Come era stato all’inizio del suo pontificato, quando si recò per il suo primo viaggio fuori dalla Città del Vaticano a Lampedusa e ricordò il famoso interrogativo “dov’è tuo fratello?”, così oggi Francesco a Santa Marta ha fatto la stessa cosa, citando nuovamente il quesito che Dio rivolse a Caino per domandare se sappiamo noi la risposta. Si riferisce al detenuto del quale diciamo “non mi interessa, sarà in carcere, l’ha fatta, paghi”, si riferisce al malato del quale diciamo, “sarà in ospedale, i medici si prenderanno cura di lui”, si riferisce al migrante o all’affamato, del quale diciamo “sarà alla mensa Caritas, gli daranno certamente da mangiare lì”. Con questo ritorno all’inizio del suo pontificato Francesco, a mio avviso, ribadisce la centralità della domanda, “dov’è tuo fratello?”, e del tema, “la fratellanza”.
Tutto sommato l’ultimo grande sviluppo del suo pontificato, la dichiarazione di Abu Dhabi firmata con l’imam di al-Azhar, ha per argomento la fratellanza. Dunque è la fratellanza la direttrice lungo la quale si è svolto il pontificato, che alla domanda di Dio chiede risposte sincere: dov’è tuo fratello? Chi è tuo fratello? Lo conosci? Lo riconosci? Questo tema ci impone di chiederci, per capire la direttrice lungo la quale si svolge questo pontificato, quali siano le relazioni tra fratelli: non ci sono a volte anche litigi? Non ci sono a volte anche incomprensioni? Forse si possono escludere attriti? No, tutto questo non si può escludere, ma tra fratelli e sorelle rimane comunque una conoscenza, una relazione, un sentimento che esclude l’estraneità. Non si è estranei.
E se c’è un’incomprensione è una ferita, quasi impossibile percepirla come la normalità. E allora è difficile non ritenere che l’omelia pronunciata oggi a Santa Marta da Francesco abbia spiegato la naturalezza del suo selfie con la spilla offertagli da don Capovilla con la scritta “apriamo i porti”. Si possono chiudere i porti? Si può cioè chiudere la porte del cuore al fratello, la porta di casa all’affamato, al malato, la porta della fratellanza al carcerato? Le carceri hanno in questo un ruolo particolare. Non-luogo per eccellenza delle città, delle nostre città, le carceri sono un luogo per eccellenza dei viaggi, di tutti i viaggi di Francesco. Per riportarli nelle città, dentro le città, in un carcere Francesco si è addirittura fermato per il breve riposo che poteva concedersi durante quel viaggio. Non sono cassonetti dell’umanità i penitenziari, non sono discariche dove si apre la porta, si butta dentro un reietto e poi, chiusa la porta, si getta la chiave. No, sono luoghi, come le piazze, anzi, autentiche piazze delle città.
La risposta che Francesco chiede ai fedeli di dare alla domanda “dov’è tuo fratello?”, sono le risposte di compromesso per scappare al problema, classiche di una società che esclude, o le risposte sincere, lui dice gioiose, di chi crede? E allora come non scorgere in questa omelia un ingresso anche nella prossima tappa, il summit sulla pedofilia. Dov’è tuo fratello, l’abusato? Tuo fratello piccolo, quello indifeso, al quale dovresti volere più bene almeno per spirito di protezione. Lì non può ammettersi alcun compromesso, non può esserci vergogna o imbarazzo per sottrarsi al problema. Dunque non basta più la “tolleranza zero”, ma il passaggio dal potere alla fratellanza tra i membri della Chiesa del popolo di Dio. Forse così si capisce meglio anche l’idea di un sinodo della Chiesa italiana sulle tante emergenze dell’oggi.