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Così il Pd ha ingranato la marcia con Nicola Zingaretti. Parla De Micheli

De MIcheli

Il governo? “Prima se ne va e meglio è”. Il memorandum con la Cina? “Dimostra la totale assenza di visione dell’esecutivo, anche in politica estera”. Il Pd? “Siamo in crescita: in una democrazia una grande forza di opposizione ha il dovere di essere pronta a sostituirsi a chi governa male il Paese”. Paola De Micheli è uno dei nomi di spicco del nuovo Partito Democratico di Nicola Zingaretti che domani, nel corso dell’assemblea nazionale dem in programma a Roma, sarà ufficialmente proclamato segretario. E De Micheli – che già ne ha coordinato la vittoriosa campagna per le primarie – potrebbe diventarne la vice mentre l’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni sembra destinato ad assumere la presidenza del partito. Che intanto si gode gli ultimi sondaggi positivi con una crescita non irrilevante rispetto alla paralisi dell’ultimo anno e al risultato delle politiche di un anno fa. “Questo quadro viene da lontano, dal lavoro imbastito da Zingaretti e dalla sua squadra anche sul territorio nell’arco di questi mesi: il Pd ha ricominciato a parlare alle persone, ad occuparsi dei loro problemi, ad avanzare proposte”, ha commentato De Micheli in questa conversazione con Formiche.net nella quale si è anche concentrata sulle questioni più calde del momento, dai rapporti con la Cina alle ultime puntate dell’infinita vicenda Tav.

Ormai pare certo, il governo durerà fino alle Europee. Aveva sperato davvero che potesse cadere?

Prima se ne va questo governo e meglio è per l’Italia. Ma credo che il cinico patto di potere fra la Lega e il Movimento 5 Stelle sia ancora più forte dei conflitti che ormai quotidianamente lacerano la maggioranza su ogni tema. Il livello dello scontro è destinato a salire ancora e le Europee saranno uno spartiacque per il governo Conte.

La preoccupa la politica estera dell’esecutivo? Questo rapporto privilegiato con la Cina rischia di compromettere la storica collocazione atlantica del nostro Paese?

La vicenda a cui stiamo assistendo in questi giorni con l’accordo sulla Via della Seta è emblematica della totale assenza una visione del governo Conte in politica estera. E in questo caso le divisioni e le incompatibilità profonde tra le due forze della coalizione di governo si riverberano sullo scenario internazionale. La strada di un velleitario unilateralismo si sostituisce alla necessità di confronto in ambito europeo e con gli alleati tradizionali dell’Italia. Il rapporto con il gigante cinese è fondamentale e strategico anche per l’Italia, ma solo in un contesto di piena trasparenza e di condivisione con l’Europa, altrimenti è avventurismo. Anche per questo abbiamo chiesto al premier di venire alle Camere e di rendere pubblico il memorandum.

Lega e M5s al Parlamento europeo hanno detto no a nuove sanzioni contro la Russia. Che ne pensa?

Penso che sia un’ulteriore dimostrazione di quanto ho sostenuto prima sulla nostra politica estera. Se si vuole avanzare proposte ed eventualmente ridiscutere l’atteggiamento da tenere nei confronti della Russia, non possiamo prescindere dal confronto con gli altri Paesi dell’Unione. Ma sappiamo bene quanto modesto sia il credito del nostro governo a Bruxelles dopo l’insensata prova di forza sul deficit nella vicenda della legge di Bilancio.

Come giudica l’accordo che il governo ha trovato sulla Tav?

Definire accordo l’ennesimo pasticcio realizzato ad arte, per bloccare la realizzazione di un’infrastruttura chiave per l’Italia, mi sembra davvero troppo generoso. La strategia del governo soltanto è quella del “tirare a campare”, una politica scellerata che danneggia i cittadini e nella vicenda Tav ha toccato forse uno dei punti più bassi. Attraverso una clausola giuridica non si fa altro che allungare i tempi. Ma l’Italia ha bisogno di scelte, di investimenti pubblici, di far partire i cantieri anche per reagire a una congiuntura economica internazionale negativa. Lo chiedono anche i lavoratori dell’edilizia che hanno scioperato e con i quali ho marciato a Roma.

