma che sia conforme a quella che è l’intenzione dei comitati promotori entro 18 mesi, in alternativa si andrebbe a referendum. Quindi diciamo che è un tentativo per stimolare il Parlamento a parlare con i proponenti della proposta per riuscire a raggiungere l’obiettivo per il quale si sono raccolte le famose 500mila firme che sono il primo vaglio necessario per avanzare la proposta al Parlamento.

Cerchiamo di sciogliere i nodi delle criticità che sono state sollevate. Una di queste riguarda il fatto che non sia previsto alcun limite alle proposte di iniziativa popolare. Questo potrebbe provocare la modifica del calendario dei lavori della Camera, con l’arrivo di proposte che andrebbero discusse entro 18 mesi. È possibile prevedere un limite?

Questo, come ho già chiarito anche in commissione, è un punto assolutamente da tenere presente. Semplicemente non è stato inserito nel testo costituzionale perché non ritenevo che fosse la collocazione più corretta. Piuttosto, è una questione da demandare alla legge attuativa. Mi riservo, però, di rivalutare nuovamente la questione per l’Aula, perché il tema riguarda il tetto di proposte che si potrebbero proporre entro l’anno, oppure una questione di regolamenti parlamentari, cioè, quante se ne potrebbero calendarizzare. Questi sono i due strumenti migliori con cui affrontare il problema. Comunque nell’ultimo capoverso della disposizione vi è scritto un accenno al fatto che la disposizione attuativa valuterà anche il concorso di più proposte di legge, si è lasciata anche questa indicazione generica proprio perché si voleva intendere il concorso di più proposte di legge.

In commissione è stato ammesso l’emendamento del Partito democratico che prevede il quorum al 25%. Non pensa sia troppo basso per un referendum?

No, io non penso che ci siano dei rischi, anzi resto ancora fermamente convinta, l’ho anche detto in commissione, che il quorum zero sia lo strumento migliore per spingere i cittadini a partecipare perché purtroppo, e questo è stato anche rilevato da diversi costituzionalisti, l’effetto distorsivo dell’astensionismo ha portato anche i partiti ad affrontare in maniera poco seria i dibattiti sui temi dei referendum e si è spesso invitato i cittadini a fare altre cose piuttosto che andare a votare, perché chi non si presentava valeva più di chi andava a votare essendoci il quorum partecipativo. In questo caso si è deciso, e per noi è stato un passo di maturità politica notevole perché nello spirito delle riforme costituzionali si è voluto dare ascolto alle voci di tutti, di approvare l’emendamento del professor Ceccanti che era un giusto compromesso che prevede anziché un quorum partecipativo, il quale non avrebbe limitato gli effetti distorsivi dell’astensionismo, un quorum approvativo, che limiterebbe invece questi effetti, perché bisogna raggiungere il 25% di chi vota a favore. Spinge, quindi, chi vuole votare no, ad andare alle urne. Credo che sia stato uno dei nodi più grandi che erano stati sollevati anche dagli auditi ed è stato uno dei primi che abbiamo sciolto. È stato un momento di confronto positivo.

Insomma, c’è stato un dialogo aperto.

Sì, devo dire che c’è stato un dialogo molto aperto e molto vero. Ieri in commissione, anche se su alcuni temi a volte si sono accentuati un po’ i toni, c’è stato un clima molto collaborativo e una discussione che è stata molto più vera di tante altre che ho visto e anche le audizioni si sono svolte molto serenamente. Abbiamo avuto una settimana circa di audizioni, e tutti gli auditi sono stati ascoltati singolarmente con 25 minuti di tempo per illustrare, con del tempo per le domande da parte di tutti i commissari che ne avessero interesse e poi possibilità di risposta. Sono cose che non capitano così spesso, perché purtroppo i temi parlamentari sono sempre molto stretti, ma in questo caso non posso non dare atto di un ottimo lavoro fatto dalla commissione tutta.

Altro punto critico, segnalato da molti costituzionalisti, riguarda la possibilità che le iniziative popolari si occupino anche di spesa pubblica: non ci sono rischi per l’equilibrio di bilancio?

Io onestamente non vedo questo rischio perché abbiamo messo l’obbligo delle coperture per i comitati che presentano la proposta di legge. L’obbligo di coperture abbiamo ritenuto di metterlo non solo per rispettare l’articolo 81 della Costituzione, ma anche per responsabilizzare chi avanza una proposta di legge che impegna non solo il Parlamento a trovare le coperture. Nel momento in cui le coperture devono essere omogenee, e questa è una valutazione che viene poi fatta dalla Corte Costituzionale, non vedo come si possa riuscire a squilibrare il bilancio con delle coperture omogenee. Io non vedo il problema. È stato rilevato e anche qui proverò, per l’Aula, a cercare una soluzione che però purtroppo non è stata presentata neanche dagli auditi con sufficiente chiarezza e anche i testi di legge – per esempio tengo sempre a mente quello del professo Ceccanti che è l’altro testo abbinato dal quale siamo partiti – parlava di, se non erro, ingenti somme economiche. Il problema è sempre la determinazione: chi è che determina quanto incidono e quand’è che il valore è eccessivo? Rimane sempre un problema che si potrebbe presentare e non ha avuto una risoluzione effettiva.

È anche un modo per dire a chi propone: “Se si toccano temi sul bilancio, che si trovino le giuste coperture”.

