Gli Oscar 2019 hanno premiato artisti di etnie e caratteristiche somatiche diverse da quelle dell’americano bianco, risultando apparentemente accomunati da un intento “antirazzista”. Le statuette di Hollywood sembrano essere utilizzate per affermare, oltre che i meriti degli artisti, anche i valori della sinistra americana, che nella capitale del cinema sono profondamente radicati. Alcuni osservatori hanno criticato tale impostazione, perché strumentalizza l’arte e lo spettacolo a fini politici; altri commentatori hanno appoggiato la scelta, ritenendo che il mondo dello show business non possa esimersi dall’intervenire su temi essenziali del vivere civile, del modello di società, dell’immaginario culturale. Hollywood sembra aver fatto qualcosa di simile alla giuria tecnica di Sanremo, accusata di aver premiato un cantante italiano, ma di padre nordafricano, anche per la sua connotazione etnica e religiosa. Il tema si ripete: è corretto e sensato inserire elementi politici in un giudizio artistico?
In termini positivi, il premio al “diverso” accredita un’immagine vincente di persone “diverse” dai bianchi americani ed europei, utile per far crescere la considerazione e il rispetto delle nuove generazioni verso questa tipologia di persone, attraverso la loro identificazione con modelli vincenti. In tal senso il premio artistico può svolgere una funzione educativa benché strumentale e politica. Nel contempo il riconoscimento del “diverso” afferma un valore e lo inserisce nell’immaginario collettivo, consolidandolo nella cultura di massa, in contrapposizione con il disvalore che quella diversità può avere presso componenti della società. Tenuto conto della forza dell’industria dello spettacolo nell’accreditare modelli culturali, non è dubbio che il riconoscimento pubblico degli artisti “diversi” contribuisca ad alimentare un vissuto positivo nei loro confronti e verso le persone loro simili.
La scelta di premiare i “diversi” svela tuttavia anche aspetti negativi, perché strumentalizza il giudizio artistico a fini politici, e quindi lo distorce e svaluta. Inoltre, è ragionevole ritenere che il premio alla diversità, a Los Angeles come a Sanremo, possa essere influenzato dall’intento di esprimere una critica alle politiche di contenimento dell’immigrazione irregolare di massa, sul presupposto che queste siano frutto di una visione razzista della società. Ma il parallelismo tra politiche migratorie e razzismo è fuorviante, posto che di fronte a flussi massivi di migranti irregolari di ogni etnia e religione, le politiche di contenimento risultano contestabili politicamente ma funzionali ad esigenze di tutela socioeconomica degli Stati e non a impostazioni discriminatorie. Così come si può ipotizzare che il mondo dello spettacolo, prevalentemente schierato a sinistra, utilizzi i palcoscenici di cui dispone per riaffermare parole d’ordine, utili a compattare il fronte progressista dal punto di vista politico.
Infine, ed è forse la questione più importante, il premio ai “diversi” esalta la diversità al di sopra di ogni altra connotazione personale ed artistica; accentua e rimarca un solco ideale tra persone, ricordando a tutti le differenze che separano le persone e non le somiglianze e sintonie che le uniscono; mostra come le giurie vedano gli artisti in una luce sostanzialmente discriminatoria, che antepone le loro caratteristiche personali ai loro meriti artistici; forza la visione del pubblico, che ammira ed ama gli artisti per quel che valgono, quale che sia il colore della pelle e la religione. Negli anni del razzismo profondo degli Stati Uniti, moltissimi artisti di colore, grazie alle loro qualità, si sono fatti strada nel cuore e nella mente degli americani e degli europei bianchi, che li hanno accettati e apprezzati oltre ogni diversità, contribuendo al naturale processo di integrazione, senza imposizioni delle giurie dello show business. E nell’Occidente di oggi il rispetto e l’accettazione di ogni diversità appaiono consolidati. Certo, l’integrazione socioculturale può essere ancora implementata, l’uguaglianza tra gli uomini può essere ulteriormente ribadita. Ma serve a poco, e può essere controproducente sul piano dell’uguaglianza percepita, rimarcare valori e principi largamente condivisi, quando bisogna piuttosto operare affinché l’integrazione e l’uguaglianza sostanziale siano praticate in concreto, nei confronti delle fasce emarginate dei “diversi” come degli “uguali”.