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Incontri regionali, conflitti continentali. Perché l’Ue dovrà trattare con la Turchia

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Le divergenze fra Turchia e Grecia possono essere risolte pacificamente, sostiene il presidente della Repubblica turca, Recep Tayyip Erdogan. Ma le sue dichiarazioni danno adito a più di una perplessità e questo per tre motivi.

Il primo è che la visita di Erdogan ad Atene, quella che avrebbe dovuto porre le premesse per una soluzione pacifica nelle dispute sulle acque territoriali nell’Egeo, si era conclusa con un fiasco clamoroso e più di un momento di tensione con il premier, Alexis Tsipras. Il secondo è che la posta in gioco è troppo alta e il terzo che quando i turchi parlano di “mediazione” o “compromesso”, è implicito che le controversie si risolvano come dicano loro.

Un mindsetting e un modo di intendere le relazioni internazionali che fino a questo momento, con altri interlocutori, è bene sottolinearlo, non gli ha portato grandi risultati. Eppure l’Europa sembra ancora non avere imparato la lezione, e sta facendo fare a Erdogan quello che vuole. E se si conta che il presidente continua a parlare di revisione del Trattato di Losanna, quello che vuole per Atene e l’Occidente potrebbe essere un prezzo davvero troppo altro.

Erdogan questo lo sa bene e sa bene che, per il momento, può permettersi di giocare a fare la parte del più forte. Quindi, se da una parte il leader turco parla di “possibile soluzione pacifica”, dall’altra le sue navi da guerra continuano a presidiare le acque intorno a Cipro, sotto i cui fondali si celano giacimenti di gas che potrebbero rivelarsi piuttosto ingenti e sui quali in molti vorrebbero mettere le mani.

Sarebbe una situazione esplosiva già così, se poi agli appetiti internazionali si aggiungono dispute che l’Europa ha trattato come problemi regionali, ossia la situazione dell’Isola di Cipro, spaccata in due dal 1974.

Quello che Tsipras sta cercando di fare è chiudere un accordo con la Turchia, che permetta tanto al blocco di cui fa parte Atene, dove ci sono anche Egitto e Israele, quanto a quello di cui fa parte Ankara. Ma non è facile. La mezzaluna sa di avere le spalle coperte dalla Russia, il premier ellenico ha meno margini di manovra e soprattutto un grande handicap di partenza. Qualsiasi mossa compirà, per la Grecia sarà comunque una sconfitta, almeno alla luce dei trattati internazionali che la Turchia non ha mai sottoscritto.

La certezza, non solo da parte greca, ma di tutta la cordata dietro ad Atene, è che il rischio di conflitto con Ankara potrebbe trasformarsi in un punto di non ritorno per tutto il Mediterraneo. Sembra sempre più evidente che con la Turchia si debba trattare. Il problema è che non si è ancora capito in che modo.

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