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Perché il voto in Sardegna non va sopravvalutato. La versione di Scotti

É presto per tracciare un bilancio definitivo. Il voto in Sardegna può semmai tracciare una direzione, che puó essere confermata o ribaltata da un appuntamento ben più decisivo: le elezioni europee di maggio. “Lo scrutinio é stato lento, così deve essere anche l’analisi del voto”. Vincenzo Scotti tira il freno a mano. Presidente della Link Campus, giá ministro Dc dell’Interno e degli Esteri, spiega a Formiche.net perché non bisogna sopravvalutare il responso delle urne regionali.

Quale bilancio si può fare del voto sardo?

Il voto conferma che siamo in una fase di transizione dalla quale emergerà un assetto radicalmente diverso da quello che ha portato alla realtà esistente prima del 4 marzo. Cosí come é stata lenta la lettura dei voti, altrettanto ponderata dovrà essere l’analisi degli stessi perché è facile cadere in schematismi tradizionali.

Il Movimento 5 Stelle parla di un buon risultato, ma i numeri non mentono: le regionali si confermano un tallone d’Achille dei grillini…

I dati sono abbastanza chiari, tanto più se letti alla luce di un equilibrio nazionale in formazione. C’è una tendenza aggregativa su quello che noi definiamo il centrodestra, e questo trend si è consolidato nel corso delle recenti elezioni. É ancora presto per poter dire se questa tendenza darà vita a una nuova forza di governo.

I pentastellati pagano l’assenza di leader con appeal sul territorio?

Bisognerebbe leggere con molta attenzione il dato territoriale, capire quanto ha pesato il gioco dei piccoli gruppi. Anche fra le altre forze politiche non esiste sul territorio un leader che abbia aggregato consensi sulla base di un forte coagulo.

Il centrodestra dunque esiste anche alle urne?

Per il momento siamo di fronte ad una tendenza aggregativa sulla destra dello schieramento. In Sardegna questo fenomeno è anche più accentuato che in Abruzzo.

Il risultato della Lega é indiscutibilmente buono. I numeri peró dimostrano che l’autonomia dai Cinque Stelle é ancora lontana..

La Lega, specialmente al centro-sud, è ancora una summa di disgregazioni sul territorio. Il voto in Abruzzo e Sardegna evidenzia una tendenza aggregativa su una parte dello schieramento politico, però questa è ancora molto fluida perché si tratta di uno schieramento estremamente frammentato…

Quali saranno a suo parere gli effetti di queste elezioni locali sulla tenuta del governo?

La fase di transizione dalla fine di Renzi ad oggi é ancora magmatica. I Cinque Stelle non vogliono coalizioni, puntano a governare da soli e a mantenere un’immagine autonoma, di conseguenza non riescono ad aggregare altre frammentazioni. La Lega è brava a costruire un raggruppamento di frammentazioni. É presto per dire quale sarà la tattica vincente. Le elezioni europee offriranno un’altra angolatura per leggere la situazione politica italiana.

Il risultato ottenuto da Zedda conferma la crescente irrilevanza del marchio Pd per i candidati territoriali di sinistra…

Non esiste una proposta del Pd, anche questa é una forza politica che non ha ancora identità ed è il risultato di più frammentazioni, anche se resterà protagonista nel prossimo futuro.

Ma allora aveva ragione Renzi a proporre i comitati civici?

I comitati civici sono una scimmiottatura dal passato. Non è quella la strada per ricomporre la sinistra, serve solo a guadagnare voti e stare nell’area di governo. L’elenco di liste in Sardegna non può costituire una base robusta per una nuova proposta nazionale.

Immagino dunque bocci anche l’idea, sempre più di moda, di un nuovo partito cattolici. Siamo al già visto?

Siamo al non visto (ride, ndr). Credo che la crisi della Chiesa italiana sia evidente e che non possa essere affrontata sul versante politico elettorale. I cattolici devono contare nella società italiana per una forza morale e culturale come quella auspicata da De Gasperi e Sturzo.

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