È tempo di un primo bilancio della visita del presidente cinese Xi Jinping in Italia. Il pacchetto di intese e memorandum firmati fa esultare il governo, ma servirà tempo per misurare pro e contro della passione cinese dei gialloverdi. “Gli americani ce la faranno pagare” dice a Formiche.net Aldo Giannuli, politologo e saggista, in libreria con il suo ultimo volume “Come i servizi segreti stanno cambiando il mondo” (Ponte alle grazie). Una strategia dei grillini per la Cina? “Macchè, non esiste, ci sono solo ideuzze, e tanta, troppa improvvisazione”.
Professore qual è il suo bilancio della visita di Xi in Italia?
Il presidente cinese non è venuto a farci alcun regalo, i suoi interessi sono conciliabili solo in parte con i nostri. Pensare che Xi fosse Babbo Natale è stato un errore imperdonabile. Non è uno sciocco, è uno dei pochissimi leader mondiali con una statura, e una strategia. Noi neanche l’ombra.
Luigi Di Maio ha assicurato che le intese firmate in questi giorni rilanceranno l’export italiano. È così?
Sull’export siamo ancora alla vigilia della premessa dell’antefatto, il tempo ci dirà se Di Maio ha ragione. A me preoccupa più che abbiamo fatto in fretta e furia un’intesa con un popolo che conosce noi, e non viceversa. Anni fa il Comitato centrale del Partito comunista cinese fece una sessione di studio sulla rivoluzione inglese del 1688-89. Se li immagina Lega e Cinque Stelle fare una sessione di studio sulla rivoluzione dei Taiping? È qui la differenza.
Intorno al memorandum per la Belt and Road Initiative e i moniti americani si è creato un polverone mediatico. Tanto rumore per nulla?
Gli americani ci faranno pagare ogni centimetro di questo passo. Non si può mettere in piedi un’operazione del genere senza avere una politica estera, cavandosela con due frasi preconfezionate su Nato ed Europa. Gli Stati Uniti non sono abituati a ricevere rifiuti, o stai con loro o stai col loro nemico.
I sostenitori dell’accordo parlano di un’Italia tornata protagonista…
Follia pura. Sei la preda preferita ed esulti pensando di essere al centro del mondo? Anche l’Africa è al centro delle mire geopolitiche del mondo. E per questo motivo le sottraggono terreni, raccolti, pescato, materie prime.
Il passaggio sulle telecomunicazioni, e dunque sul 5G, presente nel memorandum creerà davvero problemi?
Questo non andrà giù a Washington. Gli americani pretendono il monopolio dello spionaggio. Spiano anche loro, quanto e forse più dei cinesi. Non ci siamo certo dimenticati della rete Echelon messa in piedi durante la Guerra Fredda. Il problema è che non gradiscono l’entrata di nuovi concorrenti, e quando questo succede tagliano i canali di informazione con i Paesi coinvolti.
Da dove nasce questa strategia dei Cinque Stelle per guardare ad Est?
Non c’è nessuna strategia, solo piccole ideuzze. I Cinque Stelle sono povere anime innocenti che ragionano per piccole furberie, non sono neanche sicuro che sappiano dove si trova la Cina. Stanno pensando di sbolognare ai cinesi un po’ di debito pubblico per fare la cosiddetta “politica espansiva della spesa. Peccato che gli stessi grillini dimentichino che i cinesi hanno sempre usato il debito pubblico a mo’ di cappio alla gola. Quando avremo venduto loro una bella fetta di debito potranno tenerci al guinzaglio.
Quindi non esiste una politica estera grillina?
Il guaio dei grillini è che nessuno si può fidare di loro perché sai cosa dicono stamattina ma non sei sicuro di quel che penseranno stasera. In queste condizioni nessuno ti dà fiducia. A breve Di Maio andrà in visita negli Stati Uniti, e sconterà questa ambivalenza del governo, e in particolare l’affronto cinese. Sarà ricevuto alla svelta dal vice-aiuto-sottosegretario alle poste…
E la Lega in tutto questo che ruolo ha avuto?
I Cinque Stelle sono pasticcioni, ma anche la Lega non scherza. Nella vicenda cinese Salvini ha fatto il filoamericano, ma è una facciata. Ricordiamo che il Carroccio è ancora legato da un’intesa con Russia Unita, il partito di Vladimir Putin, non sono dettagli. Da qualche mese a questa parte i leghisti giocano a fare i filoatlantici e non nominano più Mosca. È l’ennesima conferma della pendolarità della nostra politica estera. Questo cambio di direzione improvvisa non solo non risolve i problemi, ma acuisce i sospetti e sembra strumentale. La politica estera non si fa con le furbate ma con l’intelligenza, che in questo Paese sta diventando merce rara e passata.