Distinguo da destra, da sinistra e dal centro. Non c’è solo la voglia di riposizionarsi per i partiti tedeschi nell’anno zero del post merkelismo, ma anche l’esigenza di arrivare alle elezioni europee di maggio non nelle stesse condizioni delle regionali dello scorso autunno.
Sono giorni complicati per Cdu e Spd, alle prese con nuove strategie programmatiche ma anche con l’ombra di un passato che è sì stato sinonimo di governabilità e macro influenza mondiale, ma che oggi in patria è visto come un elemento da ridiscutere a 360 gradi.
QUI SPD
Ha tolto la cravatta, forse imitando il modello Tsipras, ma nella sostanza le parole dell’ex ministro degli esteri tedesco Sigmar Gabriel non cambiano. La strategia dei socialdemocratici è chiara: tentare di salvare il salvabile del brand Spd per non perdere (male) le europee di maggio e per non farsi sorpassare dai Verdi nella nuova GroKo di governo. Basterà?
In una conferenza informale Gabriel, che secondo alcuni rumors ha intenzione di riprendersi la testa del partito con Martin Schulz, lancia una serie di critiche all’ex capo della Cdu. Obiettivo invertire la rotta dell’attuale numero uno Andrea Nahles, ma potrebbe non essere sufficiente il restyling visto che i Verdi veleggiano al 20% e fanno gola alla nuova guida della Cdu, Annegret Kramp Karrembauer.
Sui migranti Gabriel ha inviato il primo messaggio alla cancelliera: la Germania dovrebbe avere una politica estera molto più attiva, in un momento in cui “siamo nel mezzo del ciclone e se non staremo attenti saremo figure su una scacchiere di altri”. Per poi piazzare il colpo: le politiche migratorie passate sono state “uno dei principali errori strategici della cancelliera e capisco che Macron è del tutto deluso, abbiamo lasciato la Francia appesa”.
Per chiudere sulla geopolitica: “Perché non dovremmo investire nella sicurezza europea comune? Se vuoi tenere unita l’Europa, devi sempre metterti nei panni dei più deboli, capire cosa sta succedendo lì. Per molti nell’Europa orientale, la Russia sembra una vera minaccia”. Un’allusione non si sa quanto casuale, proprio mentre Merkel e Putin dialogano sul gasdotto Nord Stream 2.
QUI CDU
Akk è stata chiara poche sere fa in occasione di un workshop tematico sul dossier migrazioni: la Cdu non sarà più disponibile alle frontiere spalancate e alla cultura accogliente tout court, così come accaduto nell’ultimo lustro targato Merkel. Anzi, farà di più: accelera già da oggi per i rimpatri immediati coinvolgendo anche i richiedenti asilo e aggiungendo al novero delle azioni da intraprendere la possibile chiusura delle frontiere (anche se extrema ratio).
Sul punto ecco la prima reazione ufficiale: a parlare è il ministro delle Finanze della Bassa Sassonia, Bernd Althusmann, che punta non tanto a esaminare la possibilità di respingimento alle frontiere, ma alla riduzione del processo legale per i richiedenti asilo respinti. La Germania ha bisogno di “maggiore chiarezza in materia di immigrazione e diritto di asilo”. La chiusura dei confini, secondo Althusmann, “deve essere possibile, ma sempre come ultima soluzione”, ma nel frattempo i flussi illegali persistono.
SCENARI
Nel Paese il tema è molto sentito e ruota attorno a un quesito, tanto semplice quanto di complicata soluzione: come potrà la Cdu invertire le recenti politiche merkeliane di accoglienza? Sul punto ecco il decalogo attuativo sciorinato dal deputato Armin Schuster. Una sorta di vademecum di intenzioni e istanze che il governo dovrà tenere in considerazione.
Si va dalla richiesta delle domande di asilo che dovranno essere elaborate alle frontiere esterne dell’Ue, all’espulsione dei richiedenti non andati a buon fine. Infatti entro il 2020 la Cdu punta a integrare l’agenzia europea Frontex con altri 10mila funzionari. Al contempo, Berlino intende continuare a svolgere i propri controlli con più poteri per la polizia tedesca al fine di contrastare i soggiorni non autorizzati in Germania.
Un quadro politico in lenta evoluzione, che si snoda mentre altri dossier altamente sensibili sono all’attenzione del governo. Il primo caso verte il gasdotto Nord Stream 2, su cui si sta consumando lo scontro fra Berlino e Washington.
Poi la cyber security, all’indomani della conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera da cui è emerso che il gap europeo è una vera e propria bomba a orologeria. Ragion per cui esperti di sicurezza informatica hanno incontrato funzionari governativi per discutere le vulnerabilità nelle infrastrutture critiche.
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