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Qualche domanda su Grillo, i vaccini e la scienza

Che in rete sorgano delle leggende e che ci sia qualcuno pronto a farle proprie e ad associarsi con altri per difenderle, è evidente. Non è in verità la rete a generare questi miti incontrollati ma la stessa dinamica della psiche e delle relazioni umane: Internet non fa che potenziare questa normale tendenza delle persone semplici a ingannarsi e ad autoingannarsi. E i fra’ Cipolla di boccaccesca memoria sono sempre dietro l’angolo.

Ogni piazza, anche quella virtuale, ha i suoi angoli bui, ove bivaccano eccentrici e barboni, pazzi e mitomani. È probabile che l’origine dell’ideologia no vax si sia collocata proprio in qualcuno di questi angoli riposti e che poi essa sia cresciuta su sé stessa senza che nessuno potesse fermarla. Essa è stata fatta propria da alcuni militanti di un movimento, quello pentastellato, che non ha una ideologia da affermare ma vuole solo e semplicemente corrispondere alle richieste pragmatiche di gruppi più o meno organizzati di simpatizzanti. Essendo cresciuta pericolosamente, bene ha fatto Beppe Grillo a prenderne le distanze. Con il suo linguaggio immaginifico, rispondendo a chi lo accusava di aver tradito il movimento per aver firmato (insieme a Matteo Renzi) un appello lanciato da Roberto Burioni, il leader dei Cinque stelle ha parlato di “terrapiattismo”, mettendo alla berlina coloro che negano le evidenze della scienza e sostituiscono al pensiero scientifico idee più o meno irrazionali e mitologiche.

La scienza, si dice, ha sempre ragione, non può sbagliare, perché i suoi risultati sono il frutto di un processo di conoscenza basato su continue verifiche e progressive falsificazioni. Lo credo anche io: le conquiste scientifiche sono sicuramente “vere” e mettere in dubbio la loro “verità” potrebbe causare, come in questo caso, non pochi problemi alla salute individuale e soprattutto pubblica. Non dimentichiamo che solo un secolo fa alcune malattie, oggi neutralizzate dai vaccini, causavano migliaia e migliaia di morti senza colpo ferire.

Eppure, estendere questa idea dell’infallibilità della scienza oltre ogni accorgimento, può essere a mio avviso altrettanto pericoloso. Che la scienza sia infallibile è dovuto al suo stesso metodo, che in qualche modo come mostrò Immanuel Kant, immette la soluzione dei problemi già negli assiomi e nel metodo di partenza con cui essi vengono affrontati. Eppure, va aggiunto, una cosa è la scienza, altra cosa sono gli scienziati. Questi ultimi sono uomini come noi, fallibili, imperfetti, facile preda di interessi extrascientifici e anche molto concreti.

La figura romantica dello scienziato, chiuso nel suo laboratorio e impassibile ai condizionamenti esterni, è morta da un pezzo, ammesso e non concesso che sia mai esistita. Che essi riescano a far passare per scientifiche conclusioni che non lo sono, e che per la complessità del processo che le ha generate non possono essere controllate da chiunque, è da mettere nel conto. Quanti scienziati truccano le carte o forzano i dati per raggiungere conclusioni che danno loro visibilità mediatica e ricchezza, o anche solo un lauto finanziamento alle loro ricerche e ai loro istituti?

Quanti e quali interessi, fatti di investimenti, consulenze e politiche governative, ruotano attorno alla scienza e come possiamo verificare, noi non scienziati, che essi non abbiano inquinato la ricerca? Se, ad esempio la connessione fra il cambiamento climatico e l’azione dell’uomo è davvero così stringente, perché tanti scienziati la mettono in dubbio? È così anche per i vaccini. È grazie ad essi, ripeto, che tante malattie del passato sono state debellate, ma chi stabilisce che sia giusta la loro proliferazione attuale?

Come capire se dietro il loro aumento esponenziale non ci siano gli interessi delle industrie farmaceutiche? E come fare sì che le agenzie del farmaco, che dovrebbero controllare, non siano corrompibili? Credo che queste domande sia lecito porsele, senza che nessuno gridi allo scandalo nel nome di quello che a ben vedere è anche esso, né più né meno, che un mito del nostro: l’infallibilità del pensiero scientifico o, meglio, degli scienziati. Che a rispondere non siano gli esaltati, presenti nell’uno e nell’altro campo, è altrettanto auspicabile.

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