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Vi racconto l’eredità di Stephen Hawking

Stephen Hawking: l’uomo che si spingeva con coraggio dove Star Trek non osava avventurarsi”. Così lo ha salutato per l’ultima volta Thomas Hertog, professore di fisica teorica alla Katholieke Universiteit di Leuven che insieme a lui firma la sua ultima pubblicazione. Il testamento spirituale del più grande fisico teorico del XXI Secolo – morto un anno fa il 14 marzo 2018 – non poteva che assumere la forma di una pubblicazione scientifica. Non sappiamo se Hawking avesse intuito che quello era il suo ultimo contributo, ma questo scritto ora rappresenta una vera e propria eredità: una chiave di lettura dei misteri dell’Universo che il grande fisico teorico dona alle future generazioni.

In puro stile Hawking, l’articolo è diventato un best seller anche prima di … essere stato pubblicato: soltanto nel maggio 2018 ha visto ufficialmente la luce sul Journal of High Energy Physics. Ma, nel frattempo, centinaia di migliaia di persone lo avevano già scaricato dal sito della Cornell Library dove vengono raccolti gli articoli sottoposti alle riviste scientifiche ed ancora in attesa della peer review: della validazione da parte della stessa comunità scientifica internazionale. Il titolo: “A Smooth Exit from Eternal Inflation” non fa che accrescere il mistero e celare un documento che, in realtà, è la base teorica per la dimostrazione della teoria del Multiverso. Al suo interno troviamo le istruzioni per costruire una apparecchiatura – magari una nave spaziale – che, analizzando la radiazione cosmica di fondo prodotta dal Big Bang, sia in grado di dimostrare che quello in cui viviamo è solo uno fra tanti Universi paralleli.

Ma per riuscire a comprendere il quadro che dipinge Hawking dobbiamo fare un passo indietro e tentare di guardarlo, di abbracciarlo, nel suo insieme. Hawking ha dato i suoi principali contributi alla fisica teorica negli anni ’60 e ’70 con il suo lavoro sui buchi neri, sulla relatività generale, le singolarità, fino alla radiazione che porta il suo nome (la radiazione di Hawking). Quest’ultima riesce a uscire dagli unici luoghi dove avevamo creduto che nulla potesse mai più scappare: i buchi neri. Negli anni successivi, ha lavorato sulla teoria dello Stato senza confini (“no boundary theory”). La teoria, pubblicata con James Hartle nel 1983, descrive il meccanismo con cui il Big Bang ha dato origine all’Universo.

Il guaio era che la stessa teoria rendeva necessario che il “nostro” Big Bang, sia stato accompagnato da un infinito numero di altri Bangs. E pure che ciascuno di questi Bangs abbia prodotto un Universo separato. Chiaro no? Ok, ho capito, facciamo un altro passo indietro… Torniamo fino all’origine dell’Universo. Del nostro universo. La comunità scientifica è d’accordo sul fatto che l’Universo che abitiamo oggi, pieno di ammassi galattici, galassie, stelle, pianeti e – molto probabilmente – un sacco di forme di vita, sia nato da qualcosa di più denso e più caldo. Anche in questo momento il tessuto stesso dell’Universo si sta espandendo, ovviamente alla velocità della luce. E la luce stessa che lo attraversa degrada verso lunghezze d’onda maggiori, quindi meno energetiche e più fredde. Se scegliamo un punto di vista a caso, per esempio la Terra, ci è facile osservare che tutte le stelle in ogni direzione si stanno allontanando da noi. Ma non siamo noi che puzziamo, è proprio l’Universo che si sta espandendo in ogni direzione.

