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Parlare di flat tax è tempo perso, il governo impari a investire. Parla Roventini

Un po’ come la Tav e perché no anche la Via della Seta, anche la flat tax spacca il governo gialloverde. Il nuovo pomo della discordia è la tassa forfettaria con cui la Lega punta a ridare ossigeno a famiglie e lavoratori, autonomi e dipendenti. Insomma all’economia reale. Il nuovo regime fiscale si caratterizza con due aliquote fisse al 15% e al 20% per persone fisiche, partite Iva, imprese e famiglie, questo ultime sotto ai 50 mila euro di reddito. Per i nuclei è prevista una deduzione fissa di 3 mila euro sulla base del reddito familiare. L’altra costola della proposta targata Lega è l’Ires dovuta dalle imprese ridotta di 4 punti dal 24% al 20% (con il contestuale addio alla mini Ires sugli investimenti appena nata). L’operazione, flat tax + Ires viene valutata circa 20 miliardi , di cui 14 per la sola tassa piatta alle famiglie.

Problema. Secondo il ministero dell’Economia l’impianto a flat tax con doppia aliquota costerebbe poco meno di 60 miliardi.  Una simulazione (smentita dal ministro Giovanni Tria) sarebbe stata effettuata nei giorni scorsi tenendo conto di un forfait applicato a 16,4 milioni di famiglie con un vantaggio medio familiare di circa 3600 euro. Niente di tutto questo secondo il consigliere economico di Matteo Salvini, Armando Siri. La flat tax al 15% per le famiglie costa al massimo 12-15 miliardi. Naturale a questo punto farsi qualche domanda sull’effettiva necessità della misura e della capacità di impattare sull’economia.

Formiche.net lo ha chiesto ad Andrea Roventini, docente ed economista presso la Scuola Superiore Sant’Anna. “Non è per nulla essenziale anzi è dannosa, perché costa molto (con le nostre finanze pubbliche possiamo permettercelo?), favorisce i ricchi, aumenta la disuguaglianza e ha un impatto limitato sull’economia”, chiarisce Roventini. “Per dare fiato al sistema produttivo italiano è necessario rilanciare la crescita della produttività aumentando gli investimenti pubblici, destinando maggiori risorse pubbliche all’istruzione, all’innovazione e alla ricerca. E c’è un elefante nella stanza: i possibili impatti catastrofici del riscaldamento climatico. Un piano di investimenti pubblici mission-oriented per contrastarlo permetterebbe di contenere i rischi ambientali rilanciando l’innovazione, stimolando la crescita di nuove imprese e industrie, rilanciando così la produttività ed il reddito”.

Per Roventini ci sono insomma pochi dubbi: la flat tax di stampo leghista non è quello che serve al Paese. “Più che medicina, mi sembra un pacchetto di zucchero somministrato ad un malato di diabete. Il nostro sistema fiscale va riformato per renderlo più equo e per contrastare l’elusione e l’evasione fiscale. Le nuove tecnologie possono sicuramente darci una mano. L’introduzione della fattura elettronica è stata ad esempio un intervento positivo”. Forse, alla fine, potrebbe non valere nemmeno prendersi la briga di capire se le stime del Mef, ammesso che esistano, sono esagerate o no. Anche qui Roventini non mette fronzoli nella sua analisi. “Credo che il Mef abbia utilizzato il suo modello econometrico ed i costi non sono molto lontani da quelli stimati da un esperto come il prof. Massimo Baldini su lavoce.info. Riguardo ai numeri prodotti dalla Lega, non so se siamo di fronte ad una flat tax omeopatica o semplicemente all’ennesimo piano strampalato al limite del voodoo”.

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