Come si concilia a suo avviso la necessità di dare sviluppo al Paese con la tutela dell’ambiente?

Proprio ieri la bellissima e partecipata marcia per il clima ci ha mostrato quanto sia diffusa una nuova sensibilità verde. La tutela dell’ambiente non è un corollario allo sviluppo e alla crescita economica dell’Italia, ma è un fattore chiave e di competitività anche per le imprese private. Dobbiamo partire da questo presupposto per cambiare le nostre politiche nella direzione di un’economia più equa e sostenibile, è una delle proposte cardine che abbiamo inserito nella mozione Zingaretti.

Ma secondo lei se il governo dovesse cadere, magari anche dopo le europee, il Pd sarebbe pronto alla sfida?

Dopo il 3 marzo il Pd ha compiuto un passo avanti fondamentale. È stato sbagliato lasciar trascorrere un anno dalle politiche prima di affrontare a fondo i nostri problemi ed esercitare un grande esercizio di democrazia come le primarie. Sono i nostri elettori e militanti che sono venuti in massa ai seggi e ai gazebo che ci chiedono di essere pronti. Il Pd ha un nuovo segretario, Nicola Zingaretti, che ha raccolto un grande consenso e che si è presentato sulla base di una precisa proposta di governo. In una democrazia una grande forza di opposizione ha il dovere di essere pronta a sostituirsi a chi governa male il Paese.

Qual è l’agenda del nuovo Pd? Zingaretti alla prime uscite da segretario ha visitato i cantieri della Tav e un’azienda innovativa nel frusinate.

L’agenda è quella che abbiamo presentato in occasione delle primarie: più lavoro e lotta alle disuguaglianze, per dare voce al risveglio civile contro il governo gialloverde. Credo che la scelta di Zingaretti di recarsi al cantiere Tav e in un’impresa non debba essere spiegata, ma non ha soltanto una valenza simbolica. Perché Nicola è un amministratore pubblico ed è abituato a frequentare aziende e cantieri, praticamente tutte le settimane. L’Italia sta pagando dal punto di vista economico una situazione internazionale non più favorevole, ma anche l’immobilismo e la propaganda del governo Lega-M5s. È da qui che bisogna ripartire: una forza moderna di centrosinistra non può che mettere al centro il lavoro, l’occupazione e le sfide della nostra contemporaneità. Che si chiamano innovazione tecnologica, digitalizzazione, robotica, senza alimentare paure ma guardando avanti.

Ritiene che questi temi rappresentino la base per superare definitivamente le tensioni del passato all’interno del Pd? Lo stesso Matteo Renzi sembra avere un atteggiamento di apertura verso il nuovo segretario. 

Una delle richieste più vigorose che si sono levate in questi mesi dai nostri elettori e simpatizzanti è stata quella dell’unità e di mettere fine alle divisioni al nostro interno. Zingaretti ha assunto nella sua proposta questa istanza fino in fondo, attraverso un atteggiamento inclusivo e aperto, senza il timore di chiedere scusa per alcune delle scelte compiute in passato. Mi fa piacere che questo fatto sia stato compreso e apprezzato, inoltre è significativo che da personalità importanti del Pd come Matteo Renzi sia stata manifestata disponibilità e attenzione.

I sondaggi vi danno sempre più vicini al M5s. Il sorpasso si materializzerà secondo lei? E cosa deve fare il Pd in questo senso?

È vero, i sondaggi ci danno in crescita, ormai molto prossimi ai Cinque stelle. Come hanno fatto notare diversi osservatori, il Pd sta attraversando un momento favorevole che dobbiamo consolidare attraverso la credibilità della nostra proposta. Ma io credo che questo quadro venga da lontano, dal lavoro imbastito da Zingaretti e dalla sua squadra anche sul territorio nell’arco di questi mesi. Il Partito Democratico ha ricominciato a parlare alle persone, ad occuparsi dei loro problemi, ad avanzare proposte. In una parola ha ricominciato a fare politica: è quello che dobbiamo continuare a fare.

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