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Come gestire la transizione energetica. Il punto di Pirani

Il primo marzo ci riuniremo a Ravenna per capire come gestire la transizione energetica. Con noi le istituzioni ed un pezzo di Uil locali: il sindaco della città, Michele De Pascale; il consigliere regionale Gianni Bessi; Il segretario generale della Uil dell’Emilia Romagna e quello di Ravenna, Giuliano Zignani e Riberto Neri. Poi, tanti esperti. Solo per citare alcuni di quanti interverranno nella sala “Cavalcoli” della Camera di Commercio ravennate: Stefano Da Empoli, presidente dell’Istituto I-Com; Michele Guerriero, direttore editoriale di Start Magazine; l’economista Davide Tabarelli; Corrado Clini, già ministro dell’Ambiente; Simone Mori, dirigente di Elettricità Futura del gruppo Enel; Giuseppe Ricci, manager dell’Eni; Paola Boromei, vicepresidente della Snam; Fabio Bulgarelli del management di Terna, Filippo Brandolini, vicepresidente di Utilitalia; Alberto Brambilla del quotidiano Il Foglio.

Gli accordi internazionali degli ultimi anni segnano un percorso ineluttabile, che vedono la de-carbonizzazione e la conversione alla chimica verde ed al riutilizzo di sostanze di scarto del processo produttivo, come pilastri essenziali della trasformazione industriale. Saranno fondamentali per il nostro Paese, le scelte di politica industriale che verranno assunte nei settori interessati dalla transizione energetica e le azioni conseguenti utili a predisporre le imprese italiane al futuro, favorendone competitività e sviluppo. Abbiamo la responsabilità di dover contribuire alla realizzazione di un sistema energetico sicuro e sostenibile, che determini investimenti in ricerca, ammodernamento e realizzazione di nuove infrastrutture di sistema e favorisca condizioni di sviluppo occupazionale e vantaggio economico per imprese e consumatori.

COME GESTIRE LA TRANSIZIONE

Se vogliono realmente raggiungere gli obiettivi indicati negli accordi internazionali o nelle linee della Ue (Accordo di Parigi, Agenda Europea 2030 e per ultimo il documento del Clean Energy Package), i costi necessari alla trasformazione non potranno essere sostenibili esclusivamente dal settore pubblico. Sono indispensabili interventi di riforma che incentivino il settore finanziario a promuovere e partecipare a investimenti che favoriscano la transizione energetica. La finanza privata va indotta ad investire sui progetti di adeguamento e di ammodernamento delle infrastrutture di sistema, attraverso strumenti ed incentivi fiscali sia in ambito nazionale, anche con scelte innovative favorendo ad esempio l’uso dei capitali d’investimento dei Fondi Integrativi oggi prevalentemente investiti all’estero, che europeo. Le opportunità di business presenti nel ciclo di trasformazione del settore industriale dell’energia sono in condizione di creare nuove e significative opportunità di ritorni economici e sviluppi occupazionali che vanno rapidamente colte e favorite dalle scelte politiche. Un mondo con risorse limitate ci obbliga ad una profonda modifica del modo di produrre e consumare, ma in assenza delle risorse economiche necessarie nessuna transizione sarà possibile, nessuna economia circolare sarà attuabile, nessuna tecnologia sostenibile avrà mai costi economicamente compatibili.

