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Sulla Tav siamo al gioco dell’oca, ma il dazio da pagare è altissimo

tav, Torino

Proprio come accade con il gioco dell’Oca: se arrivi nella casella sbagliata torni al punto di partenza. La mozione presentata dai capigruppo alla Camera M5S (Francesco D’Uva) e Lega (Riccardo Molinari) e votata oggi a maggioranza, segna il ritorno al contratto di governo – “ridiscutere integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo Italia e Francia” – e riabilita l’analisi costi e benefici della commissione guidata da Marco Ponti, sui cui risultati abbiamo espresso riserve alcuni giorni fa.
Proprio come con il popolare gioco dell’Oca si fanno molti passi indietro tornando all’inizio della partita, ma stavolta il dazio da pagare è altissimo e riguarda la reputazione e la credibilità dell’Italia.

Se dal punto di vista politico la mozione ha un unico obiettivo, che è quello di evitare alla maggioranza di farsi dividere dall’opposizione, simbolicamente testimonia all’Europa e al mondo che l’Italia è incapace di prendere delle decisioni strategiche per non mandare in frantumi l’anomala alleanza di governo.

E l’incertezza e l’indecisione per i mercati sono la peggiore delle medicine, soprattutto se il malato non è più immaginario ma ormai giace privo di sensi al letto. E non ha più voglia di rialzarsi perché l’indice di fiducia delle imprese italiane, quelle di costruzioni in primis, è ai minimi termini.

Il crollo della produzione industriale e la fase di recessione acuita dalla difficoltà della Germania (il principale mercato in Europa per l’export italiano) non fanno presagire nulla di buono nei prossimi mesi.

Nella mappa dei Rischi internazionali l’Italia ha un valore di 46 su 100, un dato che è il peggiore in Europa ed è molto vicino ai Paesi africani e a quelli del Sud America. Investire in Italia, insomma, non è conveniente, perché i tempi non sono certi e l’alea di rischio è troppo elevata. E oggi lo è ancora di più.

La scelta della maggioranza di non decidere non fa tornare solo le lancette dell’orologio indietro, ma conferma che di questa Italia non solo l’Europa ma tutto il sistema globale deve cominciare a diffidare.

Alcuni mesi fa scrissi che il dibattito sulle trivelle e sulla Tav costituivano un ulteriore tassello negativo che stava rischiando di minare la credibilità e la reputazione del nostro Paese. La mia preoccupazione, dissi allora, è che per evidenti ragioni politiche su questi temi non si sarebbe presa alcuna decisione in un verso o nell’altro, lasciando investitori, imprese e territori in un limbo che è la metafora dell’Italia, dove la responsabilità di decidere è un cerino troppo ingombrante. Ma la globalizzazione non è paziente.


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