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Algeria, tutte le strade per l’uscita di scena di Bouteflika

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La cesura è ormai insanabile. Il regime Bouteflika prende le distanze dallo stesso Bouteflika. Tentando di espellerlo attraverso l’arma costituzionale. E la questione non ruota più attorno al “come” ma al “quando”. Con quali tempi l’Algeria potrà entrare ufficialmente nel periodo di transizione, proposto dallo stesso ottuagenario presidente, in un estremo appello alla nazione.

È di queste ore la notizia che Ahmed Ouyahia, primo ministro fino all’11 marzo scorso e leader del partito algerino Raggruppamento Nazionale Democratico (Rnd), secondo partito del paese e principale alleato del Fronte di liberazione nazionale di Bouteflika, ha chiesto oggi le dimissioni del presidente algerino.

L’annuncio segue di poche ore l’appello lanciato dai vertici militari per avviare una procedura di empeachment. Solo ieri, il capo di Stato maggiore e vice-ministro della Difesa dell’Algeria, Gaid Salah, aveva affermato che il presidente Bouteflika dovrebbe essere deposto in virtù dell’articolo 102 della Costituzione, secondo cui la presidenza può essere considerata “vacante” in caso di malattia grave e duratura del capo di Stato.

Ma cosa accadrebbe se fosse lo stesso Bouteflika a dimettersi? Secondo il comma 4 dello stesso articolo, ci sarebbe un’importante accelerazione temporale. Il caso di dimissioni, la nuove elezioni presidenziali sono organizzate in 90 giorni contro i 135 giorni contemplati in caso “d’empêchement”. Secondo Jaune Afrique, Ouyahia avrebbe fatto preciso riferimento a questa prospettiva temporale nel foglio di rotta presentato all’Algeria tramite il comunicato stampa diramato in queste ore.

Un nuovo colpo di scena, dunque, dopo la sortita di Salah, che è anche viceministro della Difesa ma che soprattutto incarnava, fino a poche settimane fa, il braccio armato di Bouteflika. È lui il protagonista del discorso pubblico trasmesso in tv da una base militare nel desertico centro del Paese, aprendo alle rivendicazioni di piazza del venerdì che hanno preso inizio lo scorso 22 febbraio, non solo ad Algeri: “Dobbiamo trovare una via d’uscita dalla crisi immediatamente” mantenendosi nel “rispetto delle disposizioni della Costituzione” ma accogliendo le “rivendicazioni legittime” dei manifestanti.

Oggi, l’annuncio di Ouyahia getta un’ombra ulteriore sul futuro prossimo del paese che chiede in via definitiva l’abbattimento del “système” di cui Ouyahia, come ricorda con puntualità la stampa, fa parte da decenni, avendone ricoperto il ruolo di capo di governo per ben quattro volte (1995-1998, 2003-2006, 2008-2012, 2017-2019).

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