Ha vinto Matteo Salvini o il centrodestra? La domanda che si pongono tutti i commentatori rimbalza soprattutto nelle frenetiche telefonate fra Silvio Berlusconi e gli esponenti di Forza Italia ed in particolare con il coordinatore regionale di FI per la Basilicata, il senatore Giuseppe Moles.
Suffragata dai numeri e dall’exploit della Lega che contende ai 5 Stelle il podio più alto fra i partiti lucani, la valutazione generale conferma che è stato in effetti Salvini a tirare la volata vincente del centrodestra e che FI e Fratelli d’Italia, che ha avuto una significativa affermazione, hanno efficacemente svolto il ruolo di gregari.
Volontariamente o inconsciamente da parte del leader della Lega, il risultato delle elezioni regionali in Basilicata si sta comunque traducendo, nonostante le affannose interviste, in un nuovo colpo di maglio al governo e alla maggioranza giallo verde, che rischia sul serio di andare in frantumi prima delle Europee e di ufficializzare formalmente la crisi di fatto che da mesi blocca l’esecutivo e il Paese.
Alla carica del centrodestra, col neo eletto presidente della Regione Basilicata Vito Bardi, resiste soltanto il Pd a bagnomaria e derenzizzato di Carlo Trerotola. Poi il nulla: i Cinque Stelle sono infatti riusciti a conquistare soltanto il record della perdita di voti: dal 44,4% delle politiche di appena un anno fa Antonio Mattia, il candidato di Grillo, Casaleggio e Di Maio, raccatta infatti all’incirca il 20% di consensi.
Più che una disfatta è una catastrofica implosione politica. La quinta sonora sconfitta elettorale di fila dei grillini, che rispetto alle elezioni nazionali del 2018 hanno più che dimezzato i voti in Friuli, Molise, Abruzzo, Sardegna ed ora in Basilicata. Regione che dopo 24 anni di ininterrotto dominio da parte del centrosinistra viene espugnata dal centrodestra.
La netta affermazione del centrodestra a trazione leghista evidenzia la portata del trend nazionale: a Palazzo Chigi Matteo Salvini è pronto a cambiare stanza. Dagli uffici dei vicepremier si trasferirà forse già in autunno dietro la scrivania del presidente del Consiglio. La nuova, rovinosa, débâcle fa ulteriormente precipitare i già ampiamente terremotati assetti interni dei 5 Stelle e pone sul banco degli imputati la goffa “non politica” di Luigi Di Maio.
Ad 8 settimane e mezzo dalle europee e alla vigilia delle regionali in Piemonte, l’ex enfant prodige si aggira come un pugile suonato da una manifestazione all’altra e sente il fiato sul collo di Alessandro Di Battista, del premier Conte e del presidente della Camera Roberto Fico che gli addebitano anche la responsabilità dell’insostenibile situazione della giunta di Virginia Raggi, a Roma, al centro di inchieste e arresti per gli appalti del nuovo stadio.
Resisterà, e quanto ancora resisterà, Di Maio nel frullatore dei consensi in picchiata dei grillini? E, soprattutto, reggerà, e come reggerà, il Movimento 5 Stelle? Per il governo e i 5 Stelle la via crucis pasquale è già iniziata, mentre Forza Italia e Pd tirano un sospiro di sollievo e possono affinare con maggiori chances le liste per le europee.
Liste con candidati in grado di catalizzare voti che, in particolare, nel centro destra assumono una valenza esistenziale, per non farsi inghiottire dai leghisti.