Pensate a un panettone in cui, durante la lievitazione, ciascuno dei canditi si allontana da ogni altro singolo candito perché l’intero panettone si sta gonfiando. Se non vi piacciono i canditi, ripetete il ragionamento usando l’uvetta sultanina al posto dei canditi. Se il nostro panettone – pardon: il nostro Universo – si espande, vuol dire che andando indietro nel tempo questo era sempre più piccolo e con una sempre maggiore concentrazione di energia. Visto che la gravità è una forza sempre attrattiva e tende a accumulare pezzi di materia lasciando spazi vuoti sempre più vasti e formando aggregati sempre più grossi, come stelle, pianeti, satelliti e asteroidi, ha senso concludere che l’Universo – che oggi è praticamente tutto vuoto con qualche oggetto che gira qua e là – nel passato era molto più uniforme.

Continuando a riavvolgere il nastro del tempo, possiamo immaginare che ci fu un momento in cui non esistevano ancora galassie e tutto il resto, nemmeno molecole o semplici atomi e nemmeno nuclei atomici. Esistono teorie in grado di descrivere questo stato, e soprattutto prove sperimentali come la radiazione di fondo. Ma se continuiamo ancora il nostro folle Rewind, arriviamo ad un punto arbitrariamente caldo: una Singolarità. Stop. Ora mettiamo in Play e facciamo scorrere il tempo dalla parte giusta: questa singolarità esplode (il Big Bang!), e dà origine all’Universo in espansione con tutti i suoi accessori.

Questo era quello che pensavamo di sapere. Poi, nel 1979, Alan Guth ha capito che la teoria stessa del Big Bang richiedeva un insieme di condizioni iniziali molto specifiche, molto precise e francamente non molto chiare. Tantomeno si capiva perché avrebbero dovuto verificarsi proprio quelle particolari condizioni iniziali. O queste erano semplicemente proprietà che l’Universo si è portato dietro fin dalla sua nascita, oppure erano nate da uno stato precedente che ha provocato la creazione di queste particolari condizioni prima che nascesse l’Universo stesso.

Il trucco per ottenere proprio quelle condizioni iniziali era quello di assumere che l’Universo in culla sia passato attraverso un periodo di inflazione cosmologica dove – invece della materia e della luce – era presente una differente forma di energia che era intrinseca al tessuto stesso di cui era fatto lo spazio. Ci siamo persi? No, dai che è facile: immaginatevi un panettone in cottura e che appena cominciamo a cuocerlo si espanda ma senza creare bolle al suo interno, senza diminuire la sua densità che rimane costante in ogni punto. Un panettone che prima è grande un cm3 e pesa un grammo, poi 2 cm3 e pesa 2 g, poi 4 ne pesa 4, 16 e ne pesa 16, mille e pesa un kg, un milione e pesa una tonnellata, e avanti così.

Ma da dove salta fuori tutta questa massa e energia gratis? Il nostro panettone – opsss: il nostro Universo – acquista materia e luce convertendola dall’energia contenuta nel tessuto stesso dell’Universo. Questo tessuto viene tirato esponenzialmente trasformando quella che viene chiamata Energia del vuoto oppure Energia di campo in materia ed energia come la conosciamo noi.

Questo periodo di inflazione cosmica è tutt’altro che un concetto astratto ma è in grado di spiegare un elevatissimo numero di osservazioni sperimentali, molte delle quali non erano nemmeno state immaginate prima che la teoria venisse pubblicata. Questa prediceva un Universo con un preciso spettro di radiazioni elettromagnetiche che fluttuavano in un modo ben determinato. E queste radiazioni e fluttuazioni sono oggi perfettamente visibili e misurabili, nella radiazione di fondo nel campo delle microonde, nella struttura a larga scala dell’Universo e in una serie di correlazioni osservabili con esperimenti precisi. Questa teoria prevedeva l’esistenza di una temperatura limite al momento del Big Bang, e fluttuazioni “oltre orizzonte”, cioè fluttuazioni nel tessuto dell’Universo che nel periodo dell’inflazione si sono propagate a velocità superiori a quella della luce “cavalcando” l’espansione stessa.

