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Strasburgo aspetta Conte. E chiede una parola definitiva sul Venezuela

C’è aria di attesa e curiosità a Strasburgo. Alle 17 l’emiciclo del Parlamento Europeo rimarrà in silenzio per lasciare la parola al presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte. Il dibattito con gli eurodeputati è tutto incentrato sul futuro dell’Europa. Ma c’è da scommetterci che il presente avrà la meglio. Tanti i punti interrogativi cui Conte sarà chiamato a rispondere. Le tensioni, poi sfociate in aperto scontro diplomatico, con la Francia di Emmanuel Macron. Un veto contro il riconoscimento di Juan Guaidò come presidente legittimo del Venezuela che a tutti qui sembra incomprensibile. Il braccio di ferro sui migranti, che si ripropone di mese in mese, senza l’ombra di progressi. La visita è stata preceduta dal gossip. Il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, dicevano i cronisti, darà forfait appositamente, altro che “impegni in agenda” come dicono dal suo ufficio stampa. Poi la rettifica, per dissipare i dubbi: l’incontro fra Juncker e Conte ci sarà, in privato.

Poi un faccia a faccia con il connazionale a capo del Parlamento Europeo, Antonio Tajani. La strada per la distensione è in salita. La sensazione che prevale nei corridoi di Strasburgo è lo scetticismo. Dopotutto l’Italia è agli occhi di tutti il laboratorio internazionale dell’euroscetticismo, l’unico posto dove il matrimonio fra populismo di destra e sinistra è andato a buon fine (per il momento). Conte mette le mani avanti. In un’intervista con Politico.eu alla vigilia del discorso spiega che il governo gialloverde non vuole sfidare l’Europa, ma “dare una scossa per rivitalizzarla”. “Essere anti-establishment – dice l’avvocato – non implica essere anti Ue”. Rinviato il vertice di governo a domattina, dopo la batosta dell’analisi costi-benefici sulla Tav e il forfait di Luigi Di Maio, il premier è partito alla volta di Strasburgo. All’aeroporto, ad accoglierlo, il rappresentante permanente dell’Italia presso l’Ue Maurizio Massari. Poi il tam tam di bilaterali, infine l’aula. Che vorrà avere una parola definitiva dal presidente sull’identità del governo italiano. Pro o contro Europa? Con Guaidò o con Maduro? Con la Russia o gli Stati Uniti? L’agenda di politica estera italiana in questi mesi è stata dettata spesso, forse troppo spesso, da Luigi Di Maio e Matteo Salvini. “Da lui mi aspetto chiarezza – ha detto Tajani intervistato da Formiche.net.

Chiarezza sul Venezuela, per dirne una. Qui è dove tutti a Strasburgo, a prescindere dal colore politico, sono rimasti attoniti. Questa mattina il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi ha riferito alla Camera sulla visita della delegazione di Juan Guaidò a Roma. Di fronte all’aula di Montecitorio il titolare della Farnesina ha preso una posizione che non lascia spazio a interpretazioni: “Le elezioni presidenziali del maggio scorso sono inficiate nella loro correttezza, legalità ed equità e dunque non attribuiscono legittimità democratica a chi ne sarebbe risultato vincitore, Nicolàs Maduro”. Manca l’ultimo passo, il riconoscimento di Juan Guaidò come presidente, per allinearsi a gran parte della comunità internazionale. A Strasburgo Conte ha un’occasione. “Ci aspettiamo che Conte spieghi perché l’Italia ha messo il veto su una posizione condivisa da 21 Paesi europei” chiosa il presidente dei liberali europei (Alde) Guy Verhofstadt. “Mi spiace constatare che un Paese fondatore dell’Ue come l’Italia sia divenuto euroscettico e antieuropeo” aggiunge l’ex premier belga.

C’è poi il dossier francese. Qui, in Francia, Conte dovrà provare a ricucire lo strappo diplomatico conclusosi con il richiamo dell’ambasciatore francese in Italia Christian Masset a Parigi. È ancora Moavero a segnalare una via: “prima è il momento della diplomazia con la D maiuscola, fatta di colloqui informali, mediazioni silenziose. Infine immagino che servirà una parola al più alto livello: un colloquio tra Conte e Macron” ha anticipato ieri in un’intervista a Repubblica. Fra i grandi gruppi dell’Europarlamento, a partire da Pse e Ppe, prevale la linea francese. L’Italia avrà le sue ragioni, ma incontrare i gilet gialli in gran segreto è troppo. “Vorremmo sentire parole di pacificazione sul conflitto diplomatico tra Italia e Francia – sospira corrucciato in conferenza stampa Esteban González Pons, il numero due dei popolari. “Era già capitato che i populisti usassero l’Ue per fare campagna elettorale, ma gli attacchi a un altro Paese per prendere voti non li avevamo mai visti, è il passo decisivo per la risurrezione del nazional-populismo”.

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