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Come (e se) l’incriminazione di Netanyahu influirà sulle elezioni in Israele. Parla Terzi

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1000, 2000 e 4000. Sono questi i nomi delle tre inchieste che pesano sul futuro giudiziario di Benjamin Netanyahu, così come sulla sua carriera politica. Il procuratore generale Avichai Mandelblit ha avviato le indagini che riguardano i sospetti di frode e corruzione, ma anche le accuse più spinose circa l’eventuale rapporto di favoreggiamento mediatico con il quotidiano Yediot Ahronot e dei portali di proprietà della compagnia di telecomunicazioni Bezeq.

Formiche.net ha parlato con Giulio Terzi di Sant’Agata, già ministro degli Esteri e ambasciatore in Israele e negli Stati Uniti.

Che rapporto c’è tra il Procuratore Generale Mandelblit e Netanyahu?

Il procuratore generale è stato segretario di gabinetto dal 2013 al 2016, ed è poi diventato procuratore anche grazie al sostegno di Netanyahu. I due sono considerati abbastanza vicini, tanto che alcuni membri del comitato di selezione giudiziaria avevano contro la candidatura di Mandelblit, pensando che non sarebbe stato incline ad avviare indagini contro il primo ministro in caso di necessità. Mandelblit è un uomo del sistema, con tanta esperienza in ambito legale, e comunque ha goduto della fiducia di Netanyahu per molti anni.

Perché questa notizia arriva proprio in prossimità delle elezioni?

In realtà le elezioni si sarebbero dovute svolgere a novembre. Sono state anticipate qualche tempo fa, creando uno snodo particolarmente difficile per il procuratore. Da quello che ho avuto modo di vedere durante la mia esperienza in Israele, però, la divisione dei poteri è estremamente netta e intransigente. L’indipendenza della magistratura è totale, nessun magistrato penserebbe di anteporre i propri interessi politici alla rettitudine della decisione giudiziaria, e abbiamo alcuni casi di condanna (come quella contro Ehud Olmert) a dimostrazione di ciò.

La vicenda giudiziaria può influenzare l’esito delle elezioni?

Netanyahu è in carica da dieci anni, e anche prima ha ricoperto diverse cariche ministeriali. È l’artefice dell’innovazione e della ricerca in Israele, sin da quando nel 1999 strutturò tutto il settore di ricerca e sviluppò per operare nell’innovazione cyber. Ha diretto l’esecutivo di un paese con dieci anni di piena crescita, arrivando nel 2016 a essere la nazione più in crescita di tutta l’area Ocse (con una crescita del quasi 6,2%). Se Israele è dove è ora, sia da un punto di vista economico che tecnologico, lo deve a Netanyahu.

Pensa che si tratti di una operazione politica?

Indubbiamente il punto di partenza di questa vicenda giudiziaria è quello di una lunga e duratura operazione politica contro di lui, che è nata con manifestazioni in piazza ed è proseguita con le aspre critiche nei confronti della moglie. L’inizio di tutta questa vicenda è stato politico, ma l’esito no, poiché non c’è dubbio che la magistratura stia agendo in maniera indipendente e scollegata da qualsiasi interesse. Ciononostante è chiaro che i detrattori del primo ministro imposteranno la campagna elettorale su questo tema. Mi chiedo quanto il pubblico di Israele sia influenzabile, a questo punto.

Come arriva Benjamin Netanyahu alle elezioni di aprile?

Israele si è rafforzata molto in questi dieci anni, il Likud è riuscito a mantenere il Paese in crescita e in un contesto di pace, nonostante le minacce, contribuendo alla stabilità regionale con notevoli capacità di governo. Le debolezze di Netanyahu a livello politico sono in primo luogo la nuova alleanza con il partito Otzma Yehudit, Kahanista e anti arabo, che ha creato una forte divisione sia nel Likud nelle comunità ebraiche israeliane e americane (in particolare l’Aipac), a causa dell’estremismo religioso e anti-arabo dei suoi sostenitori. Netanyahu ha una vitalità politica straordinaria ed è molto determinato, una particolarità che gli ha permesso di mantenere delle politiche di centro destra anche con il sostegno di gruppi politici meno inclini al dialogo. Tra i suoi meriti, c’è anche quello di aver dialogato lungamente con la leadership palestinese in Cisgiordania, una mossa che ha indebolito la posizione di Hamas a Gaza. Oltre a questo, vorrei sottolineare un’altra cosa.

Ci dica.

Vorrei mettere in evidenza la capacità del Likud di impegnare la società nel rafforzamento di barriere tecnologiche, sia in campo civile che militare, riuscendo in virtù di questo a scongiurare più di un conflitto incombente. Infine, Netanyahu ha instaurato, come nessuno aveva fatto sino ad ora, relazioni di fiducia con diversi Paesi arabi, comprese le Monarchie del Golfo, in chiave anti iraniana. Anche su questo piano, un’eventuale nuovo governo Bianco-Blu con Yair Lapid e Benjamin Gantz (i principali rivali dell’attuale primo ministro alle prossime elezioni) dovrà essere abile ad avere la stessa capacità di Netanyahu nel dialogare con gli autocrati arabi.

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