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L’esito brusco e imprevisto dei negoziati tra Trump e Kim

kim hanoi

Alle 13 (fuso vietnamita, le 7 di mattina in Italia) del secondo giorno previsto per i negoziati tra Donald Trump e il satrapo nordcoreano Kim Jong-un, tutto s’è interrotto bruscamente. Il meeting di Hanoi, spettacolarizzato dalla presenza di oltre duemila reporter internazionali, avrebbe dovuto implementare le discussioni del giugno scorso a Singapore, e dare una nuova, concreta spinta ai colloqui che hanno come obiettivo sistemare il bubbone del nucleare nordcoreano. È evidente che l’interruzione dell’incontro tra i due leader, dopo che gli sherpa diplomatici dei due paesi avevano da settimane preparato il cerimoniale, sta a significare che qualcosa non è andato come previsto.

I due, dopo che ieri c’era stato un primo incontro cordiale in cui l’americano sottolineava (come fatto già più volte in precedenza) il feeling trovato col dittatore asiatico, avrebbero dovuto partecipare a un pranzo e successivamente a una conferenza stampa congiunta, ma sono stati visti lasciare inaspettatamente l’albergo che ospitava i colloqui col codazzo delle rispettive motorcade.

Trump ha parlato, e ha spiegato ai giornalisti che i negoziati sono saltati perché Kim pretendeva l’eliminazione immediata di tutte le sanzioni internazionali imposte per via del suo programma atomico militare, senza concedere niente di corposo in cambio. Ossia, Pyongyang non ha fatto concessioni importanti sulla denuclearizzazione, il motivo principale di tutto lo schema negoziale messo in piedi, se non la chiusura del reattore di Yongbyon, che però secondo gli Stati Uniti non è sufficiente.

Il presidente americano ha anche ammesso – per la prima volta – che la denuclearizzazione è il vero problema: ci sono posizioni non concordi, ha detto, che però sono meno distanti di un anno fa.

Da tempo gli analisti osservano che per Washington il concetto è molto ampio, e prevede l’eliminazione assoluta e immediata di tutto il programma nucleare, mentre Pyongyang è più indirizzata a qualcosa simile al concetto di controllo degli armamenti (la posizione di Trump è più lasca, diciamo intermedia da come ha fatto più volte capire ultimamente, ma non certo esprimibile durante discussioni come quelle che erano in corso in Vietnam: Trump è un gran negoziatore, e ha intenzione di giocarsi tutte le carte anche con colpi di scena e forzature, e di farlo in prima persona, nonostante il suo staff gli abbia consigliato di fare un passo indietro perché stalli come quello odierno potrebbero rappresentare una caduta d’immagine. Ndr).

Da qualche settimana, lo spin con cui l’amministrazione Trump ha finora accompagnato il dossier nordcoreano è sceso di livello. Lo stesso presidente aveva fatto in modo di abbassare il livello delle aspettative, e anche da Hanoi aveva ripetuto che il successo vero “lo avremo sul lungo periodo”. Tuttavia, l’americano non ha alzato i toni e ha sottolineato, nella conferenza stampa organizzata a conclusione del vertice, che ci sono stati dei progressi nelle relazioni tra i due paesi e non saranno buttati al macero. I negoziati continueranno, anche se c’è da aspettarsi che da Pyongyang il regime lanci stilettate contro gli Stati Uniti tramite i media controllati. Kim non ha parlato con i giornalisti.

(Foto: Twitter, @realdonaldtrump)


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