Il Parlamento europeo “esprime profonda preoccupazione” sui rischi per la sicurezza informatica derivanti dalle reti 5G sviluppate da società cinesi e lancia un monito agli Stati membri affinché ci sia “una risposta coordinata dell’Ue”. E’ la posizione espressa con una risoluzione presentata dai gruppi Alde, S&D, Ppe e Verdi e approvata per alzata di mano dalla plenaria. Gli eurodeputati invitano gli Stati membri perche’ si “astengano dall’introdurre misure unilaterali sproporzionate che frammenterebbero il mercato unico”
Una proposta di risoluzione che vede coinvolta molto da vicino l’Italia, in un clima di grande attenzione e tensioni internazionali circa i piani espansionistici di Pechino, che toccano tanto l’aspetto tech, soprattutto in relazione allo sviluppo del 5G, quanto quello geopolitico, con la Belt and Road Initiative (Bri), il grande progetto con cui la Repubblica Popolare intende creare un’infrastruttura con cui collegare il territorio cinese con l’Eurasia.
IL SENSO DELLA PROPOSTA
Nel testo si rileva come i progressi nelle telecomunicazioni (comprese le reti superveloci di nuova generazione) apriranno la strada a una vasta serie di servizi e innovazioni che hanno il potenziale per rilanciare l’economia europea. Tuttavia, sottolinea il documento, la protezione delle informazioni sensibili e la salvaguardia da minacce informatiche esterne sono precondizioni per garantire la sovranità tecnologica dei cittadini europei alle quali non si può derogare. Garantire la sicurezza informatica per il 5G, prosegue il documento – riprendendo così i timori sollevati più volte in queste settimane dagli Stati Uniti, che chiedono agli alleati del Vecchio continente di valutare attentamente i rischi connessi all’adozione di tecnologia made in Cina, soprattutto quella dei colossi Huawei e Zte – rappresenta “una nuova e complessa sfida a causa della natura virtualizzata e decentralizzata” di queste reti. L’Ue, riconosce la proposta, deve in questo senso “colmare il gap di cyber security nelle sue infrastrutture critiche” (c’è stata la Nis e sempre oggi si vota l’accordo raggiunto con i ministri Ue sul regolamento sulla sicurezza informatica) e non può affidare il compito di rendere sicure queste reti ai singoli produttori o operatori di sistema, ma necessita “di un’azione coordinata efficace da parte di tutte le autorità nazionali e internazionali competenti”.
IL RUOLO DELLA CINA
Ciò premesso, il testo sottolinea “che una maggiore presenza di fornitori di tecnologia cinesi e di altri Paesi terzi è divenuta evidente nel mercato Ue 5G, in particolare delle imprese statali o delle imprese prive di trasparenza”, con un riferimento preciso al dibattito corrente e alle accuse dell’amministrazione americana che vede nelle telco cinesi dei possibili veicoli di spionaggio a beneficio della Repubblica Popolare), e cita quanto emerso circa i rischi che ciò possa accadere in Europa. Per questo, lamentando inoltre una assenza di reciprocità nell’accesso ai rispettivi mercati, di norme internazionali e chiedendo maggiore trasparenza, la proposta “ritiene urgente affrontare le possibili minacce alla sicurezza tecnologica poste dall’attuale penetrazione nel mercato dell’Ue dei venditori stranieri, compresa la Cina” e sottolinea “che lo spiegamento e la commercializzazione del 5G dovrebbero essere condotti in conformità del principio di precauzione”. Invita pertanto la Commissione e gli Stati membri a creare un ambiente favorevole all’innovazione per i venditori dell’Ue per lo sviluppo di nuovi prodotti, servizi e tecnologie, nonché a cooperare strettamente nell’attuazione della strategia dell’Ue in materia di sicurezza informatica e a combinare misure Ue e nazionali (come la certificazione) al fine di ridurre al minimo il rischio di interruzioni della sicurezza e violazioni dei dati lungo l’intera catena del valore. Mentre chiede al Consiglio “di considerare positivamente la riapertura delle discussioni sulla nuova proposta riveduta della Commissione sulla procedura che limita l’accesso di prodotti stranieri al mercato degli appalti dell’Ue in cui vi è una mancanza di accesso reciproco”.