È sceso di nuovo in campo. Bernie Sanders ha annunciato oggi la sua candidatura alla nomination democratica del 2020. Una notizia non poi così inattesa, che circolava da mesi. Non è mai stato infatti un mistero che il senatore del Vermont avesse intenzione di correre alle prossime primarie: con ogni probabilità, per lavare l’onta della sconfitta subìta nel 2016.
All’epoca, si era candidato nel disinteresse generale. La maggior parte degli analisti lo considerava un vecchietto balzano, pronto a intestarsi sterili battaglie di principio. Un candidato, si diceva, troppo radicale per riuscire a vincere una competizione elettorale di quella difficoltà. Del resto, il fatto che si definisse “socialista”, pur di distinguersi dalle alte sfere del Partito Democratico, non è che deponesse esattamente a suo favore. Eppure ci si dovette ricredere. Sanders vinse inaspettatamente in un elevato numero di Stati e rappresentò un serissimo guanto di sfida per la sua potentissima rivale, Hillary Clinton. Una Hillary che si ritrovò in profonda difficoltà, tanto che – come dimostrarono le rivelazioni diffuse dalla piattaforma WikiLeaks nel 2016 – i vertici dell’Asinello non esitarono a mettere i bastoni tra le ruote alla campagna del senatore. Perse le primarie, il nome di Sanders circolò tra quelli dei papabili candidati per la vicepresidenza. Ciononostante l’ex first lady decise alla fine di chiudere la porta in faccia alla sinistra dem, scegliendo come proprio running mate il senatore centrista della Virginia, Tim Kaine. La battaglia di Sanders è comunque andata avanti. Tra alti e bassi. Nel 2017, non riuscì a far vincere il proprio candidato, Keith Ellison, alla presidenza del Partito Democratico. Nei mesi successivi, ha riorganizzato tuttavia le sue truppe, compattandole attorno a specifici dossier: dal contrasto alla riforma fiscale repubblicana alla necessità di creare un sistema sanitario universale. Proposta, quest’ultima, che numerosi democratici centristi vedono come il fumo negli occhi.
Adesso Sanders ci riprova. E lo fa con l’obiettivo di federare, ancora una volta, la sinistra dem attorno alla propria figura. Il punto è che il 2020 si preannuncia profondamente diverso dal 2016. Eh sì: perché stavolta il campo radicale pullula già di candidati. Dalla deputata delle Hawaii, Tulsi Gabbard, alla senatrice californiana, Kamala Harris, arrivando infine alla senatrice del Massachusetts, Elizabeth Warren. E proprio il rapporto con quest’ultima potrebbe rivelarsi una grana non di poco conto: essendo infatti entrambe due figure molto apprezzate dagli elettori di sinistra, il rischio è quello di frantumare il fronte, dilapidando così un patrimonio di consensi che – adeguatamente canalizzato – potrebbe creare le condizioni per una seria corsa verso la Casa Bianca. Ma i problemi per l’arzillo Bernie non vengono solo dall’Asinello. Un altro pericolo sorge proprio dal fatto che – con ogni probabilità – il candidato repubblicano nel 2020 sarà Donald Trump. Nonostante i due non se la intendano su numerose questioni e nonostante le parole durissime pronunciate da Sanders contro il magnate (gli ha dato del “razzista” e del “bugiardo”), in realtà ci sono alcune paradossali convergenze tra loro. Convergenze che vanno dal commercio internazionale (sono entrambi protezionisti) alla riforma infrastrutturale (altro comune cavallo di battaglia). Insomma, il pericolo è che questa (parziale) vicinanza, possa rivelarsi controproducente nel contesto di un sistema elettorale che solitamente tende a selezionare i due candidati ideologicamente meno affini.
Detto questo, il senatore del Vermont vanta anche qualche freccia al suo arco. Già nel 2016, diede prova di straordinaria capacità organizzativa: una capacità con cui creò una macchina elettorale micidiale, capillare e disciplinata. Da queste basi può adesso ripartire, disponendo tra l’altro di nutritissime mailing list, oltre che di una profonda esperienza nella raccolta fondi da parte dei piccoli finanziatori. Inoltre, rispetto a due anni fa, Sanders gode oggi di notorietà a livello nazionale. Recenti sondaggi hanno del resto già mostrato come – al momento – i personaggi più popolari tra i dem risultino proprio l’ex vicepresidente, Joe Biden, e lo stesso Sanders.
Il vecchio Bernie ci riprova. Le sfide non mancano. Le difficoltà sono tante. Ma dei competitor che lo circondano resta per ora forse la figura più concreta. L’unica realmente temprata dall’ardore di una lunga e complicata campagna elettorale.