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Anche un report Onu dice che Kim non rinuncerà al suo programma atomico

kim trump

Man mano che si avvicina il prossimo incontro tra Donald Trump e Kim Jong-un l’interesse sul dossier nordcoreano torna a crescere. Il meeting è previsto per fine febbraio, probabilmente in Vietnam – nelle prossime ore avremo più dettagli (lo ha annunciato Trump) – e le diplomazie di Stati Uniti e Corea del Nord, ma anche di Corea del Sud, Giappone e Cina, sono in piena attività (domani, per esempio, l’inviato speciale della Casa Bianca, Stephen Biegun, sarà nella capitale del Nord per incontrare il suo omologo e pianificare dettagli del meeting). Nel frattempo però, analisi e report cercano di mettere in guardia il presidente americano lanciato verso la possibilità di chiudere un accordo con il satrapo di Pyongyang, sfruttando “la chimica” personale che s’è costruita tra i due nell’ultimo anno – prima, ha recentemente ricordato Trump, eravamo sul punto di dichiarargli guerra per via dell’evoluzione rapida del programma nucleare e i continui test provocatori del Nord, ora ci sediamo insieme al tavolo.

Ieri sono stati pubblicati (fonte: Reuters) stralci del report confidenziale con cui un gruppo di esperti incaricato dal Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite annualmente tira le somme sullo stato di attuazione del sistema sanzionatorio imposto alla Corea del Nord. E il risultato conferma quello che diversi altri analisti – ultimo in ordine di tempo il capo delle intelligence statunitensi – dicono da diverso tempo: Pyongyang non sembra intenzionata a rinunciare al suo deterrente nucleare. O almeno, non vuole farlo nei termini previsti dall’idea americana, che vorrebbe una denuclearizzazione completa come base per avviare contrattazioni.

Pyongyang chiede l’eliminazione delle sanzioni che stanno sfiancando la sua economia, sanzioni imposte sia unilateralmente dagli Stati Uniti sia in ambito onusiano, ma nessuno intende fare il primo passo senza garanzie sul programma atomico. Secondo quanto dichiarato da Biegun, nei contatti precedenti con il segretario di Stato americano il regime si è impegnato a smantellare e distruggere il suo plutonio e le sue strutture per l’arricchimento dell’uranio in cambio di “misure corrispondenti” da parte di Washington. Biegun ha detto che in questi giorni si parlerà della consistenza di quelle misure, ma è evidente che questo genere di documenti sulla malafede del Nord mettono pressione e complicano la situazione.

Gli analisti dell’Onu mettono nero su bianco denunce già espresse da istituti privati, e scrivono che – nonostante l’amministrazione Trump abbia fatto “enormi progressi” nel dialogo col Nord – il regime nordcoreano sta utilizzando “infrastrutture civili, inclusi aeroporti, per l’assemblaggio e il collaudo di missili balistici, al fine di prevenire efficacemente attacchi mirati (gli eventuali decapitation strikes, ndr) contro il ristretto numero di siti balistici e nucleari noti” alla comunità internazionale. Nei mesi scorsi sono usciti altri studi che dicevano: la Corea del Nord sta nascondendo molti – venti? – siti nucleari dalle liste fornite, li tiene camuffati per poter continuare clandestinamente la sua programmazione atomica militare mentre si siede al tavolo delle trattative con Trump.

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