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Senza precedenti, grave, forse irreversibile. La crisi Francia-Italia vista da fuori

La crisi fra Francia e Italia conquista le prime pagine dei quotidiani internazionali. La convocazione all’Eliseo dell’ambasciatore francese a Roma Christian Masset è segno di una frattura che va ben oltre il litigio fra cugini. Come un sasso lanciato in uno stagno, le frecciatine italiane a Parigi hanno dato vita a un’onda che parte dalla politica, ma può arrivare più lontano, l’economia, la cooperazione internazionale, perfino la cultura. Sì, anche l’arte soffre del terremoto che attraversa le Alpi. Lo scontro, fanno notare le principali testate all’estero fra l’attonito e il divertito, ha messo in stand-by un prestito di opere di Leonardo Da Vinci per una grande esposizione al Louvre. A scagliare l’ultima, decisiva pietra, e qui sembran tutti d’accordo, Luigi Di Maio, il vicepremier che tenendo tutti al segreto (Farnesina inclusa) ha varcato il confine con l’amico Alessandro Di Battista per incontrare i leader dei Gilet Jaunes, con tanto di photo opportunity. Sarà stata anche, come dice lui, una visita di cortesia in vista delle europee, ma all’Eliseo, e al suo inquilino Emmanuel Macron, è sembrato un affronto bello e buono da un’altissima carica di governo. Matteo Salvini, che pure non ha risparmiato colpi negli ultimi mesi verso il leader di En Marche, figura sempre in seconda linea. Sarà perché è corso subito ai ripari con un mansueto comunicato del Viminale, sarà perché difende strenuamente la Tav, o perché anche l’ultimo tormentone anti-francese, la polemica contro il franco Cfa, è un’invenzione dei Cinque Stelle, i quotidiani esteri sembrano graziare il segretario leghista.

È vero, scrive Le Figaro, i rapporti fra Roma e Parigi non erano certo idilliaci, ma “nula faceva intravedere un’accelerazione così brutale”. La sortita dei due pentastellati dai gilet, gli abbracci con “una delle personalità più radicali del movimento, Cristophe Chalençon”, uno che giudica “inevitabile” la guerra civile fra gli arrondissements parigini, è stata “la provocazione di troppo”. Così si spiega uno strappo che ha un solo precedente, nel 1940, quando Benito Mussolini era saldamente al suo posto e in Europa spiravano venti di guerra. Anche Le Monde vede nella gita fuori porta di Di Maio e Di Battista la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Chalencon sarà anche un leader politico, ma è lo stesso che a dicembre “reclamava le dimissioni del governo di Edouard Philippe e il suo rimpiazzo con il generale Pierre de Villiers, vecchio capo di stato maggiore dell’esercito”. A riprova dello sdegno bipartisan, parlano di provocazioni anche gli opposti e battaglieri Liberation e La Croix. Il quotidiano cattolico picchia duro: “La pratica dell’invettiva, la degradazione del dibattito pubblico, non si praticano più solo nei confronti dell’ambito nazionale. Questa escalation si ripercuote alla velocità del suono sullo scenario internazionale”.

Impietoso verso il governo gialloverde il New York Times: “Ora che i populisti sono al governo, le politiche divisive in Europa si sono elevate al livello del rancore diplomatico”. Sullo sfondo, spiega il corrispondente a Roma Jason Horowitz, c’è la battaglia idelogica per l’Europa: Salvini da una parte, Macron dall’altra. Il resto è un insieme di “toni da opera comica”. Non meno clemente il Washington Post, che però riconosce un doppiogiochismo di Macron sulla questione migranti. “A dispetto delle sue alte e continue dichiarazioni […] la Francia ha adottato una politica severa sui migranti economici e si è rifiutata di accogliere molti di loro dagli enormi campi al confine con l’Italia”. Russia Today, emittente russa governativa numero uno, spiega in un servizio tv le ragioni del divorzio, aggiungendovene curiosamente una: il Venezuela. La Francia “rientra nel numero di quei Paesi europei che danno pieno supporto all’Assemblea nazionale e al suo leader che si è autoproclamato presidente”, mentre il governo italiano supporta “il presidente democraticamente eletto Nicolas Maduro”.

Cosa dice, invece, l’Europa? Per farsi un’idea basta dare un’occhiata ai quotidiani più letti e apprezzati nei palazzi di Bruxelles. Le Soir, storico quotidiano belga, punta il dito contro il vis a vis fra grillini e gilet gialli: “Questa ingerenza negli affari interni della Francia è solo l’ultimo episodio di una serie di scaramucce fra Roma e Parigi”. Dalla Spagna, El Mundo richiama la profezia del presidente Giuseppe Conte lanciata in quella chiaccherata con Angela Merkel davanti a una spremuta a Davos, intercettata dai microfoni di Piazza Pulita. “Sono molto preoccupati, stanno scendendo nei sondaggi”, diceva il premier dei colleghi pentastellati. “Una posizione ritenuta semplicistica dalla cancelliera tedesca, che però sembra studiata ad hoc per i grillini. Da alcune settimane infatti Di Maio sta decidendo la politica estera italiana e ha messo nel mirino la Francia”. Il Movimento è nel mirino anche del Paìs. Strategie elettorali, chiosa lo storico quotidiano spagnolo, e poco più. “I grillini aspirano ad avere un loro gruppo all’Europarlamento, ma per farlo hanno bisogno di sette partiti da sette Stati diversi. Per ora, vige la disperazione. Senza contare che la Lega, il loro alleato di governo, ha già un piano molto avanzato”. Il caso Francia-Italia tiene banco anche sulle colonne dei quotidiani tedeschi. La Germania, un tempo nemico numero uno di leghisti e grillini, per il momento è esentata dalle bordate gialloverdi e osserva da vicino. Suddeutsche Zeitung (Sz), autorevole e popolare giornale liberale, guarda agli effetti collaterali sul neonato trattato franco-tedesco.

“La disputa colpisce indirettamente anche la Germania, che sta lavorando in una partnership europea sempre più coesa con la Francia. Diplomatici ed esperti temono che le tensioni con l’Italia possano bloccare i progetti europei – a partire dalla difficile riforma delle politiche di asilo”. Die Welt invece spezza una lancia a favore di Roma. “Macron non è del tutto innocente nell’escalation. In un discorso di fine anno sulle elezioni europee ha paragonato i populisti “alla lebbra”. Per di più, si legge sul quotidiano di Amburgo, “un videoclip del governo francese mostra Salvini e il primo ministro ungherese Viktor Orban come rappresentanti di una divisione dell’Europa, accompagnati da una musica minacciosa”. Politico.eu, lettissimo portale americano con un occhio sempre rivolto a Bruxelles, chiama in causa il dossier Tav fra i tizzoni ardenti che bruciano i rapporti diplomatici. Chiude il cerchio dei più ascoltati fogli europei il Financial Times. Il quotidiano finanziario britannico, che ultimamente ha riservato dure critiche a Macron (in uno scontro di boxe alle europee con Salvini, ha scritto recentemente, andrebbe k.o.), stigmatizza le polemiche italiane. “Usare la Francia come capro espiatorio è un’utile alternativa per non colpire direttamente Bruxelles, irritando gli investitori”. La postura di Salvini e Di Maio, conclude, “può anche conquistare i titoli, ma non porta beneficio al popolo italiano che servono”.

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