Non solo Trieste. C’è anche il porto di Palermo nelle mire del governo cinese. Lì è atteso nel week end il presidente Xi Jinping dopo la sua tappa romana. Sul piatto un corposo investimento di un fondo di Shanghai per trasformare il capoluogo siciliano in un grande hub per il Mediterraneo. Poi c’è il 5G, e anche lì i cinesi vogliono entrare, come annunciato dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando. “Ben vengano gli investimenti”. Gianfranco Micciché, presidente dell’Assemblea regionale siciliana in quota Forza Italia, è più che ottimista. Gli americani non si preoccupino, confida a Formiche.net, la Sicilia non vuole svendersi ai cinesi ma chi porta soldi e infrastrutture è sempre gradito.
Da settimane imperversa il dibattito sulle mire dei cinesi per l’Italia. Anche l’Europa, dopo gli Stati Uniti, ha assunto una posizione scettica. E la Sicilia? Sono più i pro o i contro degli investimenti made in China?
I pro sono potenzialmente infiniti, non spetta a me elencare i contro. D’altronde la posizione europea nei confronti della Cina non si decide certo a Palermo. È ovvio che la concorrenza dei cinesi in Europa ha un costo.
Quale?
Si chiama democrazia e da quelle parti è molto blanda. In un sistema democratico gli imprenditori non possono licenziare arbitrariamente i dipendenti, devono pagare il tfr, e rispettare garanzie che sicuramente in Cina non ci sono. Poi c’è l’altro lato della medaglia, che mi trovai ad affrontare quando ero ministro per lo Sviluppo: le aziende cinesi fanno un prezzo inferiore al nostro, i prodotti italiani costano molto di più, anche questo è un problema.
Si parla di un investimento rilevante dei cinesi nel porto di Palermo. È una buona notizia?
Diciamo le cose come stanno, l’investimento del fondo di investimento di Shanghai nel porto di Palermo è una cosa seria. Quando è stato presentato in una riunione con i presidenti di Regione e Assemblea e il sindaco di Palermo è stato approvato all’unanimità. Per il momento rimane sulla carta, è ancora tutto da costruire.
Ci sono dei paletti da porre alle partecipazioni cinesi?
Un takeover non è neanche in discussione. Si tratta di una importante partecipazione di un fondo cinese che farebbe di Palermo un hub cruciale del Mediterraneo. Dopo l’allargamento del Canale di Suez è aumentato notevolmente il traffico di grandi navi container che purtroppo oggi il porto di Palermo non può ricevere. Ci sono dozzine di società marittime in cerca di un porto comodo nel Mediterraneo che abbia piattaforme logistiche in grado di ospitare enormi quantitativi di merci, il porto di Palermo può essere il candidato naturale a divenire il perno di queste rotte.
Eppure dal governo c’è chi invoca il golden power per vagliare il denaro cinese…
Non penso che per la Sicilia si renderà necessario l’uso del golden power. Nessuno vuole svendere Palermo. Se lo Stato italiano avesse voluto bloccare gli investimenti cinesi avrebbe dovuto fermare in tempo l’acquisto di Inter e Milan (ride, ndr).
Mi sembra piuttosto ottimista. Che dire invece del piano per il 5G made in China annunciato dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando? Non è un rischio aprire la banda larga ai cinesi in una regione che ospita una importante base americana come Sigonella?
L’investimento sul 5G ha un impatto tecnologico ma sul piano economico è molto meno rilevante rispetto agli investimenti nel porto. Sinceramente non credo che un investimento cinese sia propedeutico a uno scontro con gli americani. La Sicilia è una terra dove è passato chiunque, non ci sentiamo di dover scegliere fra americani, cinesi o russi, chiunque porti investimenti e ricchezza è il benvenuto.
Darà in persona il benvenuto al presidente Xi?
Saluterò con la massima cortesia il presidente Xi Jinping. Anzi, abbiamo anche pronto un regalo.
Di che si tratta?
Gli regaleremo un meraviglioso pupo siciliano che rappresenta Angelica, la splendida fanciulla che fa litigare tutti i paladini di Francia nell’Orlando. Dopotutto Angelica viene dal Catai, e dunque è cinese. La restituiremo ai legittimi proprietari…