GARANTIRE IL FABBISOGNO ENERGETICO

La dipendenza energetica del nostro Paese è tra le più elevate in Europa e si caratterizza per la più alta dipendenza dal gas naturale tra tutti i paesi della Comunità Europea. La quota maggiore dei consumi è quella destinata agli usi civili, seguita dai trasporti e dall’industria. La quota più rilevante negli usi civili è quella della climatizzazione domestica. L’intervento pubblico sulle modalità di consumo negli edifici pubblici e nelle abitazioni private sarà quindi fondamentale per il raggiungimento dei nuovi obiettivi di politica energetica ed ambientale. Manca ancora una strategia di lungo termine per sostenere le ristrutturazioni del parco nazionale degli edifici residenziali pubblici e privati, necessario per ottenere minori consumi; manca un parco immobiliare de-carbonizzato ed ad alta efficienza energetica nei tempi indicati; mancano strumenti e risorse destinate. Negli ultimi decenni, si sono, inoltre, rinviate decisioni relative alla realizzazione di quelle misure che avrebbero consentito al sistema minor costi per miliardi di euro sia nel settore del gas che in quello elettrico. La sicurezza energetica, dovrà essere quindi assicurata per un periodo di tempo significativo dagli idrocarburi. Certamente, le componenti più inquinanti devono essere eliminate, le centrali più inquinanti devono essere modificate, e vanno incrementati gli investimenti in tecnologia per fare queste trasformazioni. Dobbiamo porre fine ai processi di chiusura di impianti e programmare una serie di riconversioni a gas di centrali esistenti che consentano una transizione economicamente sostenibile, avviando al più presto il meccanismo che crei partnership tra investimento privato e aziende a controllo pubblico.

LA CHIMICA VERDE AIUTA LA MOBILITÀ

Sul trasporto pubblico urge un atto d’indirizzo importante e coraggioso che determini il rinnovamento del parco mezzi di trasporto nelle grandi aree urbane, con mezzi a basso impatto ambientale. Il contributo delle produzioni “Green Fuel” nella diffusione di Biometano e Biocarburanti a bassissima emissione, attraverso l’utilizzo di rifiuti e scarti dalla produzione agricola, appare uno strumento tecnologicamente disponibile nell’immediato e capace di sostituire a parità costi, prestazioni e flessibilità d’uso i mezzi attuali. In questo diventa determinante anche l’esperienza maturata e messa in uso attraverso la riconversione di diverse raffinerie italiane, dove al posto della tradizionale raffinazione di greggio, utilizzando oli vegetali, scarti alimentari ed altro, si produce Biodiesel. La transizione dai combustibili tradizionali ad altri alternativi a basso impatto di emissioni, è un processo lungo e ancora economicamente non rilevante ma è ineludibile, ed il “know how”, le tecnologie e le risorse ci sono, possono e devono essere utilizzate di più. É su tale versante che dovrebbero concentrarsi pertanto, gli incentivi sul Tpl.

La sfida della mobilità elettrica vede una diffusione dei veicoli elettrici ancora agli albori. Nel 2018 su 44 milioni di auto vendute a livello mondiale 1,2 milioni sono state elettriche. In Italia sono circolanti ad oggi 13mila vetture elettriche su un parco auto di 38 milioni di vetture circolanti. Il perché di questi numeri è dovuto ad un costo ancora elevato, ad un’infrastruttura di ricarica insufficiente e non ancora adatta ad abilitare un utilizzo dell’auto elettrica paragonabile a quello dei mezzi a trazione tradizionale. Gli sviluppi di mercato e tecnologici nonostante gli incentivi esistenti non lasciano intravedere per il futuro di medio periodo, tassi di diffusione in grado di incidere significativamente sul tema sostenibilità ambientale e sostituzione combustibili tradizionali. Per l’Italia, inoltre, si corre il rischio di essere completamente esclusi dalle filiere produttive industriali ad oggi completamente assenti nel panorama industriale nostrano, riducendoci in prospettiva a meri consumatori di prodotti provenienti da altri Paesi. Restano inoltre, alcune variabili come la disponibilità e la garanzia di approvvigionamento dei metalli come litio e cobalto necessari alla realizzazione delle batterie o la scelta tecnologica che potrebbe propendere per una sostituzione del pacco batterie e non la ricarica.