L’accordo fra teoria e le osservazioni sperimentali era talmente spettacolare che la Teoria dell’inflazione è stata rapidamente accettata come un fatto dalla comunità scientifica. Non si discute. Poi cominciarono i guai. Intanto, c’è il problema di come l’inflazione sia iniziata. Guth, Borde e Vilenkin dimostrarono già nel 2001 che tutte le particelle che nascono in un periodo inflazionario (le particelle di panettone che si aggiungono al nostro panettone in cottura arrivando dal tessuto stesso dell’Universo) devono aver incontrato un periodo non inflazionario nel passato.

La relatività generale dice che uno spazio-tempo inflattivo è incompleto prima del limite temporale all’inflazione. E molto probabilmente – come diceva il conte Nascetti in “Amici Miei” – ha pure uno scappellamento a destra. Ma non facciamoci fregare dai paroloni e dalle supercazzole: in pratica se, nei primi istanti di vita, l’Universo si è espanso con il meccanismo dell’inflazione, questo periodo non è nato insieme all’Universo ma deve essere esistito un periodo precedente non inflattivo. E quindi l’inflazione stessa deve essere nata da questo periodo precedente. E perciò dev’essere esistita una singolarità che ha preceduto la crescita dell’universo per inflazione. Ma come cavolo era fatta questa singolarità? Stephen Hawking ha dedicato la sua vita ai teoremi sulla singolarità e il suo lavoro con James Hartle (ne abbiamo parlato all’inizio, ricordate?) voleva rispondere proprio a questa domanda.

Però, la teoria dell’universo inflazionario porta anche a un altro guaio. Ricordate l’Apprendista stregone di Disney, dove Topolino impara a generare scope magiche che portano secchi d’acqua ma non riesce a fermare la magia che crea scope magiche – con relativi secchi d’acqua – e alla fine provoca una inondazione? Ecco, la teoria dell’Inflazione riesce a spegnere l’incendio – pardon: riesce a spiegare l’espansione dell’Universo. Ma il problema è che non si può fermare più. Una volta che si accetta che in una regione dello spazio-tempo l’Universo inizi ad espandersi con l’inflazione, rapidamente questa inflazione riesce a inondare, anzi, a travolgere, qualsiasi altra cosa. “Se subito dopo il Play appena un milionesimo dell’Universo inizia a inflazionare, dopo appena 10-30 secondi (un millesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un secondo) praticamente l’intero universo (10300 parti contro una) continua a inflazionare”.

Ci può essere un numero arbitrario di regioni dove l’inflazione riesce a fermarsi, e ciascuna di queste dà origine a un Big Bang, ma attorno a questo Universo nato da quel particolare Big Bang cresce uno spazio inflazionario che lo separa per sempre da altre regioni di spazio dove l’inflazione pure si ferma generando in ciascuno un altro Big Bang con relativo Universo. La conseguenza è che la teoria – sostenuta da numerose osservazioni sperimentali, non dimentichiamolo – prevede che si generino una infinità di Big Bang, ciascuno che dà origine a un particolare Universo, e che questa inflazione, con annessi nuovi Big Bang e relativi nuovi Universi, continui nel futuro per un tempo senza limiti e per la stragrande maggioranza delle regioni dello spazio-tempo.

Ecco il Multiverso costituito da una infinità di Universi sparsi su e giù per lo spazio e per il tempo e separati fra di loro da regioni di spazio-tempo sottoposte ancora al regime inflazionario all’interno delle quali continueranno a scoppiare qua e là altri Big Bang che genereranno altri Universi.

Le domande senza risposta su cui si concentrano fisici, astrofisici e cosmologi rimangono più numerose delle risposte ottenute fino ad ora. In particolare la comunità scientifica sta cercando di capire come è iniziato il periodo dell’Inflazione, cosa esisteva prima dell’Inflazione, perché nel nostro particolare spazio-tempo l’inflazione si è fermata dove si è fermata provocando il “nostro” Big Bang ed il “nostro” Universo. Ma gli interrogativi più affascinanti sono altri. Questa inflazione è eterna? Eterna nel passato o nel futuro? Dove e come finiranno gli Universi? E – perdonate l’egocentrismo – dove e come finirà l’Universo sul quale stiamo navigando proprio noi?

