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L’Italia continua a far gola ai capitali esteri. La versione di Mitrovich

“Un investitore straniero che punta all’Italia guarda ai fondamentali e investe nonostante il quadro politico non sia dei migliori. La situazione non è mutata, è la stessa di un anno fa. L’appeal del nostro tessuto economico e industriale continua a far gola ai capitali esteri”. Alessandro Mitrovich è un banchiere esperto, ha guidato in Italia società come Chase Manhattan Bank e Royal Bank of Scotland. Oggi presiede la Phinance Partners, società di consulenza finanziaria con clienti corporate e istituzionali nella finanza immobiliare, in quella strutturata e nel corporate finance. Ha gestito, per intenderci, la rinegoziazione degli affitti degli immobili di Telecom e si occupato della fusione di Abn Ambro. Molto conosciuto negli ambienti della City a Londra in questa conversazione con Formiche.net sfata il mito “della fuga di capitali”. “Un allarmismo – dice – che non aiuta e soprattutto non corrisponde al vero”.

Quindi va tutto bene?

No, non è che tutto sia positivo. Ad esempio gli investimenti industriali sono molto legati alle normative sul lavoro, che con l’abolizione del Jobs Act e il varo del decreto dignità, si sono un po’ deteriorate, creando negli investitori esteri un certo disagio. Si domandano: ma se noi scommettiamo sull’Italia la normativa ci aiuta?

E lei cosa risponde?

Cerchiamo di spostare l’attenzione sul business delle società che vogliono acquisire. Alla fine chi investe è molto più focalizzato sul core dell’azienda che vuole comprare o di cui vuole diventare partner. Il quadro politico economico è importante, ma fino ad un certo punto.

Quindi tutte quelle polemiche sul governo gialloverde sono solo gonfiate dai media?

Guardi questo governo non appare, al di là delle parole, pro industria o pro investimenti ma nonostante tutto non c’è alcuna fuga o ripensamento riguardo alle opportunità di investire in Italia. La situazione non è variata rispetto a sei mesi o ad un anno fa. Certo se ci fosse una maggiore coesione e univocità d’intenti nel governo sarebbe utile per tutti, ma forse è chiedere troppo…

A livello finanziario invece cosa succede?

Gli investimenti finanziari in Italia sono principalmente opportunistici. Per i titoli di Stato la situazione è stabile, c’è uno zoccolo del 25% di investitori esteri che comprano i nostri Btp e per il momento non vediamo una fuga oltre quella che c’è già stata. D’altra parte lo spread intorno ai 250 punti base è appetibile, chi investe sa che noi siamo la terza potenza industriale in Europa.

Già però c’è una fuga di aziende da Piazza Affari: prima Ansaldo, poi Parmalat, a breve Luxottica..

A mio avviso il delisting dimostra più che altro che, in questo contesto, l’Italia si sta sempre di più marginalizzando. Peccato che questo però non preoccupi particolarmente chi dirige l’economia in questo Paese. Secondo me invece ci dovrebbe essere uno sforzo collettivo e non basta l’impegno del Ministro Tria che sembra davvero solo in questa battaglia.

Il tema è i capitali: mancano, ma servono, con l’Italia appena entrata in recessione tecnica.

Ricordiamoci sempre che un investitore internazionale ha un ventaglio di opportunità su 10/15 Paesi e non è che si va a focalizzare particolarmente sulle tematiche italiane. Se ritiene che l’investimento è accettabile lo fa, altrimenti no. Business is business e questo lo vediamo, ad esempio, nella nostra attività di real estate come ristrutturazione di fondi immobiliari. Ebbene qui c’è un settore che tirava e continua a tirare ed è quello degli alberghi di lusso. Con cinesi, arabi e anche qualche fondo americano che guardano sempre con maggiore interesse al panorama italiano.


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