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I sindacati sono tornati in campo e non hanno intenzione di demordere

La grande manifestazione di Cgil, Cisl e Uil di questa mattina a Piazza San Giovanni a Roma è stata un segnale chiaro e forte al governo: può apparire rituale affermarlo, dopo aver visto 200mila persone nella storica area dei raduni sindacali e della sinistra nella capitale, ma la verità non può essere nascosta ed è auspicabile che non se la nascondano a Palazzo Chigi e negli altri ministeri chiave, da quello allo Sviluppo economico all’Interno.

Chi nel governo aveva puntato negli ultimi mesi sul silenzio o sui balbettii dei sindacati sulle misure governative in materia di sviluppo, mercato del lavoro, reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni dovrà ricredersi: le grandi organizzazioni dei sindacati storici – che vantano quasi 12 milioni di iscritti – sono tornate in campo e non hanno intenzione di demordere sin quando non conseguiranno i risultati attesi.

Hanno sfilato lavoratori, pensionati, giovani e disoccupati provenienti da tutte le regioni italiane, e con loro i lavoratori dell’oil&gas della Romagna, ma anche della Basilicata e della Sicilia sud occidentale che rischiano di essere colpiti duramente dal deprecato emendamento “blocca trivelle” che potrebbe scardinare l’intero comparto estrattivo ed impiantistico dell’off-shore nazionale, a vantaggio di quelli della concorrenza croata e di altre aree del Mediterraneo.

Peraltro lo scenario macroeconomico in cui si colloca questa nuova imponente manifestazione sindacale è segnato dalla caduta della produzione industriale nel dicembre 2018 – la più grave dal 2012 – dalla risalita dello spread, dalle previsioni ormai prevalenti ad ogni livello sulla modestissima crescita del Pil nell’anno in corso e dalle polemiche infinite sul blocco della Tav sulla linea Torino Lione e di altre grandi opere.

La situazione economica dunque si sta facendo sempre più cupa e se il governo Conte non riuscirà ad imprimere una sterzata brusca al trend economico nazionale si accentueranno le difficoltà provenienti anche dall’estero per la nostra economia.
Lo comprenderanno al governo, i cui leader sono impegnati ogni giorno in scontri verbali continui con alcune diplomazie estere, scontri che in realtà puntano ad occultare la debolezza complessiva della legge di Bilancio approvata a fine anno e che avrebbe bisogno già di una accurata rivisitazione con una manovra correttiva?

E non è significativa la presenza a Piazza San Giovanni anche di dirigenti della Confindustria romagnola impegnata nei lavori di estrazione e di costruzione di piattaforme petrolifere – che sono un vanto internazionale della nostra ingegneria di settore – e che ora corrono il rischio di essere spazzate via nel giro di pochi mesi se verranno interrotti gli investimenti previsti nelle attività di prospezione e di estrazione in Alto Adriatico e nell’Italia meridionale?

Il presidente della Confindustria Boccia nelle scorse settimane ha dichiarato che subito dopo la manifestazione di quest’oggi avrebbe proposto alle organizzazioni sindacali di riprendere un lavoro comune per giungere a piattaforme unitarie da presentare al governo. Questo significa che incomincia a saldarsi una tenaglia fra Confindustria e sindacati confederali che potrebbe presto costringere l’esecutivo o ad imprimere la svolta richiesta alla politica economica o – anche prima delle elezioni europee di fine maggio – a rassegnare le dimissioni. È chiaro tutto questo a Conte, Salvini e Di Maio?


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