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Israele verso le urne. Come si rinnova il panorama politico

Israele legge

6.3 milioni di aventi diritto al voto decideranno il futuro di Israele, con un panorama politico che attraversa diversi cambiamenti: i Likud e Avoda (i laburisti) sono cambiati, nuovi partiti si sono formati, Hosen Israel del generale Ganz e La Nuova Destra di Bennet, la Lista Unita dei partiti arabi si è spaccata, e nuove alleanze sono in formazione

Il Likud è cambiato. Le primarie dello storico partito di destra hanno dato due messaggi: non c’è molto spazio per i populisti e l’elettorato vuole una nuova leadership. I grandi vincitori sono Yuli Edelstein, Gilad Erdan, Gideon Saar e Nir Barakat. Yuli Edelstein ha presieduto la Knesset in quest’ultima legislatura; è di origini russe ed è stato in prigione per attività sioniste in Unione Sovietica. Il suo modo di fare pacato e risoluto è stato decisivo nell’affrontare i parlamentari più incontrollabili (in un’intervista rilasciata a Yedioth Aharonoth a dicembre ha detto: “ho avito a che fare con urla, insulti, palloncini e gomme da masticare lanciate in aula” ma “è stata una legislatura che ha passato leggi importanti”). Gilad Erdan, attuale Ministro della Sicurezza Interna, si è fatto spesso sentire per le sue iniziative contro la delegittimazione di Israele, difendendo con risolutezza anche quelle più controverse, e ha navigato con abilità le difficili acque che avevan travolto la polizia. Non ha mai attaccato gli avversari e si è espresso sulle materie di propria competenza. Gideon Sa’ar è ritornato in politica dopo un periodo di “vacanza” e fa parte dell’ala liberale del Likud. Nir Barakat, imprenditore di successo, ha finito quest’anno la cadenza di sindaco di Gerusalemme, con enormi traguardi sia in termini di infrastrutture sia di servizi ai cittadini.

Il risultato delle primarie sembra essere la rivincita dei liberali all’interno di un partito in cui le voci populiste avevano creato divisioni e allontanato la vecchia guardia del Likud che si sente erede della tradizione liberale di Jabotinsky. Inoltre, le primarie dànno anche un altro segnale: gli elettori del Likud vogliono una nuova leadership

Le primarie dell’Avoda confermano questa tendenza al cambiamento e la ricerca di una nuova leadership. I candidati che erano tra le prime fila del partito sono fini alla fine, come Salah Sa’ed e Leah Fadida, mentre i giovani guadagnano i primi posti, come Itzik Shmuli, impegnato sin dal 2011 in movimenti di cambiamento sociale così come Stav Shapir. Un altro nome è la novità del partito, Yaya (Yair) Fink, direttore della campagna elettorale della leader laburista Sheli Yahimovich, che si guadagna solo il quinto posto dopo i giovani. Fink è cresciuto in un kibbutz religioso ed è fiero di esser stato eletto come religioso in un partito di sinistra, in un periodo in cui l’identità religiosa è associata alla destra.

Intanto, Netanyahu e Akunis sono impegnati ad attaccare il generale Ganz, che fa paura sia al Likud sia ad Avoda. “Chi dice di non esser né di destra né di sinistra, è di sinistra”, ha detto Netanyahu dopo la manifestazione pubblica di Ganz nel tentativo di screditarlo agli occhi di un probabile elettorato che guarda alla sicurezza con gli occhi di destra e ai diritti sociali e civili con gli occhi di sinistra. Dopo, l’accusa, che in molti credono all’avanzata da parlamentare di Ofir Akunis, secondo cui la moglie di Ganz è un’attivista dell’Ong Machsom Watch. L’Ong è un’associazione di donne che hanno iniziato con la seconda intifada a monitorare il comportamento dei soldati israeliani ai checkpoint. Era il periodo della Seconda Intifada, continui attacchi terroristici e morti tra civili e soldati. La tensione ai checkpoint si era elevata dopo episodi di attentati da parte di terroriste che nascondevano l’esplosivo fingendosi incinta, ragazzini e terroristi che nascondevano armi ed esplosivo nelle ambulanze. Israele ha impiegato anni per impiegare nuove politiche di sicurezza che tenessero conto delle sensibilità culturali e delle necessità sul campo. Le donne di Machsom Watch fornivano all’inizio una sorta di sorveglianza esterna, pensata principalmente per i giovani soldati. Poi è diventata un’associazione più ideologica e politica, che ha iniziato a esprimersi sulle politiche militari di Israele, descrivendo esclusivamente e con un linguaggio molto emozionale le conseguenze sulla popolazione palestinese, senza tener conto del contesto o dei cambiamenti, con il risultato di fornire ulteriori strumenti a chi delegittima Israele.

