“Dobbiamo pensare prima ai nostri interessi nazionali, non è una questione di avversità nei confronti dei cinesi. Il nostro governo avrebbe tutti gli elementi utili per essere più attento, al Copasir abbiamo già avviato un’indagine conoscitiva”. Adolfo Urso, vicepresidente del Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica e senatore di Fratelli d’Italia, è preoccupato per l’eccessiva apertura data dall’esecutivo alle imprese cinesi sia in tema di cybersecurity che per le infrastrutture.
Gli americani sono preoccupati dalla crescente influenza cinese nel nostro Paese.
Non abbiamo bisogno di allarmi provenienti dall’estero, che vengano dagli Usa o dall’Ue, bastano quelli degli esperti delle nostre istituzioni. Anche la relazione presentata al Parlamento dal nostro comparto intelligence parla chiaro. Sembra però che il governo non ne voglia tenere conto.
Si tratta comunque di investimenti che possono favorire l’Italia. Non trova?
Se fosse solo un’apertura di carattere commerciale non ne sarei preoccupato, invece la svolta impressa da questo governo sembra piuttosto una politica di sudditanza a Pechino. Ormai su troppe questioni siamo allineati alle posizioni cinesi: il caso Maduro è eloquente, mentre tutti gli altri Paesi europei hanno votato per una risoluzione per riconoscere Guaidò, noi ci siamo isolati mettendoci sul versante opposto.
Anche la Grecia ha votato come l’Italia…
Le sembra un caso? Guarda caso la Grecia ha ceduto il porto del Pireo ai cinesi, in alcuni casi il governo ellenico ha chiuso gli occhi persino su episodi riguardanti i diritti umani arroccandosi in difesa della Cina. Ecco perché parlo di sudditanza.
Intanto tra due settimane arriverà a Roma il presidente cinese Xi Jinping, fa bene il governo a stringere relazioni con il colosso asiatico?
Prima del suo arrivo, con il nostro partito, faremo un meeting sui rapporti tra Italia e Cina e su come tutelare i nostri interessi nazionali. Abbiamo tre importanti dossier in campo. Il primo riguarda il confronto globale per la supremazia mondiale sul controllo delle reti della conoscenza e, anche al Copasir, abbiamo aperto un’indagine conoscitiva sulle fibre ottiche e la gara per il 5G. Il secondo dossier riguarda la cosiddetta via della Seta di cui l’Italia è il terminale. Naturalmente noi siamo uno snodo geografico, culturale, marittimo e ferroviario di un lungo tragitto che termina proprio verso il nel Paese e verso il Mediterraneo. Il terzo dossier riguarda la vendita online, fino ad oggi noi europei abbiamo utilizzato il loro portale Ali Baba per vendere i nostri prodotti, ora invece sono loro che stanno costruendo un’importante piattaforma europea per vendere le loro merci in Europa. E su questo bisognerà essere molto attenti sulle politiche della fiscalità.
Sono investimenti ostili secondo lei?
Questo lo appureremo anche al Copasir, nei prossimi giorni sentiremo i principali membri del governo. Di certo gli allarmi dell’intelligence sono stati messi nero su bianco anche nell’ultima relazione consegnata alle Camere. Nel breve periodo certi investimenti possono portare dei vantaggi, ma nel lungo periodo corriamo fortissimi rischi per la nostra sicurezza nazionale. All’ultimo G20 a Buenos Aires, Trump ha voluto siglare un documento parlando di ‘commercio equo e libero’, prima equo e poi libero. L’Ue dovrebbe prendere esempio perché senza equità non ci può essere una vera competizione. Penso proprio alle imprese cinesi che sfruttando aiuti di Stato competono slealmente.
Qualche tempo fa lei aveva annunciato l’avvio di una commissione straordinaria per indagare sulle acquisizioni sospette di aziende italiane da parte di società estere. A che punto è?
È sul tavolo, ma non è stata ancora esaminata dal Parlamento. Credo sia uno strumento indispensabile perché le nostre imprese che cadono una dopo l’altra in mani straniere mettendo in pericolo il nostro sistema produttivo. Serve approfondire questo tema per fare chiarezza e per consentire agli organi decisionali di individuare una politica economica ed industriale per restare in campo come uno dei grandi attori economici del mondo.