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Pinuccio Tatarella appartiene a tutti. Il ritratto dell’uomo social e artigiano della politica

La passione politica consiste nel credere in ciò che si fa, nell’amare la politica sia quando si è vice presidente del Consiglio sia quando si passa la notte a stampare un volantino in una sezione, la politica come battaglia per affermare le proprie idee, la politica con spirito di parte necessario a comporre quel tutto che poi è la vita democratica. Ecco, Tatarella era un uomo che aveva una grande passione politica, una passione politica che si forma in chi sale l’edificio anche del potere, degli onori, partendo dallo scantinato; ad ogni piano che sale sa che domani potrebbe ridiscendere quelle scale, ma questo non spezzerebbe la sua passione.”.

Sono già passati vent’anni dalla scomparsa di Pinuccio Tatarella, e, tra le tante, questa definizione di Massimo D’Alema, all’epoca presidente del Consiglio, espressione del Pci e suo avversario, rispecchia più di ogni altra la vera essenza del Pinuccio politico, amministratore, uomo e giornalista.
In occasione del Ventennale della sua scomparsa la Fondazione An, partito da lui fondato, e la Fondazione Tatarella, fortemente voluta dal fratello Salvatore, hanno promosso venerdì 8 febbraio alle ore 11.00, alla Sala della Lupa della Camera dei Deputati un convengo con alcuni dei protagonisti di quella stagione politica come Gianni Letta, Roberto Maroni, Luciano Violante.

In questi venti anni la politica è cambiata profondamente: i comizi, la colla dei manifesti, i volantinaggi per le strade sono un ricordo antico.
Di Tatarella è sempre stata sottolineata la lungimiranza, la capacità di andare oltre gli schemi, dialogando anche con le parti avversarie. Pinuccio Tatarella era un uomo semplice e semplici erano i valori e le abitudini che ha conservato anche durante le più alte cariche istituzionali: giocava a carte a Bari vecchia con amici e passanti, girava senza scorta anche dopo un attentato fallito di stampo mafioso che gli aveva indirizzato una bomba, preferiva il contatto diretto con la sua gente, a prescindere dalle ideologie.

Per questo è difficile immaginarlo oggi, nell’era dei social network, mentre digita un post; fedele com’era alla sua macchina da scrivere dalla quale sono nati giornali e riviste per mano sua per divulgare cultura e politica. Una passione, quella del giornalismo, ma anche uno strumento in cui credeva molto per formare le nuove generazioni.

Ma è stato proprio quel suo modo di fare, sempre spontaneo, imprevedibile e a volte irriverente, a fare di Pinuccio un uomo “social” prima ancora che i nuovi mezzi di comunicazione e diffusione della politica sostituissero il modo di interpretarla. In questa giornata particolare, in cui si rinnova il ricordo da parte delle Istituzioni e del mondo politico in generale, il dolore dei parenti e degli amici, è giusto chiarire alcuni aspetti.

Pinuccio Tatarella appartiene a tutti. A destra, a sinistra, a chi l’ha conosciuto e a chi ne ha solo potuto osservare i comportamenti o semplicemente sentito parlare. Pinuccio appartiene alla storia politica del nostro Paese, non solo a quella della destra italiana da cui proviene, e a quella del centrodestra italiano, che per primo ha immaginato tanto da esserne inserito nel Pantheon delle figure di riferimento politico e culturale. Se è vero, come è vero, che la politica sta nella buona amministrazione e nel realizzare qualcosa per la propria gente, Tatarella, può essere considerato, a pieno titolo, un punto di riferimento e un esempio da seguire.

Orgogliosamente espressione del suo territorio, è stato un vero e proprio “artigiano della politica”, fondatore di giornali, ideatore di dibattiti, convegni e iniziative culturali. “Non si può governare un paese senza amare la sua gente e la sua terra”, era solito asserire. Ha lasciato un segno tangibile anche della sua azione politica da assessore alle Culture del Comune di Bari, fino alla costruzione del più moderno Ospedale pugliese, quello di Cerignola, che dal governo fece finanziare e che non a caso è, oggi, a lui intitolato.

Il suo percorso non è stato né facile, né veloce; è stato raggiunto con umiltà, perseveranza, impegno, tenacia e passione, insieme alla cultura, alla competenza, alla lealtà e alla lungimiranza. Tutte queste doti e caratteristiche che mancano alla politica di oggi hanno fatto di quel giovane proveniente dalla “rossa” Cerignola e che per decenni aveva combattuto nelle strade e nelle piazze di Bari una solitaria battaglia politica, un uomo che ha contribuito in modo decisivo e incisivo alla nascita di una destra democratica nel nostro Paese e al superamento di vecchi steccati ideologici tipici del Novecento.

Profetiche e veritiere furono le parole di Luciano Violante pronunciate tanti anni fa: “Tatarella ci ha insegnato la differenza tra morire e finire. Grazie alla sua personalità generosa e alla sua frenetica attività politica a distanza di tanti anni molti ancora lo ricordano e la politica a lui fa sempre costante riferimento. Ecco perché Tatarella è morto, ma non è finito”.


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