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Serve un “Conte bis”. Ma chi lo vuole davvero?

flat tax, tria

Luigi Di Maio tiene il punto e fa bene (dal suo punto di vista), perché in politica chi arretra è morto. Però non è certo con lo sblocco del limite del secondo mandato per i consiglieri comunali che si rimedia alla crisi di consenso del Movimento, destinata (prima o poi) ad avere effetti devastanti anche sulla maggioranza di governo.
Comunque le parole di Tria (ieri) e di Conte (oggi) fanno piazza pulita di tutte le chiacchiere: è sul versante economico che si gioca la partita vera e lì le cose non sono messe bene.
Crescita, spread, opere pubbliche e codice degli appalti: tutto si tiene nel mondo globale, ma resta il fatto che l’Italia è fanalino di coda in Europa per incremento del Pil e sta diventando sempre meno credibile sul fronte internazionale, come molti dirigenti dello Stato ammettono (off the records) quando tornano dalle riunioni a Bruxelles, dove le istanze italiane vengono spesso maltrattate dai papaveri Ue.

Salvini e Di Maio hanno un patto ed esso è in grado di reggere gli scossoni della politica nazionale. Ma si fanno pie illusioni se pensano di governare il tutto facendo spallucce di fronte ai dati economici, perché quelli, a un certo punto, diventano uno tsunami da cui non c’è difesa.

In Francia i passaggi intermedi tra un turno di elezioni presidenziali e l’altro sono da sempre segnati da cambi nella formazione del governo, in una logica che tende a “salvare” il Capo dello Stato ed il suo ruolo di leader.

In Italia il succedersi di diversi esecutivi nella stessa legislatura (e con la stessa maggioranza) è un classico dal dopoguerra al tempo presente (a Palazzo Chigi prima Letta, poi Renzi e infine Gentiloni fra il 2103 e il 2018). Cosa vuol dire tutto ciò? Vuol dire che la maggioranza giallo-verde deve passare presto (se vuole durare nel tempo) ad una sua “fase due”, inevitabilmente articolata su un nuovo esecutivo. Serve per aggiornare il programma (o contratto che dir si voglia), serve per mettere a fuoco la squadra (ci sono diversi ministri, anche tecnici, che sono figli di un momento politico ormai superato) e serve per riattivare “emotivamente” il circuito.

Ma soprattutto serve per dare corpo a quanto appare necessario ed ampiamente presente nella parole di Conte e Tria, cioè cambiare registro sul versante economico, scegliendo la strada degli investimenti e della crescita, prima che la situazione si faccia insostenibile.

Conte ha dimostrato abilità e empatia con l’opinione pubblica. Per questo oggi è il primo tifoso di un governo “Conte bis”, perché sa benissimo che il tempo gioca contro di lui.
Di Maio negherà fino all’ultimo il suo sostegno a tale proposito, ma in realtà gli serve come il pane (anche per rivedere il suo ruolo, perché così, stritolato fra ruolo politico e deleghe ministeriali pesantissime, non riesce a fare né l’una né l’altra cosa come dovrebbe).
Rimane Salvini, che sembra non volerne sentire parlare. Ma se davvero non lo vuole significa che ha altro in testa.

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