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Commerzbank-Deutsche Bank, un’operazione utile ma con qualche ombra. Il commento di Messori

Il velo, alla fine, si è alzato. Commerzbank e Deutsche Bank, entrambe alle prese con dolorose ristrutturazioni, hanno iniziato a trattare la fusione con la quale mettere in sicurezza il sistema del credito tedesco, visto che si tratta rispettivamente del secondo e del primo istituto teutonico. Per Berlino, che dell’operazione è il primo sponsor (insieme al mercato visto che oggi i due titoli sono schizzati in Borsa, segno che gli investitori scommettono sulla fusione), si tratta di una soluzione industriale che migliore di così non poteva essere. Per almeno due ragioni.

Primo, il governo di Angela Merkel in questo modo potrà evitare il tanto temuto bail in con le perdite di Deutsche Bank (mezzo miliardo solo nel 2017) che invece di andare a gravare su obbligazionisti e azionisti si andranno a scaricare direttamente sui bilanci del nascente gruppo (o al massimo finiranno in una bad bank). Secondo, la Repubblica federale tedesca rimarrà azionista di riferimento (15,6% la quota in Commerzbank, di più se Berlino parteciperà all’aumento anche se al momento il governo ha smentito l’immissione di nuovi soldi pubblici) anche del gigante post fusione (il secondo in Ue dopo Bnp-Paribas, la capitalizzazione di mercato di Deutsche Bank è di 16,1 miliardi di euro, mentre quella di Commerzbank è di 8,9), portando a termine la nazionalizzazione del credito in Germania.

Il fatto è che se il governo tedesco dovesse decidere di disfarsi della sua partecipazione in Commerzbank prima della fusione con Deutsche Bank, andrebbe incontro a una forte perdita e una notizia del genere, tre mesi prima delle elezioni europee, sarebbe poco buona per la Cdu della Merkel. Altrimenti Berlino, ipotesi privilegiata, dovrebbe entrare come azionista nel merger, investendo ancora denaro e lasciando aperto l’interrogativo a Bruxelles se la mossa si configuri come aiuto di Stato. D’altronde, secondo calcoli di analisti tedeschi, l’operazione Commerzbank-Deutsche Bank richiederà fino a 15 miliardi di euro di capitale fresco di cui solo 2,3 miliardi di spettanza a Berlino.

Secondo Marcello Messori, economista e docente della Luiss, la fusione tra i due colossi del credito tedesco potrebbe non essere però quella panacea che si crede. Messori sembra sposare la tesi dei piccoli azionisti delle due banche, secondo la quale mettendo assieme due ragazzi sulle stampelle non si avrà un maratoneta. “Non sono sicuro che unendo due debolezze, visto che sia Commerzbank sia Deutsche Bank sono due istituti in evidente difficoltà, diano vita a qualcosa di forte e sano. Con questo non voglio dire che il progetto non sia interessante”, spiega l’economista a Formiche.net. “In questi anni Deutsche Bank ha agito un po’ in controtendenza rispetto alle grandi banche finite in crisi, soprattutto americane. Le quali da banche di investimento si sono piano piano concentrate sulle attività bancarie più tradizionali. L’istituto di Francoforte ha fatto invece il contrario. Per questo dico che oggi l’Ue ha bisogno di una grande banca di investimento, come quella che potrebbe nascere all’indomani della fusione. Ma ciò non vuol dire che l’operazione in sé sia vincente, anzi, ho dei dubbi e delle perplessità. Credo che per capirne qualcosa in più dovremo semplicemente aspettare il piano industriale propedeutico all’aggregazione”.

Su una cosa è certo Messori. La presenza dell’azionista pubblico in Commerzbank non è un problema per l’Europa, non fino ad ora almeno. “Sì, il governo tedesco è oggi azionista di riferimento di Commerzbank, ma questo non credo che rappresenti un problema. Perché le regole europee in questo sono chiare, l’intervento pubblico non deve violare la concorrenza, solo in quel caso si può valutare un intervento della commissione. In questo caso, se Berlino rimanesse azionista forte del nascente gruppo, certamente ci dovrebbero essere tutti i controlli del caso da parte delle autorità Ue, ma nei fatti ci sarebbe una certa continuità con il passato, visto che è già socio di Commerzbank. Difficile dunque vedere al momento una distorsione del mercato. In passato la Germania ha portato a termine dei salvataggi per mano pubblica ma sono state tutte scelte in continuità col passato e che, a quanto pare, non hanno provocato distorsioni di mercato. Ora, nel caso in essere, qualora ci fosse questa distorsione, allora certo l’Europa dovrà intervenire. Ma al momento non mi sembra ce ne siano le condizioni”.

 

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