Il testamento di Hawking tenta di fare un passo avanti e di gettare un ultimo raggio di luce in questi enigmi. Qui, con Thomas Hertog, crea un teoria di campo conformazionale deformata – in sostanza un modello matematico – che rappresenta uno spazio-tempo dove l’Inflazione va avanti per un tempo infinito. Poi studia le proprietà e le conseguenze matematiche di quel modello. In particolare si concentra sulla descrizione matematica del confine fra una regione dello spazio-tempo in piena espansione inflazionaria e una regione dove l’Inflazione è cessata e un Universo si sta espandendo secondo le leggi fisiche che ci sono più familiari.  Da questa teoria di campo sviluppa una geometria e cerca di applicarla all’universo inflazionario per trarne le necessarie conclusioni.

Hawking e Hertog dimostrano quindi che l’uscita dall’inflazione non produce qualcosa di eternamente inflazionario nel futuro – con sparse qua e là delle piccole sacche dove si producono i Big Bang e nascono gli Universi – ma che la fine dell’Inflazione arriverà dopo un tempo finito e si estenderà in modo uniforme. In sostanza, questa nuova teoria dà origine a un singolo macrouniverso, non a serie di universi disconnessi fra di loro immersi in un più grande Multiverso. E in più dimostrerebbe che la marea di Universi generati dalle fluttuazioni del Multiverso non sia completamente casuale ma si riduca a un ristretto numero di Universi realmente possibili dotati di proprietà numeriche all’interno di intervalli definiti. In partica, non sarebbero possibili Universi di tutti i tipi ma solo particolari tipi di Universi dotati di particolari proprietà fisiche.

Per fare un altro passo avanti Hawking ed Hertog applicano il “principio olografico”: un modello che permette di riconciliare – con molti punti ancora oscuri – la meccanica quantistica con la gravità, o – possiamo dire – la fisica del molto piccolo con quella del molto grande. Il principio olografico stabilisce che tutta l’informazione contenuta in un volume di spazio è racchiusa sulla superficie di quel volume. In pratica, proietta lo spazio tridimensionale sulla sua superficie bidimensionale semplificando il trattamento matematico.

Infine, applicando il principio olografico, Hawking ed Hertog ipotizzano che gli Universi reali siano solo un insieme limitato di quelli che sarebbero possibili e che le fluttuazioni ed i fenomeni inflazionari produrrebbero un effetto sulla radiazione di fondo cosmico. Radiazione che siamo in grado di ricevere e misurare da ogni punto dello spazio e che permea l’intero nostro Universo. Insomma, se riuscissimo a comprendere cosa cercare esattamente e in che direzione cercarlo, dalla radiazione di fondo potremmo riuscire a ritrovare le tracce della formazione degli altri Universi nati accanto al nostro Universo. Se non vi sembra ancora tutto perfettamente chiaro, provo a spiegarvelo in questo video di due minuti.

I detrattori di Hawking già cercano di smontare questo ragionamento perché si basa sulla teoria delle stringhe che oggi non è né provata né accettata dalla intera comunità scientifica. E inoltre notano che Hawking non indica esattamente che proprietà cercare per provare la sua teoria. Nella sua ultima pubblicazione, Hawking – colpito da una rara forma di sclerosi laterale amiotrofica che lo rendeva quasi immobile – è invece riuscito ad alzare un’ultima volta un dito virtuale ed a indicare: “cercate in quella direzione. Potrete trovare evidenze sperimentali dell’esistenza di altri Universi e cambiare la vostra percezione del vostro posto all’interno del Cosmo”.

“A smooth exit”: una uscita dolce. E cala il sipario. Ma lo spettacolo deve continuare.


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