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Cina o Stati Uniti? Il governo scelga con chi stare. L’appello di Camporini

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Non solo business. Anche la sicurezza del Paese è chiamata in causa dal memorandum di intesa con la Cina firmato dal governo gialloverde. Dal 5G all’interoperabilità passando per gli accordi con i porti, tutto ciò da cui il governo alleato statunitense ci aveva messo in guardia è rimasto illeso nel testo finale, con buona pace di mesi di avvertimenti. Adesso inizia la fase attuativa, cioè la più delicata. “Serve cautela nei rapporti con questo Paese” ammonisce intervistato da Formiche.net il generale Vincenzo Camporini, vicepresidente dell’Istituto affari internazionali (Iai), già Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica e della Difesa.

Generale quali sono in concreto i rischi per la sicurezza sottesi al memorandum che abbiamo firmato con la Cina?

Non vedo particolari implicazioni per la sicurezza. Il settore militare è stato escluso dalle intese dal momento che è ancora in vigore l’embargo europeo per le armi a Pechino. Il vero problema riguarda piuttosto la sicurezza delle informazioni, la Cina è percepita come un competitor dalla Nato e un rallentamento nello scambio informativo con i nostri alleati può innescare una crisi di fiducia e creare danni non indifferenti.

Perché la visita di Xi è stata circondata da tanto scetticismo?

Servirebbe usare cautela nei rapporti con questo Paese. La Cina è in una fase di grande espansione politica prima ancora che territoriale, le sue forze armate si stanno trasformando in forze di proiezione e non solo di controllo del territorio. È bene ponderare con prudenza il nostro interesse nazionale con il loro, perché la Cina ha dimostrato che quando ci sono i suoi interessi nazionali in gioco si cura ben poco del diritto internazionale, la recente disputa sulle isole Spratly contese con le Filippine è un esempio eloquente.

A proposito di dispute, firmando il memorandum l’Italia ha sottoscritto la clausola sull’unità territoriale della Cina, compresi i territori contesi. È un segnale politico rilevante?

Da tempo noi abbiamo riconosciuto la Repubblica popolare cinese interrompendo le relazioni diplomatiche con Taiwan, sottoscrivere una clausola del genere all’interno del memorandum è uguale a ribadire che prendiamo atto delle ambizioni e posizioni cinesi. La questione di Taiwan d’altronde non è l’unica. Non dimentichiamo che a suo tempo il Tibet venne invaso e brutalmente colonizzato dalla Cina. Riconoscere questo status-quo fa parte del gioco.

Il testo del memorandum fa riferimento alle telecomunicazioni e all’interoperabilità. Tradotto: nessuna porta chiusa ai cinesi sul 5G, come invece gli americani ci hanno chiesto.

Non mi sorprende che l’attenzione degli americani si sia concentrata sul 5G. Questa tecnologia consente ai malintenzionati di ottenere una capacità di intercettazione dei dati senza precedenti. Ormai i rapporti internazionali si basano sullo scambio protetto di megadati. Se i gestori delle centraline e dei server principali hanno intenzioni malevole i sistemi informativi sono a rischio.

Ci sarà un contraccolpo nei rapporti con la Casa Bianca?

Difficile prevederlo, Trump è abituato a decisioni inattese, talvolta basate su semplici reazioni umorali. È chiaro che gli americani non sono abituati a sentirsi dire di no. A prescindere dalla reazione degli Stati Uniti, credo che il governo dovrebbe porsi di fronte a una scelta di fondo cui prima o poi sarà chiamato. A mio parere sarebbe miope preferire agli Usa la Cina, che è un sistema basato su principi organizzativi che non ci appartengono, una dittatura con un leader che non ha limiti alla sua permanenza al potere.

L’entrata delle aziende cinesi nelle infrastrutture critiche può rallentare come è successo in Turchia la trattativa per la vendita degli F-35?

Il caso turco è molto diverso, lì la vendita degli F-35 è impedita dall’acquisto da parte del governo di un sistema di difesa aerea russo, gli S-400, che rischia di compromettere la copertura dei dati. I problemi che l’Italia ha con gli F-35 sono altri e hanno poco a che vedere con la Via della Seta. Se un governo ritarda i pagamenti e non dice chiaramente cosa vuol fare non è affidabile.



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