Il governo gialloverde si divide sul caso Huawei. Come riporta Il Messaggero, la Lega ha aumentato il pressing per chiedere un più stretto controllo sulla presenza del colosso hi-tech di Shenzen nel mercato digitale italiano. Un’interrogazione presentata in Commissione Trasporti dal deputato del Carroccio Massimiliano Capitanio e rivolta al ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio punta i riflettori sulla quota di mercato in mano a Huawei, da mesi balzata agli onori delle cronache internazionali per l’accusa statunitense di spionaggio industriale, ingerenze cyber e diretta dipendenza dal Partito comunista cinese. Nello specifico, l’interrogazione chiede al titolare del Mise di rivedere il ruolo di Huawei nella gestione delle infrastrutture e della rete del 5G e di altre reti strategiche. Dopo aver ricordato i continui moniti statunitensi, l’ultimo dei quali giunto dal segretario di Stato Mike Pompeo, che in una recente intervista a Fox Business Network ha ribadito che gli Stati Uniti non condivideranno informazioni con i Paesi che adottano tecnologia Huawei, auspicando che gli alleati “comprendano il rischio non solo per i loro cittadini, ma anche per la collaborazione con gli Stati Uniti per garantire la sicurezza globale”.
La quota di mercato posseduta da Huawei in Italia è tra le più ampie in Europa. L’azienda fondata dall’ex ufficiale dell’Esercito di liberazione popolare cinese Ren Zhengfei è partner di Wind-Tre, Vodafone e Tim, vantando una copertura delle loro tecnologie per il 20-30% delle reti. Di Tim Huawei copre il 10% della rete fissa e si è aggiudicata l’appalto per il controllo della rete in fibra ottica di Open Fiber nelle dieci principali città italiane. Non è tutto. Con Tim e Fastweb l’azienda è finanziatrice del progetto BariMatera5G, che punta a portare il 5G nelle due città per una copertura completa entro il 2019. E rientra fra i fornitori del progetto 5GMilano targato Vodafone.
Un dossier in particolare viene portato all’attenzione di Di Maio nell’interrogazione leghista. Si tratta del progetto WiFi.Italia.It, realizzato con Infratel, società in-house del Mise e soggetto designato dal governo per attuare i piani banda larga e ultra larga, che, recita il sito, ha lo scopo di “permettere a cittadini e turisti, italiani e stranieri, di connettersi gratuitamente e in modo semplice a una rete wi-fi libera e diffusa su tutto il territorio nazionale”. Come spiega Il Sole 24 Ore, per il progetto, che già ha ricevuto 8 milioni di euro, sono in arrivo altri 45 milioni di euro. Infratel, non dovendo ricorrere a una gara, ha assegnato a Huawei l’intera fornitura tecnologica di WiFi.Italia.It tramite una convenzione ad hoc (la Consip Lan 6). Qui c’è l’intoppo secondo i deputati leghisti. Alla luce delle segnalazioni sulla sicurezza provenienti dall’altra parte dell’Oceano (e non solo), l’interrogazione a firma Capitanio chiede al governo di esercitare il Golden power previsto dalla legge 21 del 15 marzo 2012 e a Di Maio di “adoperarsi per verificare l’operato di Infratel e soprattutto per promuovere una specifica strategia volta alla tutela degli apparati elettronici circolanti in Italia e al più ampio interesse della sicurezza cibernetica”.
L’appello, per il momento, rimane senza risposta. Ultimamente non sono mancati segnali da parte del governo sulla strategia che si intende seguire con Huawei, ma nel senso opposto. Ricevuto l’ambasciatore americano Lewis Eisenberg a palazzo Chigi, Luigi Di Maio e il presidente Giuseppe Conte avrebbero spiegato di non poter revocare i contratti per il 5G. Il pressing americano però non accenna a fermarsi e ha trovato una sponda nell’alleato di governo leghista. “Sono totalmente d’accordo con Capitanio, il governo dovrebbe monitorare con grande attenzione tutte le attività economiche strategiche nel nostro Paese che devono sì essere lette alla luce del mercato ma anche della sicurezza” spiega ai microfoni di Formiche.net la senatrice del Carroccio Cinzia Bonfrisco. “Quanto a Huawei, ci rendiamo conto che non può essere un solo Paese europeo ad affrontare il problema, ma è bene che siamo noi a fare il primo passo – continua la senatrice – la rete del 5G è uno dei terreni su cui si può realizzare una rinnovata alleanza atlantica, che nel passato leggevamo solo come alleanza di pace e di sicurezza militare e oggi deve essere trasposta anche nel mondo della sicurezza delle infrastrutture digitali”.