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L’Italia è in una posizione delicata sulla Libia, riunioni ristrette a parte. Il commento di Varvelli

Sulla Verità, Gabriele Carrer scrive per primo di una riunione ospitata nella sede dell’ambasciata libica in Italia dal rappresentante diplomatico del governo Serraj, a cui hanno partecipato rappresentati di Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Germania, Belgio, Repubblica Ceca e Malta. Insomma, tutti i principali attori esterni che giocano ruoli sulla crisi libica, esclusa l’Italia.

Secondo le fonti della Verità, la riunione tenutasi a Via Nomentana aveva come scopo quello di aggiornare i sette paesi sui processi in corso dopo la convocazione della Mulataq al Watani, la Conferenza nazionale programmata per metà aprile. La questione sarà al centro di un’altra riunione imminente, quella del Quartetto per la Libia: si tratta di un sistema multilaterale composto da Lega Araba, Unione Africana, Nazioni Unite, Unione Europea, che ha in programma di riunirsi sabato 30 marzo a Tunisi per fare il punto della situazione – c’è per esempio da considerare e gestire l’opposizione della Fratellanza musulmana alla conferenza.

L’assenza di rappresentanti da Roma, Parigi, Londra e Washington alla riunione del Quartetto avrebbe portato i libici a convocare un punto per aggiornamento alla sede diplomatica nella capitale italiana. Chi tiene le fila dei rapporti con l’ambasciata libica conferma con discrezione che la riunione romana è stata poco significativa, “niente di cui preoccuparsi” – fanno sapere fonti italiane a Formiche.net.

“L’Italia si trova in una posizione difficile sulla Libia, al di là di una riunione a livello di ambasciatori convocata nell’ambasciata libica di Roma”, ci dice Arturo Varvelli, Co-Head del Mena Center dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale.

“Scegliendo di aprire più palesemente al dialogo con il generale Khalifa Haftar – continua l’analista italiano, tra i massimi esperti sulla situazione libica – dopo che altri attori internazionali avevano creato con lui una relazione privilegiata, l’Egitto, gli Emirati, la Russia, ma soprattutto la Francia, il governo di Roma rischia ora di generare una caduta di credibilità sia ad est tra le componenti più vicine a Roma, sia ad ovest tra quelle che sostengono il generale Haftar, e che hanno interpretato l’apertura italiana come una debolezza o una tacita ammissione dell’impossibilità di sostenere a lungo la propria strategia di supporto al premier Fayez Serraj e al governo delle Nazioni unite”.

L’Italia soffre anche una situazione delicata con paesi vicini, partner-alleati, diventati competitori: la Francia per esempio? “Le recenti tensioni con la Francia non sembrano favorire un quadro di rapprochement tra gli attori internazionali più influenti che possa facilitare una soluzione pacifica. La Francia vanta un rapporto privilegiato con Haftar, cui ha salvato la vita lo scorso anno ricoverandolo d’urgenza a Parigi”.

Ma Haftar ha la forza per arrivare a Tripoli, come sembrerebbe da un piano citato da diverse fonti giornalistiche? “Haftar non otterrà il paese in qualche giorno. L’Italia ha ancora diverse carte da giocare. Ha una missione militare in Libia, ha relazioni forti con molti attori. Ma soprattutto nessuna congiura di qualche ambasciatore in una stanza è in grado di escludere gli interessi di qualcuno o di sistemare una crisi complessa e profonda. Magari lo fosse…”.
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