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Costituzione, corti, Europa. Il dibattito al Cnel

giustizia, corti, fine vita

In un momento in cui l’abito delle istituzioni sovranazionali sembra essere diventato troppo stretto alle forze sovraniste che risiedono ormai nella maggior parte dei Paesi europei, il tema della tutela dei diritti aiuta a riallacciare la funzione complementare e ausiliaria della realtà europea rispetto a quella nazionale. Se nella fase costituente italiana i cittadini osservavano con sollievo l’ampliamento della sfera dei diritti individuali, lo stesso fenomeno in ottica europea non è stato compreso con la medesima chiave di lettura quando lo schema dei diritti si faceva sì più intricato, ma anche più profondo. Questo ha causato in molti il sentimento che la tutela dei diritti, disseminandosi anche in luoghi geograficamente più distanti, si stesse sbiadendo. Oggi, più che mai, è fondamentale sensibilizzare istituzioni e cittadini sulla dimensione di questo dibattito. In un contesto in cui ogni dinamica che abbia alla radice una prerogativa di natura europea rischia di essere vista con sospetto e scetticismo, solo l’apertura di un costruttivo confronto tra istituzioni può aiutare a uscire dal guado della diffidenza. Proprio a questo proposito, il 22 febbraio scorso, il Cnel ha ospitato un’importante discussione su Costituzioni, Corti e Unione Europea. All’evento ha preso parte un variegato panorama di giuristi come Giorgio Benvenuto, Felice Besostri, Cesare Pinelli e Roberto Chenal, è stato moderato da Luigi Trioani e concluso dal giudice Silvana Sciarra.

Un evento che si è tenuto con l’intento di fare chiarezza su quello che è percepito come un dilemma sulle competenze, che spesso ha portato alcune corti nazionali europee a entrare in contrasto con la Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte europea dei diritti dell’uomo. La dinamica conflittuale tra corti nazionali e sovranazionali valica quindi il contesto italiano e coinvolge molti Paesi europei. Ciò accade, almeno in parte, perché il rapporto tra corti è oggetto di una vera e propria distorsione, che è diffusa e radicata nel contesto europeo. Tale distorsione e deriva da un approccio alla natura del potere giudiziario che pone l’accento, forse troppo spesso, sull’autorità decisionale come punto di partenza, e non come strumento al servizio delle garanzie individuali. In breve, come ha rilevato Roberto Chenal, giurista presso la Corte europea dei diritti dell’uomo, quando si tratta di diritti fondamentali, si procede in prima analisi con la domanda “chi decide?”. Da questa prospettiva, laddove sussistono numerose fonti di diritto e corti preposte alla tutela, è fisiologico che il dibattito sfoci nella conflittualità su a chi spetti l’ultima parola. Così, spesso ci si dimentica che al centro della tutela dei diritti umani devono rimanere i diritti stessi e gli individui che ne sono i titolari.

Invece, ciò a cui si assiste è un vero e proprio paradosso. In un contesto di pluralità di diritti e molteplici tutele, i battibecchi tra le corti rischiano di compromettere l’effettivo esercizio delle garanzie dei diritti dell’individuo. Come riequilibrare questa contraddizione? Innanzitutto, è necessario un sano e costruttivo dialogo sull’argomento che esorcizzi quanto più possibile questo rischio. A tal proposito, come ha evidenziato il giudice della Corte costituzionale Silvana Sciarra, la creazione di numerose reti tra corti, come quella delle corti dei diritti dell’uomo, è un esempio virtuoso di dialogo istituzionale.

Questa prospettiva abbraccia l’idea che i diritti umani non hanno, oggi come in passato, carattere nazionale. E non hanno, di contro, nemmeno carattere sovranazionale, bensì multidimensionale, come ha sottolineato Francesca Bailo, docente di diritto costituzionale. Ciò dovrebbe suggerire agli addetti ai lavori che disposizioni nazionali ed europee in materia non solo si supportano a vicenda, ma si completano e allargano le prospettive di garanzie individuali. Senza considerare, inoltre, che il confronto tra corti si rende spesso necessario affinché la giurisprudenza si evolva, laddove sussistono inevitabili vuoti normativi, come ha osservato il giudice Sciarra.

La multidimensionalità dei diritti umani aiuta a comprendere il carattere strumentale delle corti, suggerendo, seppur banalmente, che la tutela vada aggiudicata da chi è nelle condizioni più favorevoli per farlo. Si rende necessario, così, che le diverse forme di garanzia confluiscano l’una nell’altra, creando una dialettica che vada oltre le erronee perplessità sulle presunte rinunce alla sovranità che aleggiano nel dibattito pubblico. Cesare Pinelli, professore di Diritto pubblico all’Università Sapienza, ha evidenziato infatti come la sovranità, più che abbandonata, è consapevolmente ceduta, a patto che lo facciano anche gli altri, in virtù di maggiori garanzie individuali. È un dibattito che supera la sovranità se si pensa, semplificando, che a un cittadino di un Paese membro sono garantiti gli stessi diritti fondamentali e le stesse procedure a tutela di essi in ogni Paese europeo. Ripensare le corti europee in questo senso riporterebbe al centro del discorso il ruolo benefico, e non più ostile, delle corti sovranazionali.

 

 

 

 

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