Come se le docce fredde in questo periodo fossero poche per l’Italia. Stavolta non è il Pil, ma è come se lo fosse visto che la ricchezza si crea con l’industria e con il lavoro. A dicembre, ha fatto sapere questa mattina l’Istat, la produzione industriale ha fatto segnare un calo dello 0,8% rispetto a novembre: si tratta della quarta contrazione consecutiva. Ma è su base annua che è scattato l’allarme. L’indice corretto per gli effetti di calendario risulta in ribasso del 5,5%, segnando la diminuzione tendenziale più accentuata dal dicembre del 2012, ovvero da sei anni. In ribasso anche il dato grezzo (-2,5% su base annua). In generale, è piuttosto negativo lo sguardo dell’Istituto di Statistica sulle prospettive economiche attuali del Paese: “L’indicatore anticipatore ha registrato una marcata flessione – si legge nella nota congiunturale mensile – prospettando serie difficoltà di tenuta dei livelli di attività economica”.
In quest’ultima frase c’è tutta la gravita della situazione. L’Italia è un Paese che vive di manifattura e se questa comincia a perdere colpi, allora sono guai. Tra il dicembre del 2018 e quello dell’anno prima l’industria italiana ha lasciato sul terreno cinque punti percentuali e mezzo. Tanto, troppo. Di questo passo l’unica ancora di salvezza saranno i diecimila miliardi di risparmio privato, di famiglie e imprese cioè, comprensivo dei beni mobili. Ma nessun Paese può vivere a lungo di solo risparmio se non produce ricchezza e posti di lavoro.
Tornando ai numeri pubblicati questa mattina dall’Istat, la flessione registrata a dicembre è diffusa a livello settoriale. Dopo il punto di massimo di dicembre 2017, in tutti i trimestri del 2018 la produzione ha registrato, al netto della stagionalità, flessioni congiunturali, con un calo più marcato nell’ultimo trimestre. “Ciononostante, nel complesso dell’anno i livelli produttivi risultano in moderata crescita, grazie all’effetto di trascinamento dovuto al positivo andamento dell’anno precedente. Sempre in media annua, si rileva una dinamica positiva per i beni strumentali e per quelli di consumo, mentre sono in flessione i beni intermedi e l’energia”. Nel complesso del quarto trimestre il livello della produzione registra una flessione dell’1,1% rispetto ai tre mesi precedenti. L’indice destagionalizzato mensile mostra un lieve aumento congiunturale solo nel comparto dei beni intermedi (+0,1%); diminuiscono invece in misura marcata i beni di consumo (-2,9%) e l’energia (-1,5%) mentre i beni strumentali registrano una variazione nulla.
Gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano a dicembre 2018 un’accentuata diminuzione tendenziale per i beni di consumo (-7,2%) e per i beni intermedi (-6,4%); diminuzioni più contenute si osservano per l’energia (-4,4%) e per i beni strumentali (-3,5%). Tutti i principali settori di attività economica registrano variazioni tendenziali negative. Le più rilevanti sono quelle dell’industria del legno, della carta e stampa (-13,0%), delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-11,1%) e della fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-7,9%).
Insomma, un’altra doccia fredda dopo quella arrivata ieri dalla Commissione europea che ha previsto che quest’anno il Pil italiano scenderà a +0,2%, considerevolmente meno di quanto anticipato nelle previsioni autunnali (+1,2%) e meno anche di quanto stimato dal governo italiano a dicembre (+1%). Secondo la Commissione Ue la prospettiva di crescita dell’Italia “è soggetta ad alta incertezza”, l’attività economica è “anemica” nella prima metà dell’anno e la prospettiva degli investimenti è “molto meno favorevole”. Così l’Italia resta fanalino di coda in Ue.