I RIFIUTI COME RISORSA ENERGETICA

La sfida della transizione energetica va oggi coniugata al tema di uno sviluppo ecosostenibile che abbia come elementi centrali nei settori industriali il riutilizzo ed il riciclo dei materiali, nell’ottica di una riduzione significativa delle discariche di rifiuti. Valga un esempio per tutti: negli anni 50 la produzione di plastica mondiale si attestava a qualche milione di tonnellate, da allora e fino ad oggi ne sono stati prodotti circa 9 miliardi ed indicativamente al 2040 si raggiungeranno i 34 i miliardi di tonnellate prodotte. Di questi volumi, attualmente soltanto meno del 10% è riutilizzato in varie forme, il restante 90% finisce in discarica o disperso. In questo campo il ruolo della termovalorizzazione dei rifiuti non riciclabili è al centro del piano di azione europeo per l’economia circolare. Il recupero di energia dai rifiuti non riciclabili è infatti, uno degli elementi centrali per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla strategia europea e dall’accordo di Parigi.

L’approccio ai processi di termovalorizzazione può determinare incentivi all’innovazione, contribuire alla soluzione dell’emergenza rifiuti italiana, alla creazione di posti di lavoro su tutta la catena del processo e a determinare un doppio vantaggio economico: rispetto sia ai costi pagati per i rifiuti che ci vengono prelevati che quelli sostenuti per l’energia importata dall’estero. I diversi processi di termovalorizzazione esistenti, consentirebbero al nostro Paese diverse soluzioni non necessariamente collegate alla realizzazione di impianti dedicati. Ad esempio il co-incenerimento dei rifiuti in impianti di combustione esistenti come le centrali elettriche, consentirebbe la riconversione ed un recupero di redditività di impianti altrimenti destinati alla chiusura. Qualora, comunque, si dovessero realizzare impianti dedicati potrebbero utilmente essere utilizzati alcuni dei siti industriali dismessi delle centrali elettriche, già infrastrutturati, con risparmi sia sugli investimenti sia sulla occupazione del territorio.

Nella gerarchia dei rifiuti, pilastro della politica e della normativa europea in materia di rifiuti, i processi di termovalorizzazione consentono l’ottenimento dei migliori risultati ambientali e l’affrancamento dalla dipendenza delle discariche e da tutto ciò che ne deriva. Il Piano nazionale di gestione dei rifiuti deve rivedere le capacità necessarie di termovalorizzazione aggiuntive, necessarie alla soluzione della gestione dei rifiuti non riciclabili del nostro Paese, ponendo fine alla spedizione di rifiuti transfrontaliera che con il trasporto necessario determina alla fine un impatto ambientale complessivo ancora maggiore. Il nostro Paese possiede il know-how e le imprese capaci di adottare quelle tecnologie ad alta efficienza energetica ed a bassa emissione che nella loro applicazione darebbero un contributo fattivo nella transizione a un’economia circolare nel rispetto delle indicazioni imposte secondo la gerarchia dei rifiuti della EU. La termovalorizzazione può quindi aumentare il contributo dell’economia circolare alla de-carbonizzazione, non sostituendo la prevenzione ed il riciclaggio ma completando il ciclo dei rifiuti non riciclabili.

LE OPPORTUNITÀ PER IL PAESE

Nel settore energetico il Paese ha opportunità che scaturiscono da precise potenzialità. In questo ambito, in termini di sostenibilità ambientale, occorre sviluppare la competitività dell’industria ad esso connessa. Si deve, insomma, recuperare in primis una vera “governance” del settore e contemporaneamente prendersi la responsabilità di decisioni spesso non popolari che, su materie di interesse pubblico non possono essere ostaggio di interessi locali non collettivi. Serve una grande campagna di informazione diffusa da parte dei soggetti interessati, in una cornice di patto nazionale nell’interesse delle nuove generazioni che necessitano di un ambiente migliore ma anche di sviluppo economico e lavoro. E’ quanto sosterremo a Ravenna il prossimo primo marzo.

*Segretario generale della Uiltec nazionale


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