Sì, perché c’è stato rilevato soprattutto dal professor Giorgis (Andrea Giorgis, deputato del Partito democratico e professore ordinario di diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Torino, ndr) il fatto che il Parlamento rischia di essere svuotato delle sue competenze, ma in realtà se si responsabilizza così tanto il comitato promotore dandogli anche questo tipo di aggravio, che comunque c’è per i parlamentari, nel momento in cui si crea uno strumento di questo genere e gli si dà così tanta forza non vedo perché non debba essere anche esteso al comitato promotore. Poi nell’ultimo capoverso abbiamo anche ritenuto di inserire l’inciso relativo all’eventuale ricalcolo delle eventuali coperture, perché chiaramente in un anno e mezzo, come è previsto anche per le leggi parlamentari, le coperture previste all’inizio potrebbero non valere più. Stabiliamo quindi che nel ricalcolo venga fatta poi una verifica circa l’omogeneità delle coperture.

La riforma prevede anche che se la proposta di legge popolare viene modificata dal Parlamento poi le due proposte vengano messe al voto. Non si rischia di creare una spaccatura tra cittadini e istituzioni?

Sì, è un rilievo sollevato dall’onorevole Magi (Riccardo, Partito Radicale, ndr) più volte, ma io non vedo questo rischio. Vedo piuttosto la possibilità di un reciproco completamento tra le richieste di chi ha raccolto le firme e il Parlamento. Penso che invece questo tipo di proposta, per come è strutturata e anche per come è rafforzato il procedimento, spinga i due interlocutori a trovare la soluzione migliore per entrambi permettendo al comitato promotore di rinunciare se ritiene che il Parlamento abbia recepito le proprie richieste. Anche su questo, però, tenuto conto che è stato rilevato più volte, ho intenzione di fare una riflessione per l’Aula perché se si riuscisse a sciogliere questo dubbio semplicemente inserendo una differenza sostanziale piuttosto che formale sarei anche disponibile a farlo. Non considero il fatto di arrivare in Aula come una chiusura al testo approvato in commissione, sono ancora intenzionata ad apportare delle modifiche utili e ritengo anzi che sia giusto. Il bello del dibattito parlamentare è quello, i nodi grossi, diciamo così, li abbiamo sciolti in commissione, che erano quelli del quorum e della legge attuativa a maggioranza rinforzata che è sempre stata proposta dall’onorevole Ceccanti.

Dal punto di vista politico, come abbiamo accennato anche prima, mi pare che ci sia la volontà di trovare un accordo politico anche con le opposizioni.

Certo. Abbiamo scelto di fare le riforme costituzionali in modo puntuale, su un piccolo articolo e prese tutte separatamente, affrontate nella maniera più seria possibile con un governo che è ospite, anche se condivide. Il ministro Fraccaro ha partecipato a tutti i lavori, ma non è mai intervenuto se non con la presenza fisica oppure ove è stato richiesto il suo intervento da parte dei commissari. Il dibattito deve essere il più ampio possibile, e ovviamente per dimostrare l’apertura bisogna anche accogliere qualcosa e anche da questo punto di vista abbiamo dimostrato che è così. Quando si tocca la Carta Costituzionale bisogna farlo in maniera condivisa, e non è solo l’obiettivo di raggiungere i due terzi, ma quello di fare un testo che sia il migliore possibile, con l’apporto di tutti. D’altronde se le idee sono buone è giusto valutarle.

La storia delle riforme costituzionali è costellata di bocciature e fallimenti, le riforme Renzi e Berlusconi. È davvero una priorità degli italiani?

Questo non glielo so dire, so però che c’è una assoluta distanza tra il Parlamento e gli elettori e credo che avvicinare dando uno strumento più forte in mano ai cittadini riesca a ridurre un minimo questo scollamento che ormai è molto profondo. È stato rilevato anche dagli auditi in commissione che non vi è nulla di sconveniente, non indebolisce il Parlamento. È semplicemente un nuovo strumento dato ai cittadini e che se ben strutturato è un buon modo per rinvigorire la democrazia partecipata e diretta. Non ne farei una questione di priorità dei cittadini anche perché il Parlamento ha la capacità di fare più cose contemporaneamente. Questa è una procedura che parte dalla commissione Affari Costituzionali e avrà tutto il suo iter, ciò non implica però che le altre commissioni non lavorino su altri temi che sono urgenze e priorità. Per noi, però, la democrazia diretta e la partecipazione sono sempre state un punto cardine del programma, e per questo le abbiamo inserite in agenda.

Quali sono i prossimi passi dell’iter parlamentare e cosa si aspetta dal dibattito in Aula?

I prossimi passi sono martedì pomeriggio la convocazione della commissione per il mandato al relatore e si dovrebbe arrivare in Aula mercoledì per la discussione generale, quindi l’illustrazione del testo e poi si dovrebbe partire con gli emendamenti teoricamente giovedì. Se avrò possibilità di avere un po’ più di tempo per la valutazione degli emendamenti rispetto a quanto ne ho avuto in commissione tenterò di migliorare ulteriormente il testo. Quello che mi aspetto è quello che c’è stato in commissione: un dibattito delle volte teso, ma sempre nel rispetto della collaborazione per riuscire a produrre anche in Aula un testo che sia buono per tutti, indipendentemente dal voto. Non chiedo che venga votato da tutti solo perché son stati approvati degli emendamenti, l’importante è che ci sia la volontà di fare un buon lavoro sul testo e non una discussione sterile che potrebbe andare ad incagliarsi su dei punti che non sono così rilevanti. Fino a ora non è stato così e devo dare atto a tutti, soprattutto alle opposizioni, di aver fatto un buonissimo lavoro da questo punto di vista.



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