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Processo Netanyahu. Accuse, critiche e reazioni tra guerra legale e campagna elettorale

Netanyahu

Sono quattro le pratiche che vedono Netanyahu investigato in diverse accuse di corruzione, frode e violazione della fiducia pubblica (un reato entrato nel sistema giuridico israeliano dal diritto inglese e americano), che si configura quando dei pubblici ufficiali compromettono la loro capacità e integrità di agire nell’interesse pubblico. Le quattro pratiche hanno numeri a migliaia, 1000, 2000, 3000 (assegnati dalla Polizia) e 4000 (un numero che è usato invece dai giornalisti). A sei settimane dalle elezioni, l’attorney general ha deciso di avviare l’azione penale contro Netanyahu, dopo aver sentito più di 140 testimoni in due anni. Criticata e lodata, la decisione ha causato reazioni in Israele e all’estero.

La pratica 1000: Netanyahu è accusato di aver ricevuto favori dai miliardari Aharon Milchan e James Packer, in cambio di diversi aiuti – per esempio, Netanyahu è accusato di aver usato la propria posizione per far ottenere a Milchan un visto negli Stati Uniti, in cambio di costosi regali destinati anche alla moglie Sarah. Accuse: frode e violazione della fiducia pubblica.

La pratica 2000: Netanyahu è accusato di aver raggiunto un accordo con Arnon Mozes, proprietario del giornale Yedioth Aharonoth, secondo cui il giornale si sarebbe impegnato a garantire una copertura positiva di Netanyahu, che in cambio avrebbe sostenuto la legislazione che avrebbe favorito media come quelli di Mozes. Accuse: frode e violazione della fiducia pubblica.

La pratica 3000: riguarda l’acquisto dei sottomarini dalla società tedesca Thyssen-Krupp, ma Netanyahu non è coinvolto in prima persona.

La pratica 4000: in cambio di una copertura mediatica positiva sul sito Walla!, Netanyahu avrebbe aiutato le compagnie Bezeq e Yes, che appartengono alla galassia mediatica di Shaul Elcovitch. Accuse: corruzione, frode, violazione della fiducia pubblica.

Netanyahu aveva trasformato le indagini contro di lui in un’accusa politica contro la sinistra. Questa settimana una campagna digitale contro l’attorney general Avichai Mandelblit conteneva frasi come “è al servizio della sinistra”, “verremo a cercarti a casa!”. Netanyahu ha anche accusato Shai Nitzan dell’avvocatura di stato di essersi accanito in passato contro i politici di destra, citando la sentenza di una causa in cui aveva lavorato, e l’altra avvocata coinvolta nelle indagini Liat Ben Ari di aver dimostrato ostilità verso Netanyahu quando invece nel 2013 si era espressa contro le indagini che avrebbero coinvolto l’allora candidata Tzipi Livni. L’Avvocatura di Stato ha risposto alle accuse di Netanyahu, che avrebbe citato una sentenza annullata e avrebbe riportato in maniera parziale la situazione riguardante la Livni, le cui indagini non hanno portato a nessuna accusa contro di lei ma contro il tesoriere del suo partito Kadima. La ministra della Giustizia, Ayelet Shaked, non è d’accordo con Netanyahu – nonostante Mandelblit e Shaked non abbiano avuto una facile cooperazione, tanto che Mandelblit ha definito le iniziative legislative di Shaked un pericolo per lo stato di diritto. Secondo Netanyahu è tutto un piano per metter fine al governo del Likud e favorire i candidati Gantz e Lapid.

Le critiche arrivano anche dall’estero. Sulla decisione di Mandelblit si è espresso anche Alan Dershowitz con una lettera aperta all’attorney general, in cui gli chiede di non perseguire le accuse di violazione della fiducia pubblica nei casi dei due giornali. Dershowitz, avvocato e professore di diritto internazionale liberal, grande sostenitore di Israele, ha detto in un’intervista alla radio Galei Tzahal che “tutti i politici vogliono una copertura positiva. Una causa del genere sarebbe una violazione della libertà di stampa e della libertà dell’azione politica”. La notizia fa il giro del mondo, e Putin, che Netanyahu ha appena incontrato in Russia, ha comunicato che confida in un futuro avvicinamento tra Israele e Russia “nonostante la sua situazione”. Elizabeth Warren, senatrice democratica che si candiderà alla presidenza degli Stati Uniti e considerata tra i più vicini a Israele in quello che è ora il campo democratico, ha detto in un post su Twitter: “Prima si unisce all’estrema destra; ora accetta tangenti, manipola la stampa e vende aiuti di stato” e ha aggiunto “la corruzione, in Israele negli Usa o in qualunque altra parte del mondo è un cancro che mette in pericolo la democrazia”.

In Israele, i rivali di Netanyahu colgono l’occasione per avanzare la propria agenda politica: Gantz rifiuta di incontrarsi con Netanyahu, “vista la situazione”, Gabai (leader del Labor) chiede a Netanyahu di dimettersi per mettere fine a quella che definisce una “vergogna nazionale”.

Cambierà qualcosa? Prima di andare al processo ci vorrà almeno un anno, ma non pare che Netanyahu voglia prendere una pausa dalla vita politica, tutt’altro, la guerra legale è diventata parte integrante della sua vita politica. Le conferenze stampa e le campagne digitali sono state giudicate come tentativi di influenzare i giudici coinvolgendo il pubblico e delegittimando il potere giudiziale. Gantz si unisce a chi chiede a Netanyahu di dimettersi e incalza “immaginatevi un primo ministro che è sempre occupato con problemi legali”. Netanyahu risponde: “Tutto questo avrà fine, ne sono sicuro al 4.000% (riferendosi al nome della pratica), intendo servire il Paese per molti altri anni”. In una simile situazione nel 2008, Ehud Olmert si era ritirato dalla vita politica, ma Netanyahu combatte per la propria sopravvivenza.

Ora che le accuse sono pubbliche, incomincerà la vera campagna elettorale, e il tema della corruzione sarà centrale.



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