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Rifugiati, se Mattarella lenisce il rammarico di papa Francesco

A poche ore dall’avvio in Laterano del processo di beatificazione di padre Pedro Arrupe, il preposito generale della Compagnia di Gesù che fondò il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, la sua sezione italiana, il Centro Astalli, ha inaugurato nel cuore di Roma il centro per l’accoglienza e l’integrazione dei richiedenti asilo e rifugiati. Vi potranno trovare accoglienza 28 rifugiati che non possono ancora provvedere autonomamente al proprio alloggio e altri, anche italiani, potranno fruire dei corsi di formazione, supporto all’inserimento lavorativo e delle attività culturali, di dialogo e di progettazione condivisa. Mentre si chiudono i confini, si ridimensiona la vita religiosa e molte opere chiudono, ha sottolineato padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, “facciamo un’operazione controcorrente: apriamo. Apriamo una porta ai rifugiati e ai migranti che, in questa fase di radicale trasformazione legislativa, sono maggiormente in difficoltà, perché qui possano trovare una casa fatta della bellezza delle relazioni che nascono dall’incontro.”

A loro papa Francesco ha regalato un meraviglioso Crocifisso ligneo creato con remi legati insieme dallo scultore cubano K’cho, per il quale il traffico di esseri umani per mare è il commercio degli schiavi dei nostri tempi. Consegnando il dono del papa padre Michael Czerny ha detto: “Il Santo Padre, rammaricato per la mancanza di finanziamenti pubblici per i migranti vulnerabili che oggi a Roma necessitano di un ricovero, dona anche il necessario per il primo mese di attività del Centro”. Il rossore di imbarazzo che si è visto sul volto di molti in una città segnata dalla morte sempre più frequente di clochard e senza fissa dimora, è stato attenuato dalla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha ricordato come in questo mondo interconnesso sia impossibile affrontare da soli una questione drammatica come quella dei rifugiati che fuggono da guerre o carestie e che arrivano ormai a 70 milioni. L’America Latina ha saputo offrire asilo provvisorio a due milioni di venezuelani, dimostrando che solo politiche coordinate possono affrontare questi problemi. Poi ha plaudito l’idea di dedicare il centro alla memoria del gesuita Matteo Ricci, il primo che fece sua la cultura cinese senza rinnegare la sua cultura d’origine, dimostrando che la cultura non ha confini né rifiuti, ma accresce.

La benedizione è stata impartita dal preposito generale dei gesuiti, padre Arturo Sosa, che ha ricordato come “la stragrande maggioranza dei migranti e dei rifugiati sono giovani. Come adulti è nostra responsabilità ascoltarli, accompagnarli, assicurarci che siano messi in condizione di dare il loro contributo a una società inseme unita e aperta. È parte del nostro impegno fare del nostro meglio perché siano educati ad essere cittadini universali in questo mondo plurale e multiculturale”. Un mondo che il rifugiato afghano Sohrab ha presentato con un italiano da fare invidia a tanti. Lui, fuggito all’età di 14 anni dal suo paese natale, è arrivato in Italia dopo infinite peripezie, a piedi, dopo numerosi respingimenti e arresti. L’Italia non mi ha mandato in prigione, mi ha accolto, ha detto, e così in sei mesi ha imparato l’italiano, in tre anni ha preso la licenzia media e il diploma di scuola superiore. Poi ha vinto una borsa di studio all’Università e ora, 24enne, è ingegnere meccanico, già iscritto alla laurea specialistica.

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