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Fuoco su Parigi. La deriva violenta dei gilet gialli che avvantaggia Macron

gilet gialli

Ancora auto incendiate, un palazzo in fiamme, scontri con la polizia. I gilet gialli continuano le loro proteste nelle strade di Parigi, consuetudine ormai acquisita dei fine settimana transalpini. Il fuoco è stato appiccato nella filiale di una banca sulla Franklin Roosevelt Avenue mentre gli Champs Elysees hanno fatto di nuovo da scenario per fumogeni, molotov e manganelli.

Da quando sono iniziate le proteste, mostrando il loro volto più violento, i francesi sono stanchi della deriva sfascista dei nuovi “paladini del popolo”. Manifestazioni che – per reazione uguale e contraria – hanno invece finito per rafforzare la posizione di Emmanuel Macron. In vista delle elezioni europee il suo partito vede crescere i consensi.

I SONDAGGI

En Marche! – la lista del presidente francese – secondo gli ultimi sondaggi risulterebbe ancora la prima forza politica del Paese con percentuali superiori al 22%. Il partito sarebbe su percentuali appena inferiori alle elezioni del 2017 quando prese al primo turno il 24%. In calo invece il Raggruppamento Nazionale (ex Fronte Nazionale) della Le Pen che sarebbe sceso al 20%, così come la Francia Indomita di Mélenchon che esce molto ridimensionata dal sondaggio, venendo attestata al 9%. Sempre più in crisi poi i Repubblicani e i Socialisti, indicati rispettivamente al 13% e al 5%: i due partiti che solo fino a qualche anno fa si contendevano l’Eliseo. In crescita invece i sovranisti di Debout la France ora attestati al 5% e i Verdi, che sarebbero all’8%. Un possibile partito dei gilet gialli secondo il sondaggio non andrebbe oltre il 3%. Al momento quindi sembrerebbe difficile che possa superare la soglia di sbarramento, che in Francia è del 5%, con anche i Socialisti e Debout la France che sono pericolosamente in bilico su questa soglia.

I RISVOLTI

Evidentemente Di Maio e Di Battista quando si recarono in Francia per incontrare il leader dei gilet gialli fecero male i conti. Pensavano di cavalcare un movimento in ascesa, ma che Oltralpe ha già stufato i francesi, stanchi di vedere le proprie città sfasciate e militarizzate. Sembra essere stato un fuoco di paglia quest’onda gialla che sembrava pronta ad invadere l’Europa e a cui il vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, voleva aprire le porte per far sbarcare la protesta anche in Italia. E forse, ciò che è più grave, è stata la sottovalutazione delle conseguenze di quell’incontro con il capo dei gilet gialli: il richiamo dell’ambasciatore francese e tutte le conseguenze che quel gesto ha portato forse fino in Libia dove la testa d’ariete francese – il Generale Haftar – sta conquistando ampie parti di territorio, pronto ad arrivare in armi a Tripoli. Un danno – quello libico – pesantissimo per la politica estera italiana, le nostre imprese e i possibili sviluppi sui flussi migratori. Tutto inutile.

Il fenomeno dei gilet si sta sgonfiando, Macron sta diventando sempre più importante, in Francia, ma forse anche in Europa dove i sovranisti devono ancora sudare per raggiungere le percentuali dei partiti ispirati al moderatismo. Ovviamente il quadro è mutevole, ma bene si farebbe anche in Italia a fare bene i conti.



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