Con la notizia del superamento del vincolo del doppio mandato per gli eletti nelle amministrazioni locali e con la messa a punto di nuove regole per la selezione delle candidature per le prossime elezioni europee, il Movimento 5 Stelle ha dato l’avvio ad una ulteriore stagione di istituzionalizzazione.
Con tale termine, da un punto di vista organizzativo, si intende designare quel processo di trasformazione da movimento meno formale a soggetto organizzato. L’istituzionalizzazione comporta una maggiore definizione delle procedure che regolano la vita dell’organizzazione, la professionalizzazione di personale politico stabile e strutturato, la creazione di una classe dirigente, responsabile per le scelte assunte, cui imputare le conseguenze delle stesse. A questi processi di trasformazione organizzativa, in genere, si associa la ridefinizione dei valori, delle mete e degli obiettivi, che da originali e innovativi si fanno sempre più diffusi, affermati e condivisi socialmente. Transizione valoriale e trasformazione dei processi organizzativi sono due piani differenti; essi tuttavia procedono di pari passo nel momento in cui per una organizzazione diventa necessario dotarsi di basi più stabili e strutturate e chiamare specifici soggetti dirigenti all’assunzione di precise responsabilità politiche.
Insomma, sembra terminare la fase puramente movimentista del Movimento 5 Stelle, con il modello del “Non Statuto” (un ossimoro o il viatico per una “non organizzazione”) e con l’esigenza di ricorso al voto elettronico del popolo di Rousseau nelle circostanze in cui venga percepito lo scarto tra i ruoli dirigenziali dei 5 Stelle e la base elettorale. La chiusura di questa fase è un elemento positivo per una serie di motivi.
In primo luogo, la creazione di un’élite politica è una necessità per ogni organizzazione che si veda affidati incarichi di governo. Essa conferisce stabilità al ruolo di guida del partito; consente di dialogare in modo fecondo con le tecnostrutture che esso è chiamata a gestire nel settore pubblico; produce cultura politica stabile dalle strutture organizzative giù fino alla base elettorale di riferimento; costituisce un soggetto importante per il dialogo con le forze economiche e sociali del sistema Paese.
Per ogni organizzazione che investa nella formazione di una classe dirigente, la regola di dover mutare la stessa dopo due mandati costituisce uno spreco inutile di tempo, risorse e personale politico. Diversa è la circostanza della creazione di percorsi ad hoc per la formazione e la crescita, anche in termini di assunzione di maggiori responsabilità politiche ed istituzionali per queste élite dentro al Movimento 5 Stelle. Un modello scalare, a responsabilità crescenti per chi abbia fornito buona prova di sé in contesti locali, regionali o sovranazionali pare recepito nel M5S dalla indicazione di percorsi ad hoc per la scelta delle candidature per le elezioni europee.
In secondo luogo, l’adozione di una serie di procedure formalizzate per l’assunzione della responsabilità politica del M5S aiuta a sganciarsi dalla logica assembleare sottostante alle scelte affidate alla piattaforma Rousseau. Delle due l’una: o la classe dirigente del M5S non ha idea, dopo un anno dalle elezioni del 2018, degli orientamenti del proprio elettorato sulle materie e sulle politiche che rientrano nei dicasteri guidati dai ministri pentastellati e ha bisogno di questo stato di consultazione permanente per la propria azione di governo; o conosce fin troppo bene le posizioni della base e si sottrae all’assunzione di scelte politiche rilevanti, con la giustificazione del volere del popolo della rete. In nessuno dei due casi questo atteggiamento sembra adeguato e coerente con il modello di una forza partitica di governo ed è bene che le scelte assunte dal partito e dai suoi rappresentanti nelle istituzioni siano frutto di scelte precise, motivate, esplicitate da parte della classe dirigente.
Infine, l’istituzionalizzazione costituisce uno strumento di garanzia non solo delle procedure e del personale politico ma anche per le basi elettorali, che, con un maggior grado di chiarezza sui principi che guidano l’organizzazione partitica, hanno maggiore consapevolezza nel conferire o revocare la propria fiducia ad una data classe politica, senza per questo riconoscersi di meno nei valori guida del partito. Conoscere la linea politica del M5S guidato da Di Maio consente agli elettori della prima ora di sapere se questa leadership è coerente (o meno) con l’impostazione iniziale e premiarla (o meno) alle prossime elezioni.
In questo senso, la necessaria fase di istituzionalizzazione che sta sperimentando il Movimento 5 Stelle non si limita a chiudere la fase movimentista, con buona pace di qualche nostalgico del tempo dei MeetUp e dei V-day, ma apre una nuova fase di vita matura e di rimobilitazione consapevole per i Cinque Stelle di domani. In questo senso, essa va impiegata come un’occasione da cogliere in pieno, piuttosto che come la perdita dell’identità movimentista della prima ora.