Gas dalla Russia, telecomunicazioni e dati sensibili dei cittadini italiani che viaggiano su reti appaltate ad aziende cinesi. Si dirà che questo è frutto di un mercato sempre più globale che ha abolito antichi blocchi e superato ogni vecchio confine, eppure l’approvvigionamento energetico o le infrastrutture critiche del Paese messe nelle mani di Stati non alleati rappresenta un rischio per la sicurezza nazionale. Un azzardo, piuttosto incomprensibile, dal momento che contrasta con tutte le politiche riguardanti la Difesa portate avanti dai governi italiani negli ultimi anni. Un comportamento schizofrenico che prevede l’invio di nostri contingenti militari in giro per il mondo, sotto i vessilli della Nato, a supportare le comuni politiche del Patto atlantico, ma dall’altro di rendere vulnerabile il nostro Paese alle speculazioni o agli interessi di Stati che di quel Patto non fanno parte. Su un versante ci affidiamo ai vecchi schemi condividendo le politiche sulla nostra sicurezza con gli storici alleati mentre, senza valutarne appieno i rischi, affidiamo assetti strategici a strutture che sono esterne all’abituale ancoraggio euro-atlantico dell’Italia.
Il muro di Berlino, di cui quest’anno ricorrerà il 30esimo anniversario dalla sua caduta, non c’è più. È quindi vero che l’Italia non è più costretta a scegliere da che parte della barricata stare. Libero e sempre più aperto è il mercato, ma questa libertà di commercio non può riguardare indiscriminatamente ogni settore, soprattutto quelli da cui dipende la salvaguardia dei nostri interessi nazionali e la sicurezza non solo dei nostri cittadini, ma dell’intero assetto del Paese. È giunto probabilmente il momento delle scelte. Questo indecisionismo italiano lascia tra l’altro attoniti i partner americani disponibili ad investire in Italia, ma che molto presto potrebbero iniziare a manifestare atteggiamenti di diffidenza nei nostri confronti. In che modo gli Stati della Nato possono fidarsi nel condividere informazioni e progetti con l’Italia se poi noi affidiamo snodi strategici delle infrastrutture e delle comunicazioni a chi è fuori dalle nostre storiche alleanze? Siamo certi che, anche economicamente, questo nuovo atteggiamento italiano possa pagare in termini di contratti e commesse commerciali?
Le avvisaglie, in questo senso, arrivano probabilmente dalla Libia, lì dove russi e francesi, utilizzando come ariete il Generale Haftar, stanno mettendo in serio pericolo quella che fino a non molto tempo fa era una zona dove la leadership italiana, anche grazie agli alleati americani, non era mai stata messa in discussione. Un esempio, solo un esempio, eppur chiaro sulle nefaste conseguenze di quando l’Italia si allontana dagli antichi e sperimentati blocchi. Una riflessione più approfondita il governo pentaleghista è obbligato a farla prima che sia troppo tardi. Chissà se domani, in occasione del Consiglio supremo di Difesa, il presidente Mattarella non farà presente anche queste tematiche ai ministri preposti alla nostra sicurezza nazionale.