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Israele alle urne: come cambia la mappa politica

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I gruppi politici si affrettano a presentare le liste elettorali, cui viene assegnata una lettera o un gruppo di lettere – e quest’anno a quanto pare ci sarà un grande numero di sigle a confondere gli elettori.

La prima grande novità è il patto tra Gantz e Lapid: i due leader hanno deciso di presentarsi con una lista comune che consoliderà il centro e prenderà parte dell’elettorato di sinistra e di destra. Benny Gantz, ex capo di stato maggiore, ha fondato il partito “Hosen” (vigore), cui si sono uniti altri due generali, Moshe Ya’alon e Gabi Ashkenazi. Tra gli elementi dell’accordo anche la presidenza del consiglio a rotazione, iniziando da Gantz – che nei sondaggi è in testa a Lapid.

L’accordo fa paura alla destra, e Netanyahu lo ha denigrato come “una colazione di sinistra che è appoggiata dagli arabi”. La reazione del leader del Likud è stata rivolgersi agli altri partiti di destra: la “Nuova Destra” di Naftali Bennet e Ayelet Shaked, “Casa Ebraica” ora di Rafi Peretz, “Unione Nazionale” di Betzalel Smoutrich e “Potenza ebraica” di Itamar Ben-Gvir.

Se l’elettorato del Likud ha dato un chiaro segnale votando di più l’ala liberale e lasciando fuori i populisti, ora si ritroverà a dover affrontare una coalizione con la destra radicale.

I tre partiti della destra religiosa, Casa Ebraica, Unione Nazionale e Potenza Ebraica si sono uniti per passare la soglia di sbarramento, anche se questa unione non piace a nessuno, né all’interno del Likud né a molti religiosi. Il tentativo di ricostruire un gruppo politico che si rivolga all’elettorato religioso sionista può essere rischioso. Smutrich ha una retorica ostile alle minoranze, ma accettabile per i meno radicali di Casa Ebraica. Itamar Ben-Gvir invece può solo far perdere voci. Il suo partito affonda le radici nel movimento estremista di rav Kahana e nel partito Kach, squalificato dalle elezioni trent’anni fa perché propugnava un’ideologia razzista. Da partito di nicchia in cui si rispecchiano i più estremisti, che vedono anche nell’esercito una forza nemica, può diventare un partito di coalizione – anche se la Commissione per le Elezioni può escludere i candidati se riterrà che la loro agenda non rispecchia valori democratici.

L’ala più liberale del Likud non ha per ora commentato, ma le critiche sono arrivate anche dall’America, dove la lobby pro-israeliana AIPAC, che solitamente non si esprime su questioni interne, ha pubblicato un comunicato stampa in cui condanna il patto politico: “le opinioni di Utzma Yehudit sono riprovevoli. Non rispecchiano i valori che sono il fondamento dello Stato di Israele”. È la prima volta che AIPAC commenta su una coalizione, e per molti è un segnale di allarme per Netanyahu. Il comunicato arriva tre giorni prima dell’anniversario della strage di Hebron compiuta da un allievo di rav Kahane, Baruch Goldstein, durante l’ora di preghiera islamica alla Tomba dei Patriarchi. Goldstein tra le frange più estremiste è diventato un idolo e la sua foto compare nella bacheca di un candidato di Utzmah Yehudit.

Gli sviluppi fanno discutere il pubblico religioso e le elezioni saranno una prova di sopravvivenza dei partiti di settore. Le primarie del Likud e di Avodah hanno dimostrato che l’identità religiosa o laica non è un elemento di preferenza de voto. L’abbandono di Casa Ebraica e la fondazione di un nuovo partito da parte di Bennett anche conferma la tendenza ad abbandonare la politica identitaria, mentre la ricostruzione di un gruppo che rispecchi l’elettorato religioso non è impresa facile (e alcuni credono non più necessaria).

Un’altra novità arriva dai partiti arabi: dopo che Ta’al (movimento arabo per il rinnovamento, di stampo nazionalista e laico) di Ahmad Tibi si era separato dalla Lista Unita, ha fatto marcia indietro ed ha stretto un patto con Hadash di Udeh (già leader della Lista Araba Unita). Balad (acronimo di Patto democratico nazionale e in arabo anche Paese, di stampo nazionalista e pan arabista), invece, si presenterà con il partito del Movimento Islamico. L’elettorato arabo è complesso, e si divide per identità religiosa e culturale (i drusi per esempio tendono a votare Likud, gli ex comunisti per Balad, i Cristiani per Hadash), per contesto sociale (nelle cittadine a maggioranza islamica tradizionalista è il movimento islamico a dominare, nei villaggi invece era la Lista Araba) e per età (i giovani tendono ad esser più attenti alla retorica nazionalista palestinese che agli interessi socio-economici della comunità).

Secondo le stime, la Knesset israeliana si rinnoverà di quasi il 50%, cioè circa 60 nuovi parlamentari occuperanno i seggi in un panorama politico quasi nuovo.

Ma la domanda che tutti si pongono, e che cambierà il corso delle elezioni: cosa sarà dei procedimenti giudiziari contro Netanyahu? È una domanda importante perché è la prima volta nella storia politica di Israele che un Primo Ministro attende di sapere se sarà incriminato, in più proprio prima delle elezioni.


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