Infine, un messaggio pubblicato in un account Instagram associato a Netanyahu, secondo cui Ganz ha lasciato morire il Sergente Yusef, che serviva nella polizia di frontiera, dopo l’attacco alla Tomba di Giuseppe a Nablus il 1 ottobre 2000 da parte di miliziani palestinesi. Durante l’attacco, oltre alla profanazione della Tomba, dei cecchini hanno sparato sui soldati, colpendo il sergente Madhat Yusef, morto sul campo per un ritardo nell’evacuazione all’ospedale che avevano assicurato i palestinesi. La famiglia Yusef aveva allora ritenuto Ganz responsabile dell’accaduto, anche se una commissione di inchiesta sull’accaduto lo ha ritenuto non colpevole dell’incidente. L’accusa è grave, perché vuole screditare Ganz agli occhi dell’intera Israele come un ufficiale che non ha a cuore i propri soldati, minando la credibilità politica di un generale che basa la sua fama sugli anni in cui è stato Capo di Stato Maggiore e tra le figure più amate di Israele.

Ganz e Lapid (leader di Yesh Atid, altro partito di centro) parrebbero allearsi, minacciando sia il Likud sia i partiti a esso tradizionalmente alleati, cioè quelli religiosi. Di conseguenza, si è parlato di una probabile alleanza tra Yahadut haTorah e Shas (i partiti ortodossi ashkenazita e orientale), anche se un tale accordo è stato per ora smentito. Le ostilità e i pregiudizi tra i due gruppi vanno oltre le interpretazioni religiose e le tradizioni, diventando rivalità politiche e sociali. Il partito che ha come proprio bacino la destra religiosa sionista, Casa Ebraica, che è stato guidato da Bennet fino a pochi mesi fa, è in crisi e per passare la soglia di sbarramento dovrà unirsi a quei gruppi più estremisti che non hanno avuto abbastanza voti. Una probabile alleanza con “Unione Nazionale” guidata ora dal parlamentare discusso Smutrich, costante te criticato per le sue uscite su minoranze e Lgbt, è minacciata solo dalle negoziazioni tra i leader, che giocano a chi è più di destra. La Nuova Destra, di Bennet e della Shaked, che hanno abbandonato la Casa Ebraica, potrà allearsi solo con Netanyahu, che non è disposto però ad accettare compromessi con Ganz.

Dei 6.3 milioni di aventi diritto al voto, 950.000 son arabi. Di solito vota il 67%, mentre questa volta secondo alcuni sondaggi sarà poco più che il 50%. Il fronte arabo, che aveva unito i diversi partiti dalle più disparate anime sotto la direzione di Ayman Odeh, che diversamente da altri leader arabi ha una retorica meno ostile e un’agenda politica più improntata su servizi e diritti della minoranza araba (trasporto pubblico nei villaggi arabi, impiego femminile, lotta alla corruzione nei villaggi arabi ecc.). Odeh ha iniziato la sua carriera politica a Haifa, dove ebrei e arabi vivono insieme senza bisogno di imporre le narrative nazionali. Questa linea non è apprezzata dalle frange più oltranziste, che sanno attrarre in particolare i giovani della provincia. Ahmad Tibi, leader di Ta’al, ha deciso di dissociarsi dalla Lista Araba Unita e parteciperà da solo con una lista che comprenderà la sezione giovanile del Movimento Islamico e la sezione giovanile del Movimento Nazionale (secondo quanto esposto dal giornale Arab48). Hanin Zoabi, la controversa parlamentare nota per le sue esternazioni sopra le righe, non parteciperà alle elezioni, e questo fa pensare anche a un cambiamento più pragmatico della Lista, che non diventerà sionista come sperano alcuni esponenti della destra, ma sarà più pragmatica e meno avversa ai capisaldi del sentimento nazionale israeliano.

Fra qualche giorno si chiuderanno le liste e la Commissione Elettorale deciderà chi potrà partecipare e chi sarà da escludere (in base a retorica razzista o anti-sistema), quali elementi delle campagne elettorali saranno permesse (da escludere quelle offensive e ritenute contrarie a principi fondamentali dello Stato).


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