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Maduro e lo stop alle trivelle: l’Italia scherza col fuoco

Con acume e grande schiettezza di argomenti La Stampa di oggi solleva un tema di primaria rilevanza per il governo gialloverde: gli effetti su scala internazionale del blocco imposto con il Decreto Semplificazioni a tutte le attività di ricerca sul territorio nazionale (e in mare) per gas e petrolio. Il quotidiano diretto dal bravo Molinari dà conto di due aspetti molto importanti della vicenda, che vanno compresi e ragionati senza paraocchi e pregiudizi ideologici.

Il primo è di carattere locale (su vari ambiti) ma anche nazionale: si tratta dell’atteggiamento italiano di fronte a questa materia, della nostra capacità di disegnare il futuro energetico della nazione e della comprensione da parte dei governanti della fase storica in cui viviamo. Se da un lato infatti va incoraggiato ogni sforzo verso le energie rinnovabili e però vero (per il presente ed anche per il futuro prossimo) che dovremo fare i conti con gas e petrolio. E siccome intorno a noi tutti i paesi industrializzati fanno investimenti per avere quote significative di produzione nazionale non è sensato ragionare come se l’Italia fosse collocata su Marte, anche perché il danno è tutto a carico della nostra produttività (che già non sta messa benissimo).

Occorre inoltre comprendere che siamo in fase di forte rallentamento della crescita economica, motivo in più per riflettere molto attentamente prima di procedere con misure che deprimono gli investimenti internazionali, accrescono la diffidenza verso l’Italia e scoraggiano la creazione di posti di lavoro. Non a caso in Emilia-Romagna istituzioni locali e associazioni di categoria (sindacati compresi) avanzano forti perplessità sullo stop alle attività contenuto nel decreto.

C’è poi un tema di carattere internazionale che viene sollevato senza troppi giri di parole da Paolo Mastrolilli (che scrive da New York, aspetto di primaria rilevanza). Si tratta dell’ormai prossima pioggia di ricorsi e richieste danni avanzate da molte imprese (tra cui alcuni dei colossi multinazionali) che potrebbero costare miliardi all’Italia e che non si presenta come materia tanto campata in aria, visto che il Mise ha accantonato un fondo da 470 milioni di euro per fare fronte ad eventuali sentenze avverse. Il punto però è che le richieste potrebbero arrivare ad un multiplo imponente di questa cifra, con effetti allo stato difficili da stimare ma che potrebbero valere una manovra finanziaria. Un primo assaggio arriverà a breve, poiché è attesa entro la fine del mese la celebrazione della prima udienza per l’arbitrato che riguarda la britannica Rockhopper.

Insomma quello de La Stampa di oggi suona come un robusto ed appropriato “avviso ai naviganti”, che tocca un nervo scoperto ed estremamente sensibile. A tutto ciò si aggiunge l’inconfondibile rumore di fondo che riecheggia nel pezzo di Mastrolilli, sempre ben informato sugli ambienti che contano d’oltre oceano. La posizione italiana sul Venezuela (dove c’è tanto petrolio, oggi comprato a prezzi stracciati proprio da quei paesi che sostengono Maduro) è giudicata con parole sforzanti dall’intera comunità internazionale che è nostra alleata, dove c’è chi parla esplicitamente di “tradimento”.

Nessuno si illuda di giocare queste partite senza pagare pegno. Le sfide geopolitiche non sono roba da maneggiare con leggerezza. E invece noi italiani (sì, proprio noi) stiamo facendo esattamente così. Non sarà gratis, che sia chiaro sin d’ora.

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