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Il viaggio del papa ad Abu Dhabi apre ad un cambiamento che ha tanti nemici, ma non alternative. Parla Tawfik

Dove si sta recando proprio in queste ore Papa Francesco? Che realtà culturale, politica, religiosa lo sta accogliendo? Uno dei ponti migliori per capirlo è Younis Tawfik, apprezzato intellettuale iracheno che tanti anni fa decise di trasferirsi in Italia per il suo amore per Dante Alighieri, che doveva studiare e conoscere nel Paese dove nacque e visse.

Membro della prima consulta islamica, docente universitario, romanziere, saggista, Younis Tawfik ha perso nella sua città di nascita, Mosul, non solo il fratello, ucciso dall’Isis, ma anche la moschea di Giona, in arabo Younis, il nome che i suoi genitori scelsero per lui proprio guardando a quella moschea. Era uno dei più importanti monumenti storici e religiosi, meta di pellegrinaggio di musulmani sia sunniti sia sciiti. Ma quel luogo era sacro per tutti, visto che Giona, inghiottito da una balena, è figura biblica oltre che poi coranica. Per questo l’Isis distrusse la moschea edificata lì dove sarebbe sepolto il comune profeta. Lo sguardo di Younis Tawfik si posa ovviamente anche sul suo Iraq per leggere la portata di questo viaggio di papa Francesco, ma parte dagli Emirati Arabi Uniti, dove Bergoglio arriverà questa sera.

“Il ruolo degli Emirati Arabi Uniti oggi potrebbe essere definito come quello di incrociatore nella flotta della nuova cultura. Dimenticare il passato, l’oscurantismo, richiede di combattere non solo il terrorismo, ma tutto il pensiero estremista, integralista o fondamentalista, anche quello che non è direttamente coinvolto nel terrorismo ma che comunque nega l’altro. Gli Emirati Arabi Uniti hanno una posizione di maggiore agibilità rispetto all’Arabia Saudita, ecco perché hanno costituito un Ministero Tolleranza, vocabolo che io non amo, ma che rende bene l’idea di cambiamento in un contesto dove si deve archiviare l’epoca dell’intolleranza. Per soddisfare i bisogni religiosi del 10% della popolazione di religione cristiana sono state create cattedrali enormi, su terreno concesso dallo Stato. Questo non è maquillage, o un tentativo di presentarsi per ciò che non si è, è un tentativo di cambiare corso. E la vicinanza tra l’erede al trono degli Emirati e l’erede al trono saudita conferma che loro hanno scelto questa strada, se vuoi lo hanno fatto perché hanno capito che non c’erano alternative. Il grande successo che ha avuto Andrea Bocelli ieri in Arabia Saudita lo conferma. Il teatro quasi veniva giù per gli applausi che gli sono stati tributati mentre cantava accanto alla violinista Anastasiya Petryshak e alla soprano Maria Aleida Rodrigue, entrambe senza velo. Intanto si costruiscono cinema, fatto impensabile in quel Paese. E perché? Perché l’idea wahhabita di far vivere la gente fuori dal tempo mentre a casa però ognuno ha Facebook, Instagram e così via è improponibile, è un’idea impossibile.”

Quindi lei dice che dopo il fallimento delle riforme dal basso proposte dalla Primavera araba nel 2011 ora è cominciata l’epoca delle riforme concesse dall’alto?

“Perché bisogna contrapporre le due cose? Il 2011 ha fatto vedere e constatare la richiesta dei popoli, la loro sete. Non sono state capiti, quelle richieste hanno impaurito e non si è ascoltato, ma poi quando i giovani hanno preso il potere hanno dovuto prendere atto che non si poteva continuare a chiudere gli occhi, pena la fine delle loro dinastie. So benissimo che la credibilità di Mohammad bin Salman è stata minata dal caso Khashoggi e certo non lo assolvo, anche se non credo che l’ordine sia partito proprio da lui: ma, ripeto, parliamo di un Paese dove non c’erano sale cinematografiche… Non voglio eludere il punto, ma credo che il vero problema sia il wahhabismo. E aggiungo che una certa modalità di osservazione non aiuta. Come mai nessuno si è soffermato sulle navi turche cariche di armi che sono partite alla volta della Libia per armare certe milizie? Ne sono state intercettate due. Non ci interessa? La Turchia con Erdogan è diventata la guida della Fratellanza Musulmana e guida una vasta opera di disinformazione contro i sauditi, stiamo attenti a ritenere che tutto sia chiaro. Il fronte di accuse che parte dai Fratelli Musulmani è insidioso, contiene anche fake news, ed ha finalità politiche. Per capirle dobbiamo entrare nel teatro politico: Erdogan è il capo della Fratellanza Musulmana, con il sostegno finanziario del Qatar. I sauditi poi sono alle prese con un progetto teocratico iraniano che non si è ben colto. Nel mio Paese, l’Irak, le banche funzionano per l’Iran, il petrolio va in Iran o in Turchia, i luoghi di culto sunniti vengono forzatamente trasformati in luoghi di culto sciiti, la popolazione sunnita è vittime della ferocia delle milizie khomeiniste che governano il Paese. E nello Yemen, la crudeltà è solo saudita? I bambini non vengono arruolati dalle milizie filo iraniane? Non bombardano i villaggi con inermi civili anche loro? In Libano non abbiamo il primo governo di Hezbollah? Credo che una khomeinizzazione del Medio Oriente sia un pericolo per noi, iracheni, siriani, libanesi, e per tanti altri, ma credo che lo sia anche per voi… Non dico che i giovani che governano nella penisola araba abbiano saputo rispondere, dico che bisogna capire, e non ridurre le loro aperture a maquillage. No, hanno capito che bisognava cambiare strada e stanno in qualche modo cercando di farlo, ma in un contesto non facile.”

Quanto è importante la presenza di autorevoli rabbini a Dubai in occasione dell’incontro interreligioso al quale sarà presente Papa Francesco? “È importantissima, certo. Anche qui, qualcuno può pensare un incontro interreligioso con tutte le confessioni del mondo ma senza gli ebrei fosse pensabile? Era pensabile una simile assurdità? Quindi o si seguiva la vecchia idea e si restava da soli, o si faceva l’incontro, con tutti. Io aspetto l’incontro tra Francesco e l’imam al Tayyeb con grande interesse.”

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