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La voce dei giovani in piazza contro il cambiamento climatico

Non era mai capitato prima, ma sicuramente capiterà ancora: il 15 marzo i ragazzi delle scuole di circa 200  Paesi, in oltre mille e 700 città, scioperano per ricordare ai propri governanti la necessità di intervenire da subito per mitigare gli effetti prodotti  dai cambiamenti climatici. La protesta l’aveva iniziata,  nell’agosto dello scorso anno,  una ragazza svedese di 16 anni, Greta Thunberg,  che ogni venerdì ha continuato a protestare davanti al Parlamento svedese per sensibilizzare i governanti del suo paese sul rispetto degli accordi presi a Parigi nel 2015 per contrastare i cambiamenti climatici. Sono così nati i Fridays For Future culminati con il Global Strike for Future di questo 15 marzo. “Questo sciopero globale, ha dichiarato uno degli organizzatori, sarà una pietra miliare nella storia del mondo, un momento in cui gli adulti impareranno a seguire la guida dei bambini”.

In Italia ci sono state manifestazioni in più di duecento città. Le richieste che i ragazzi fanno sono precise: attuare la transizione dal modello fossile a quello delle energie rinnovabili; abbattere del 50% le emissioni di gas serra rispetto all’epoca preindustriale entro il 2030, per raggiungere zero emissioni nel 2050. D’altra parte i numeri parlano chiaro e sono piuttosto allarmanti. Secondo uno studio di Ispra, l’Istituto per le ricerche ambientali, in Italia il 2018 è stato l’anno più caldo degli ultimi due secoli. Nel mese di ottobre si sono verificati una serie di eventi estremi che hanno determinato gravi conseguenze per la popolazione, l’ambiente e il territorio. Le piogge sono cadute con forte intensità su quasi tutto il territorio nazionale. Ma accanto a questi fenomeni estremi, si registrano deficit di precipitazioni su tutto il Paese e l’aumento delle emissioni in atmosfera di gas climalteranti.

Da qui la protesta degli studenti, che i più giudicano salutare. Compresi molti leader politici. A cominciare dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che dalle montagne venete lancia il suo severo monito: siamo sull’orlo di una crisi climatica planetaria; gli sforzi finora compiuti hanno raggiunto solo risultati parziali; bisogna fare di più e presto; gli eventi estremi ci riguardano tutti. Secondo il “Global Environment Outlook 2019”, la più completa analisi della situazione mondiale sull’ambiente, realizzata dall’Onu e presentata in questi giorni a Nairobi nel corso dell’Assemblea ambientale delle Nazioni Unite, “i danni causati al pianeta sono così importanti che, se non verranno prese misure urgenti, la salute delle popolazioni sarà sottoposta a minacce crescenti. Se le misure di protezione dell’ambiente non verranno intensificate, città e intere regioni in Asia, in Medio Oriente e in Africa potrebbero conoscere milioni di decessi prematuri entro la metà del secolo”. Ma la comunità internazionale, ricorda il rapporto, “possiede le conoscenze scientifiche, le tecnologie e i mezzi finanziari per evolvere verso un modello di sviluppo più sostenibile, anche se manca il sostegno necessario da parte degli enti pubblici, delle imprese e dei leader politici che continuano ad aderire a modi di produzione e di sviluppo superati”.

Il rapporto si rivolge in primis ai ministri dell’ambiente riuniti nella capitale del Kenya, dove si è  discusso di riduzione dello spreco alimentare, di mobilità elettrica, dell’inquinamento da plastica degli oceani e soprattutto di cambiamenti climatici. Per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile entro il 2030 e il 2050 “si impongono misure urgenti, perché ogni ritardo nell’azione per il clima aumenta il costo della realizzazione degli obiettivi dell’Accordo di Parigi o annulla i nostri progressi, rendendoli semplicemente impossibili”.

È lo stesso grido dall’allarme che milioni di ragazzi lanciano dalle piazze del pianeta in questo 15 marzo. Ai quali non fanno mancare il loro sostegno alcuni esponenti  politici. Come Angela Merkel che, incontrando nei giorni scorsi Greta Thumberg, ha incoraggiato gli scioperi scolastici del venerdì, trovando accoglienza favorevole tra gli attivisti del clima, ma altrettanta freddezza all’interno del suo partito.

In Italia, oltre al Presidente Mattarella, registriamo la presa di posizione dell’ex ministro dell’Ambiente e attuale Presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile Edo Ronchi, che sottolinea come un’ampia mobilitazione della società civile sia necessaria per puntare sempre più l’attenzione verso la più importante crisi ambientale: quella climatica. “Per essere in traiettoria con l’Accordo di Parigi, nel prossimo trentennio l’Italia dovrebbe tagliare, in media ogni anno, le proprie emissioni di gas serra di circa 13 Mt di CO2 e dovrebbe produrre ogni anno circa 1,5 Mtep di energia da fonti rinnovabili, mentre negli ultimi 4 anni la crescita delle rinnovabili è stata un terzo del necessario e i consumi di energia sono addirittura aumentati”. Possiamo fare la nostra parte, conclude Ronchi, ma occorre far presto se vogliamo che tali misure possano diventare una straordinaria occasione di nuovo sviluppo e nuova occupazione.

Totale e convinta l’adesione alla manifestazione da parte del ministro dell’Ambiente Sergio Costa: “Da padre ai miei figli direi: andate a manifestare per il clima, è un modo per imparare. Ci portano veramente delle idee nuove ed io li incontrerò, come ministro della Repubblica italiana. Il paradigma ambientale sta cambiando ed è per questo che ci siamo candidati ad ospitare Cop26 a livello mondiale”.

Non è d’accordo con lo sciopero, anche se riconosce l’importanza del problema, il presidente dell’Associazione nazionale dei presidi Antonello Giannelli: “La tematica eco-climatica è molto importante e scuola e politica dovrebbero dedicarle maggiore attenzione. Comprendo appieno l’entusiasmo e l’idealismo adolescenziale, ma non credo che saltare un giorno di scuola possa davvero aiutare i ragazzi a diventare più consapevoli sulla questione”.

Eppure i tanti giovani che hanno manifestato oggi per sensibilizzare politici e cittadini sulla lotta ai cambiamenti climatici non hanno dubbi, neanche a ricorrere a mobilitazioni pacifiche per lanciare un segnale inequivocabile: sono una generazione che chiede a gran voce di essere educata all’unico cambiamento possibile e a un modello di sviluppo diverso da quello perseguito fin qui dai loro padri. Vogliono impegni chiari e li vogliono subito. Tutti hanno il dovere di ascoltarli.


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