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Chi rema contro il gasdotto Nord Stream 2?

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“Non è troppo tardi”, ha detto il vice ministro dell’Energia degli Stati Uniti Dan Brouillette, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Il riferimento era alla possibilità di bloccare il gasdotto Nord Stream 2, il nuovo vettore russo-tedesco targato Gazprom (in joint venture con cinque società europee) che gli Usa vedono come una minaccia alla sicurezza e alla stabilità energetica globale dell’Europa.

“I danesi devono ancora dare i permessi mancanti”, ha aggiunto, lasciando intendere che se Berlino dovesse proseguire nella strada tracciata ci potrebbero essere ripercussioni. Le reazioni francotedesche e i riverberi geopolitici.

QUI USA

Già nel gennaio 2018 il segretario di Stato degli Stati Uniti Rex Tillerson aveva fatto presente la contrarietà di Stati Uniti e Polonia al gasdotto (progetto da 11 miliardi di dollari e lungo 1.200 km), posizione condivisa dal presidente ucraino Petro Poroshenko e anche dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk.

Ma nel tempo il cosiddetto asse franco-tedesco si è dimostrato cocciuto, con il risultato che Berlino è il player numero uno delegato anche al negoziato con Mosca. La Germania tra le altre cose ha sempre insistito che l’Ucraina non venga esclusa come paese transito.

Ma Washington ha duramente criticato il progetto, per bocca del presidente Donald Trump, che ha definito Berlino “prigioniera della Russia”. E quindi, forse immaginando di intrecciare la vicenda con le intenzioni Usa di spingere il proprio Gnl verso i consumatori tedeschi, ha giocato la carta delle possibili sanzioni a quelle aziende europee che partecipano al Nord Stream. Inoltre alcuni senatori americani hanno appena presentato una proposta di legge che suggerisce un’ampia gamma di nuove sanzioni contro la Russia. Se approvato, il nuovo pacchetto riguarderà l’industria bancaria ed energetica russa, compreso il Nord Stream 2.

QUI BERLINO

Un no allo stop al progetto arriva dal numero uno della Cdu tedesca, Annegret Kramp-Karrembauer, che alza un vero e proprio muro. “Il progetto è improbabile che venga cancellato. Nord Stream 2 non è il progetto che appoggio con tutto il cuore. Ma le decisioni chiave sono state prese prima. Il progetto non può essere respinto”, ha detto dalle colonne di Internationale Politik.

Parole giunte proprio all’indomani della conferma, da parte del commissario europeo all’energia, Miguel Arias Canete, che il Consiglio dell’Unione europea e il Parlamento europeo hanno concordato emendamenti alla direttiva europea sul gas con riferimento al nuovo vettore.

“Abbiamo interessi economici abbastanza legittimi nell’approvvigionamento energetico”, ha a proseguito Akk, citando contratti e permessi già firmati e facendo anche un passaggio sui rapporti politici che sostengono la geopolitica, come il fatto che Berlino sia riuscita a mantenere relazioni economiche stabili con la Russia anche durante la Guerra Fredda.

Secondo Akk “si tratta di bilanciare gli interessi dei tedeschi con quelli dell’Ucraina e dell’Europa orientale”, aggiungendo che anche gli Stati Uniti stanno perseguendo i propri interessi economici quando si tratta del mercato europeo dell’energia. E il cancelliere tedesco Angela Merkel ha osservato che Berlino considera Nord Stream 2 un progetto commerciale.

SCENARI

I lavori del gasdotto, iniziati nel 2018, potrebbero essere conclusi entro l’anno, con tubi che correranno da Vyborg nella Russia occidentale attraverso il Mar Baltico, fino a Greifswald nella Germania nord-orientale. Dubbi sulla possibilità che l’Ue fermi i lavori sono stati espressi da alcuni commentatori, come negli ultimi giorni pubblicato sul Financial Times, secondo cui le nuove norme per i gasdotti di gas naturale da e verso paesi terzi concordati dalle istituzioni dell’Ue segnano l’incapacità di trovare una politica energetica comune europea solida e coerente: “È un peccato che l’Ue non sia stata in grado di agire in modo più unito e muscoloso. L’Ucraina, così come la Polonia e alcuni altri paesi più piccoli e orientali dell’Ue, saranno giustificati nel sentire che i loro interessi sono stati sacrificati a quelli di Parigi e Berlino”.

Due le posizioni al momento contrapposte: da un lato chi è convinto che si tratti di un investimento commerciale inteso come chiave per la sicurezza dell’approvvigionamento in Europa; dall’altro chi lo vede come un pericolo per motivi ambientali, geopolitici e di sicurezza (è il caso di Katrin Göring-Eckhardt, co-responsabile del gruppo parlamentare dei Verdi nel Bundestag tedesco).

Nelle ultime settimane, proprio in concomitanza delle decisioni Ue in materia, si segnala anche la probabile decisione tedesca di sganciarsi dal combustibile fossile. In quel caso a Berlino occorrerà molto più gas naturale rispetto alle esigenze fatte registrare fino ad oggi.

twitter@FDepalo



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