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Coltivare la memoria, per costruire fiducia nel domani. Il lascito culturale di Guido Carli

Di Romana Liuzzo
guido carli

Viviamo tempi di amnesia. Segnati da quell’incedere incerto che genera paura nel domani. Da quell’improvvisazione inevitabile in chi procede senza mai guardarsi indietro, senza mai chiedere aiuto a chi in passato ha percorso gli stessi sentieri, affrontato le medesime difficoltà, identici dubbi. Viviamo tempi senza memoria, straordinario strumento per rispondere alle sollecitazioni del presente. Non per cercare degli eroi, ma per illuminare i nostri passi nell'”oggi” così problematico. Per avere ancora fiducia nel domani.

Ecco perché coltivare la memoria e riproporre nel 2019 il lascito culturale e spirituale di Guido Carli – lo statista Guido Carli, l’ex ministro del Tesoro che dell’euro è stato tra i padri fondatori, governatore di Bankitalia e presidente degli industriali in un passaggio cruciale della nostra storia repubblicana – oggi più che mai diventa delicatissima missione. Lo è per la Fondazione che ho l’onore di presiedere. Lo è per me, come persona e nipote cresciuta e vissuta con due nonni straordinari: Guido e Maria Carli.

Sono trascorsi ventisette anni dalla firma del Trattato di Maastricht, uno in meno dalla scomparsa di Carli, ma il valore della memoria diventa decisivo in questa fase economico-politica in cui per la prima volta l’Eurozona, dopo oltre dieci anni dall’inizio dalla grande recessione, sembra affrontare una crisi senza precedenti. Perché coincide con una crisi di identità dell’Unione europea e con le mille difficoltà che incombono a cascata sul nostro Paese.

Perché questo Paese, nonostante tutto, non dimentica i suoi statisti, i suoi uomini migliori. E mi piace sottolinearlo a pochi giorni dal 28 marzo, data di nascita di mio nonno, nella quale non a caso il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella mi riceverà in udienza privata con una delegazione della giuria del Premio Guido Carli. A sottolinearne il ruolo nella storia di questo mezzo secolo. “La Repubblica deve molto alla sua intelligenza, alla sua opera, al suo rigore morale. Sin dagli albori della nostra storia democratica Carli svolse incarichi di rilievo adoperandosi per favorire la ricostruzione e lo sviluppo in un Paese stremato dalla guerra, isolato nelle sue relazioni internazionali, impoverito, divennedo una delle figure di spicco del miracolo economico italiano”, ha sottolineato il capo dello Stato in occasione di una sua visita a Brescia nel 2018.

Grande tessitore, fine diplomatico prima ancora che economista e statista, l’ex governatore. Essenziali doti umane del ministro che firmò nel 1992 il Trattato di Maastricht che avrebbe segnato l’avvio dell’avventura della moneta unica. E di un’Europa che però, come spesso ripeto, Carli aveva immaginato diversa. Forse più vicina ai cittadini, di certo meno rigorista, più votata alla crescita.

Così, in un incrocio di anniversari e coincidenze davvero singolare, questo 2019 segna anche il decennale dell’istituzione del Premio Guido Carli, che celebreremo solennemente il 10 maggio nell’aula del Senato, alla presenza del presidente Elisabetta Alberti Casellati. Non è solo il decennale tuttavia a rendere particolare questa edizione. Ma anche il fatto che ad essere premiati, per unanime valutazione della splendida giuria che mi affianca, saranno per la prima volta uomini e donne che hanno dato lustro al nostro Paese nel mondo. Con un’apertura del riconoscimento al mondo della scienza, della cultura e dell’impegno sociale, non soltanto all’economia e all’imprenditoria come avvenuto nelle passate edizioni. A loro andranno gli Oscar dell’eccellenza coniati dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. La non facile selezione delle personalità coinvolge come ogni anno, il presidente onorario della giuria Gianni Letta e, tra gli altri, Urbano Cairo presidente di Rcs, Vincenzo Boccia presidente di Confindustria, Fedele Confalonieri presidente Mediaset, Claudio Descalzi ad Eni, Francescco Starace ad Enel, Antonio Patuelli, presidente Abi.

Sono trascorsi ventisette anni dalla firma del Trattato di Maastricht, uno in meno dalla scomparsa di Carli, ma il valore della memoria diventa decisivo in questa fase economico-politica in cui per la prima volta l’Eurozona, dopo oltre dieci anni dall’inizio dalla grande recessione, sembra affrontare una crisi senza precedenti. Perché oltre che politica è anche crisi di identità dell’Unione europea.

Vent’anni fa l’esordio della moneta unica coincideva con la fine di un lungo e faticoso percorso, per l’Italia in modo particolare. Vi ha contribuito in maniera determinante Guido Carli, convinto che si dovesse “avere la forza di combattere per le proprie idee”, ma non per imporle con forza e arroganza. Insegnamento sempre molto attuale.
La Fondazione alla quale abbiamo dato vita quasi due anni fa coltiva il “vizio” della memoria non fine a se stesso. E il Premio e la sua giornata celebrativa hanno assunto un profilo sempre più istituzionale, un valore culturale. Perché nulla vada perduto della memoria e dello spessore anche umano dello statista Carli. Per continuare a scavare nel passato, per costruire la fiducia nel domani. Di questo Paese e di una nuova Europa.

 

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